Capitolo 2

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"Queste ferite non sembrano guarire
Questo dolore è troppo reale
Ci sono troppe cose che il tempo non può cancellare
Quando piangevi, asciugavo tutte le tue lacrime
Quando urlavi, scacciavo via tutte le tue paure  
E ti ho tenuto per mano per tutti questi anni    
Ma tu hai ancora tutta me stessa
Ho cercato così tanto di convincermi che te n'eri andato
E anche se sei ancora qui con me
Sono sempre stata da sola"
My immortal      
Evanescence

Posai le pesanti buste della spesa sul tavolo. Ero un pò agitata, mi tremavano le mani mentre portavo le vivande al loro posto. Quando ero rientrata, come al solito diedi un'occhiata al soggiorno, e mi si mozzò il fiato vedendo il divano vuoto. Il mio primo pensiero andò a Phoenix e senza pensarci due volte corsi fuori casa diretta alla piccola baracca sul retro. Solo quando sentii un nitrito e vidi il muso color cioccolato del cavallo,il mio cuore rallentò, riprendendo il suo ritmo regolare. Portai la fronte sul  muso dell'enorme animale e chiusi gli occhi mentre gli accarezzavo il manto liscio e morbido. << Mi sei rimasto solo tuo!>> sussurrai esasperata. Era vero,Phoenix era l'unico che mi ricordava che una volta era tutto più semplice, tutto più facile. Ma era anche l'unico che mi rammentava cosa avevo perso. Quando i miei nonni morirono ci lasciarono in eredità il Ranch e alcuni dei loro cavalli, specificando che Phoe era mio di diritto. Quando mio padre perse il lavoro fummo costretti a vendere tutto, tutto ciò che ci avesse aiutato ad arrivare a fine mese con almeno un piatto di pasta a tavola, compresi i cavalli. Lottai per tenere Phoenix con me, addirittura restai nella sua stamberga per un intera settimana, giorno e notte. Alla fine con la mia determinazione e con un piccolo aiuto di Trent, mio padre si arrese. Ma ancora oggi, avevo il timore di tornare a casa e trovare la sua nicchia vuota. Ed ero più che sicura, che quell'ennesima perdita mi avrebbe ucciso.
Quando rientrai in casa mi scervellai di capire dove fosse finito mio padre. Non lasciava mai il suo prezioso divano e da quando la mamma se n'era andata inizò a dormire su quel divano in decadenza . Entrava nella loro camera da letto solo per il cambio di vestiti.
Quando aprii il frigo e scoprii che le birre erano finite, raggelai. Ecco dov'era andato. Cercai di mantenere la calma
-Magari non si arrabbierà così tanto! - feci un respiro profondo e iniziai a scaldare il sugo di pomodoro.
- Forse se trova tutto pronto al suo ritorno si limiterà solo a una strigliata-.
Stavo girando il sugo quando sentii la porta di casa aprirsi e dopo chiudersi con un tonfo. I peli sulla nuca si rizzarono sentendo i suoi passi pesanti avvicinarsi.
Cercai di fingermi indaffarata così presi la pentola con l'acqua per la pasta e la misi sul fuoco . Con la coda dell'occhio lo vidi aprire il cassetto e prendere il cavatappi, fece un lungo sorso della birra per poi poggiarsi con l'anca al bancone della cucina, sentivo i suoi occhi trafiggermi la schiena.
<< Dove sei stata? Il tuo turno finisce alle due e tu a quell'ora non eri ancora tornata>> era calmo, troppo calmo.
<< Mi sono fermata al supermarket prima di tornare a casa. Dovevo solo prendere un paio di cose, ma poi sai com'è! Una cosa tira l'altra e mi sono ritrovata con il carrello pieno >> mi voltai facendogli un piccolo sorriso. Avevo detto la verità, ma un rivolo di sudore si fece strada giù per la schiena mentre il suo viso rimaneva impassibile. Si avvicinò in modo da trovarci faccia e faccia, alzò la mano e mi accarezzò il viso.
<< Sei identica a tua madre.Sei bella come lei>> sussurrò scrutandomi con i suoi profondi occhi color whisky, dove vi si intravedeva solo dolore e tormento. Improvvisamente un bagliore maligno attraversò il suo sguardo assente. Con un gesto fulmineo mi afferrò la coda sul capo e la strattonò con forza portando le sue labbra al mio orecchio << E sei anche una  bugiarda come lei!>> sibilò a denti stretti.
<< No! Ho detto la verità! Lo giuro! >> cercai di divincolarmi mentre sentivo la stretta aumentare e il cuoio capelluto bruciare.
<< Chissà dove sei andata a fare la troia invece!>> mollò la presa dai capelli e in un attimo mi trovai la sua mano aperta sul viso. Barcollai per l'impatto e con il braccio sfiorai la pentola con l'acqua bollente che si capovolse. Sfortunatamente la mia mano si trovò proprio sotto quel getto caldo. Cacciai un urlo di dolore,corsi al lavello e aprii l'acqua fredda infilandoci la mano ustionata dentro. Trattenni le lacrime
- Cazzo! Brucia, maledizione! - imprecai tra me e me sentendo la mano pulsare.
<< Guarda cos'hai combinato brutta idiota! >> sbraitò con gli occhi fuori dalle orbite, balzò all'indietro mentre l'acqua della pentola inondò il pavimento della cucina.
<< Sei proprio una nullità! Non servi a un cazzo! Metti a posto questo schifo!>> mi guardò sdegnato, afferrò un'altra birra e  se ne andò nel soggiorno. Chiusi il rubinetto e mi lascia scivolare sul pavimento. Puntai gli occhi al soffitto cercando di trattenermi, ma era troppo tardi, la vista inizò ad annebbiarsi e le lacrime iniziarono a scendermi sul viso.
-Perché a me? Perché a me, Signore? Dimmi! Dimmi cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo! Per cosa vuoi punirmi!? Per quale motivo sono stata abbandonata e lasciata in questo inferno! - chiusi gli occhi reprimendo un singhiozzo. In quel momento sul pavimento freddo di quella sgradevole cucina, il mio cuore si riempí di delusione, rabbia e odio. Odiavo mia madre per avermi abbandonata quando ero solo una bambina, avvelenando così il cuore di mio padre. E odiavo Trent per avermi lasciata sola insieme a quel  mostro .
- Ti amavo fratello! Come hai potuto farmi questo?! -.
Odiavo mio padre che si era fatto corrodere dalla rabbia e dall'alcol. E più di tutti odiavo me stessa! Perché forse il problema ero io. Forse ero stata una figlia troppo disobbediente e una sorella troppo appiccicosa.
Oppure ero stata punita perché cercavo troppo affetto? Perché desideravo l'amore?
Aprii gli occhi <<Amore? >> feci una risata isterica. Cos'era l'amore? Cos'era quel sentimento che leggevo nei libri, veneravo nei film e sognavo con le storie dei miei nonni?

"Ero seduta sulle gambe di nonna Katty, mi stava pettinando i capelli mentre tra le mie piccole manine sfogliavo l'album fotografico del suo matrimonio. Mi fermai ad osservare i nonni, all'epoca nel fiore della loro giovinezza, che si guardavano negli occhi con uno sguardo pieno d'amore.
<< Nonna com'è l'amore? >> chiesi curiosa continuando a guardare la vecchia foto in bianco e nero.
<< L'amore è come un fiore, piccola Angy>>.
Mi voltai e la fissai dubbiosa
<< Come un fiore? >>, lei annuí.
<< Sai,bisogna prendersi cura di lui ogni giorno,se no si rischia di farlo appassire. Devi farlo germogliare con il tempo, senza fretta, perché se cerchi di aprirlo con la forza, i petali ti resteranno in mano e il fiore morirà. Perché solamente con il calore e la pazienza si schiuderà. E una volta sbocciato completamente potrai godere della sua bellezza e del suo dolce profumo >> concluse sorridendo. << Allora io voglio tanti fiori, nonna!>> affermai euforica. Nonna Katty mi baciò il capo
<<Si bambina mia, e il tuo sarà il più bello dei giardini! >>."

Fissai la pentola capovolta ai miei piedi e mi alzai sulle gambe instabili. Presi l'oggetto in acciaio tra le mani e guardai la mia immagine distorta che si riflettevo in essi. << Ormai il mio giardino è arido come il deserto! >> gettai con rabbia la pentola nel lavandino e andai a prendere la pomata per le ustioni.

Rouge - Rosso Come La Passione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora