Vorrei vederla felice

523 46 18
                                    

Mi guardai allo specchio. Era tutto perfetto. Mi sarei divertita finalmente a vedere gli occhi di ghiaccio di Scorpius squadrarmi estasiati. Tutti mi guardavano sempre in quel modo da quando avevo dodici anni. E mi infastidiva incredibilmente il fatto che non lo facesse anche lui. Dovevo conquistarlo. Dovevo riuscire a farlo vacillare. Era una dannata questione di principio.

****

Quella mattina mi alzai presto. Rose dormiva tranquilla stretta a me, come se mi volesse tenere con se anche mentre dormiva. Sorrisi e gli accarezzai piano i capelli, senza svegliarla. Poi guardai l'ora. Sarei dovuto andare, ma odiavo l'idea di lasciarla da sola di nuovo...
la guardai mentre si stringeva ancora di più a me e iniziava a svegliarsi. Sorrisi mentre i suoi bellissimi occhi si puntavano sui miei.
-buongiorno- dissi sorridendo.
-buongiorno anche a te, amore- rispose lei alzandosi sulle braccia e baciandomi. La strinsi a me sentendola vicina e mi persi in lei per degli attimi che mi sembrarono eterni. Ma il cellulare mi ricordo che avevo purtroppo un impegno. Rose si staccò dalle mie labbra per guardare il telefono che suonava. Poi mi guardò accigliata.
-Non rispondi?-mi chiese. Io mi sedetti e presi il telefono.
-pronto?-
-ciao compagno di laboratorio. Sono già qui ad aspettarti, quanto ci metti a venire?- chiese Stefany.
-tra una decina di minuti sono lì- dissi e poi la salutai per chiudere. Mi voltai verso Rose che si era alzata e cercava qualcosa sulla scrivania. Prese una dispensa e me la mostrò.
-vai, io continuo a studiare. Ho intenzione di darmi questa materia appena finite le vacanze- disse sorridendo. Io ricambiai rincuorato.
-bene allora. Mi devo vestire- dissi un ora un po' refrattario. Non volevo andarmene. Volevo stare con Rose. Ma dovevo andare. Perchè il volere e il dovere non coincidevano quasi mai?

****

Vagavo per la città. Avevo inventato una scusa che neanche ricordavo per la mia uscita e ora non sapevo cosa fare. Non riuscivo più a stare a casa. Non avevo più niente da fare lì, era già uno specchio per quanto l'avevo pulita e spolverata cercando di togliermi di dosso la sensazione che avevo. Quella che mi dicevo che dovevo fare qualcosa. Mi sembrava di impazzire, perchè fermandomi non riuscivo a fare altro che pensare a lui. E non volevo soffrire. Dovevo distrarmi.
I miei piedi mi portarono davanti a un parco. Bambini giocavano con la neve, con i genitori che li rincorrevano tentando di calmarli.
Mi fermai su una panchina bagnata. Guardai quella confusione e mi sentì bene. Poi guardai il cielo che quel mattino assomigliava troppo all'azzurro della mia stanza.
E quel peso nello stomaco tornò al suo posto. A stringermi il cuore. Ma perché la mia tranquillità non poteva durare più di tre secondi? Sbuffai e mi alzai alla ricerca di qualche occupazione. O anche di qualcuno. Perchè volevo incontrarlo. Non sapevo esattamente cosa avrei fatto quando me lo sarei visto davanti ma speravo davvero di vederlo. Forse gli sarei saltata al collo e l'avrei stretto forte a me. Forse gli avrei tirato un pugno. Non lo sapevo. Però lo volevo vedere. Era il mio desiderio più grande.
Che però non pensavo si sarebbe avverato. Chiusi gli occhi cercando di non pensarci più. E lo vidi nei miei ricordi, camminare nella mia mente e allontanarsi. E mentre mi stringevo le braccia con forza lacrime scendevano ingiuste sulle mie guance, formando righe calde a contrasto con l'aria fredda piena di neve.

