"Ho sempre vissuto qui. Questa è casa mia. Per quanto la odi, ci sto bene. Sempre meglio che di vivere sotto i ponti, no?"
"Davvero? Io sono qui da una settimana e già voglio evadere..."
"Vedrai, ti abituerai a tutto questo... Andiamo a farci un giro"
Roberto ed io uscimmo a farci un giro. Lo portai fuori per farlo rilassare e gli insegnai un paio di trucchetti. Lui arrivava dalla periferia di Roma. I suoi lo avevano portato in orfanotrofio e non erano più tornati a riprenderselo. Era depresso poverino.
Con molti lavoretti ero riuscito a comprarmi un telefono, anche se scrauso come pochi. Un ragazzo più grande di me mi aveva regalato il mio primo skateboard. Era un po' il mio fratello maggiore. Era conciato e vecchio lo skate, ma ero orgoglioso di quello che ero riuscito ad ottenere con le mie forze.
Sul pullman con Roberto andavamo da dei nostri amici a sfidarci sulle nostre tavole a rotelle. Tornavamo entro l'ora di cena, le 20. Arrivavamo sempre tirati e ci predevamo sempre le ramanzine dalle nutrice dell'orfanotrofio. Ce ne fregavamo altamente, Roberto in realtà no. Io ero abituato ormai.
Ero lì da sempre. Non ho mai conosciuto i miei genitori e non ne ho mai avuti.
A cena dovevamo sempre pregare. Io non credo in Dio, o almeno non in quello cristiano. Quindi prego per conto mio.
Io feci spostare in camera mia Roberto. In camera c'erano anche dei bambini più piccoli di noi: delle pesti. Dovevamo sempre mettere l'ordine nella stanza con quelle 6 pesti che andavano dai 9 ai 11 anni. Noi avevamo 13 anni.
Alle medie non facevo molto. Facevo il minimo indispensabile, ma avevo la media del 7.
Alle superiori mi si aprì un mondo parzialmente nuovo. Sentivo che stavo crescendo. Scelsi il turistico. Mi piacevano le lingue, tranne il francese, ma mi veniva bene perché ho la erre moscia.
Ero sempre sulla media del 7. Ero piuttosto soddisfatto. Mi feci nuove amicizie. Conoscevo quasi tutti a scuola e a volte balzavamo tutti insieme la scuola.
Mi appassionai con Roberto al rap e cominciammo ad ascoltarlo e cantarlo. Scoprimmo anche il mondo di YouTube e mettemmo qualche cover rap sulla rete. Alcuni like arrivarono.
Ero diventato il fratello maggiore dei bambini più piccoli. Quando le nutrici li sgridavano venivano da me per farsi consolare. Un giorno un bambino scappò dalle elementari.
Una delle mie bidelle venne a chiamarmi in classe. Il bambino, si chiamava Pietro, si intrufolò tra la bidella un po' in carne e la porta e corse da me. Mi venne in braccio. Io sorrisi. Non potevo fare altrimenti: "Che ci fai qui tu, eh?"
Pietro: "La maestra ha detto che nessuno potrà proteggere qualcuno per sempre... Ma tu sei il mio eroe, Chris. Non mi lascerai mai, vero?"
Mi alzo tenendolo in braccio: "Tranquillo, piccolo. Starò sempre con te" uscii dalla classe e dovetti chiamare una delle nutrici per avvisare che Pietro non era chissà in che luogo malavitoso.
La sera lo protessi e mi presi io le cinghie della cintura al posto suo. Pietro: "Stai bene?"
Io: "Non ti preoccupare, piccolo. Va tutto bene" avevo un sacco di lividi e ferite. Mi feci medicare in infermeria. Poi andai a dormire in camera mia. Cercai una posizione in cui non sentissi dolore.
Alla fine optai per sdraiato a pancia in giù. Roberto mi stette vicino e cercava di distrarmi dal dolore.
Mi addormentai ascoltando un po' di musica rilassante.
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Il sogno di Christian
Short StoryChristian è un ragazzo fortunato nella sua sfortuna. Non ha mai avuto dei genitori fino a quando venne adottato dalla famiglia Colonna, quando era ormai adolescente.