****

Non lo sopportavo. Non sopportavo l'idea che stesse lì, nel suo camice a lavorare mentre io non volevo altro che uno sguardo particolare su di me. Avevo bisogno di quello sguardo. E lo avrei avuto. Mi avvicinai a lui e appoggiai le mani sulle sue spalle tese. E iniziai a massaggiargli le spalle, partendo dal collo. Lui si alzò di scatto e mi allontanò subito.
-che diavolo fai?- mi chiese. Neanche un filo di reazione coerente in lui. Come se fosse davvero solo infastidito. Non lo sopportavo. Lo guardai sbattendo gli occhi e fingendo sorpresa.
-niente di male. Mi sembri teso e volevo aiutarti a rilassarti. Si lavora meglio quando si è tranquilli- dissi.
-Stefany dobbiamo chiarire una cosa importante. Io amo Rose, l'amo più della mia stessa vita e da quando conosco lei non noto nessun'altra donna. Quindi puoi fare quello che vuoi, puoi tentare di tutto per qualche stupido motivo che non capisco ma non cambierà niente. Va bene? Ho chiarito il concetto?- disse freddamente e serio.
Lo guardai mentre dentro cresceva qualcosa che non riconoscevo. Non ero mai stata respinta. Specialmente in questo modo. M morsi il labbro e lo guardai mentre si voltava e riprendeva a lavorare. Respinta e ignorata.
Non lo sopportavo. Dovevo fare qualcosa. Qualcosa per farla pagare a lui. E per farla pagare a Rose. Nella mente mi si allineò il motivo ma non sopportavo neanche ammetterlo. Non era un qualsiasi sguardo che cercavo in Scorpius. Era lo sguardo d'amore che avevo visto donare a Rose l'altra volta quello che volevo. Nessuno mi aveva guardata in quel modo, mai. E io lo volevo. E quella stupida ragazza l'aveva, quindi doveva soffrire. Così come ora stavo soffrendo io.

****

Neve. Muovermi nella neve o nel sole cocente di agosto per me era indifferente. Andavo in giro piano, sapendo che era presto per quello che dovevo fare. Dovevo attendere il momento giusto per trovare Scorpius. E non era ora, perchè lui doveva essere solo. E poi avevo bisogno di lui. Ma ora tentavo di non fare quello che avrei voluto fare nell'attesa. Non dovevo andare da lei. Ecco perché vagavo lontano da casa sua, sperando di non incontrarla. E invece la vidi. In tutto questo tempo mi ero intrufolato invisibile ovunque, per vederla. Ero entrata a Hogwarts, ero andato a Hogsmead, ero andato a casa sua, solo per assicurarmi che stesse bene. Poi me ne andavo prima che lei mi vedesse o si accorgesse di me. E perdevo un pezzo di me ogni volta. Perché non la vedevo serena, felice e spensierata come speravo fosse. No, la vedevo soffrire ma non capivo il perché. Cos'era che non andava bene nella sua vita? A me non sembrava niente.. eppure qualcosa doveva esserci. Altrimenti come spiegare le lacrime che ogni tanto versava? Oppure tutte le volte che si isolava, o che prendeva a muoversi incoerentemente, pulendo, riordinando a facendo qualsiasi cosa per distrarsi?
E mi tormentava il fatto di non poter capire cosa c'era che non andava. Potevo vedere nella sua anima, in ogni momento, cosa ci fosse. Probabilmente l'avrei capito addirittura prima di quanto lo capiva lei fino ad ora. Ma avevo paura di guardare ancora nella sua anima pura. Avevo paura di rimanere ancora di più stregato e di conseguenza di legarmi ancora di più a lei. Niente mi sarebbe poi riuscito a staccare da lei, ma non doveva succedere, altrimenti rischiavo solo di farle del male. Ma adesso non avevo ragione di pensare a questo. Ero lontano da lei.. eppure la vidi. Vorrei tanto conoscere chi è colui che ha queste idee geniali per spaccargli il naso e succhiargli l'anima, perché doveva essere una persona molto sadica. Chiusi gli occhi e li riaprì, vedendola sulla panchina e in piena crisi di pianto. Non era giusto. Non era ragionevole tutte queste cose che provavo. L'istinto, invece di dirmi uccidi, oppure mangia anime, non faceva che dirmi, corri da lei e abbracciarla. Ma non potevo. Rimasi invisibile ai suoi occhi, tentanto di capire dal suo viso cosa avesse. Ma lei era stanca e si scacciava via le lacrime con rabbia. Dopo un po' si avvicinò un ragazzo con un cane chiedendogli che avesse bisogno di qualcosa. Lei scosse il capo ma fece un pezzo di strada in comune con il ragazzo parlando di non so cosa, mentre lei tornava poco più serena. La seguì fino a casa e la osservai meglio di quanto avessi fatto in quei giorni. Poi però lo sentì. Dovevo andare, il momento era giusto. Mi voltai verso Lily sorridendo al fatto che ora chiacchierava con i suoi più tranquilla e felice e quindi me ne andai, ripromettendomi di cercare di capire se potevo fare qualcosa.
Non volevo altro che vederla felice come lo era sempre stata.

Il Destino pt.3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora