Capitolo 1 - Ogni inizio è (infatti) solo un seguito

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Succede tutto in un istante. Non mi accorgo quasi dell’osso del collo che si spezza mentre una macchina mi colpisce a tutta velocità. So solo che vengo sbalzato fuori dal mio stesso corpo, per poi ritrovarmi a qualche metro di distanza dal me stesso sull’asfalto.

In poco tempo, si raduna un gruppo di gente intorno al mio corpo senza vita. Non posso che unirmi anch’io.

«Poveretto.»

«Era ubriaco.»

«Si è buttato in mezzo alla strada.»

«Ha attraversato senza guardare.»

Non ero ubriaco! Okay, avevo un po’ bevuto... e forse non ho prestato la giusta attenzione mentre attraversavo, ma quel pazzo non ha rispettato i limiti!

Non ho una bella cera. In tutta sincerità, non l’avevo nemmeno prima di essere investito. Era da un po’ che non dormivo per più di tre ore di fila e non perché fossi occupato in attività extracurriculari. Vediamo un po’... da dove posso cominciare?

La mia donna mi ha piantato perché avevo sempre la testa da un’altra parte, il mio capo mi ha licenziato perché i miei articoli, a suo dire, facevano schifo, la mia ex moglie ha chiesto l’affidamento esclusivo di nostra figlia. Insomma, diciamo che non me la passavo troppo bene.

Per questo stasera sono uscito con Joe. È sempre divertente bere qualcosa coi vecchi amici e ricordare i tempi felici... In realtà, era una scusa per chiedergli dei soldi e un posto dove stare.

«Non posso, amico, mi dispiace.» mi ha detto Joe sorseggiando il suo whiskey, «Sono incasinato perso da quando tua sorella mi ha cacciato di casa.»

«Non sapevo che tu e Paula vi eravate lasciati!»

Lui mi ha guardato torvo, «Lo sapresti se ti facessi vivo ogni tanto.»

«Io mi faccio vivo!» ho protestato.

Regola numero uno: negare sempre l’evidenza.

«Solo quando hai bisogno di qualcosa!» mi ha fatto notare, «Quando crescerai, Adam? Il mondo non gira intorno a te!»

Morale della favola: il mio umore, invece di migliorare, è peggiorato ancora di più. Così ho continuato a bere da solo e ho fatto mettere tutto sul conto di Joe.

Un secondo gruppo di persone si è formato intorno all’auto che mi ha investito. Mi avvicino un po’ incerto. Il tipo alla guida è privo di conoscenza, ma sembra ancora vivo. Il suo torace si alza e si abbassa con ritmo regolare. È il classico tipo belloccio con cui si dileguano le ragazze che cerco di rimorchiare al bar. Capelli a spazzola, abito italiano fatto su misura, scarpe il cui costo equivale al mio stipendio annuo - quando ancora ne avevo uno. Sia lui che la sua auto sportiva se la caveranno con qualche graffio. La vita è così ingiusta. I tipi così se la cavano sempre.

«Bastardo!» lo colpisco senza riuscire a toccarlo, per un attimo i nostri corpi si fondono e siamo un tutt’uno. È una strana sensazione, non avevo mai provato niente del genere prima d’ora.

Un’idea malsana, tutt’a un tratto, mi balza per la testa. Non so se funzionerà, ma provarci non costa nulla, soprattutto a questo punto.

In un attimo salto dentro di lui.

«Signore, signore.»

Apro gli occhi, cerco di ignorare il senso di nausea.

«È ancora vivo!»

Qualche minuto dopo sono fuori dalla macchina, avvolto in una coperta termica, qualcuno ha chiamato un’ambulanza.

«Si sente bene?» mi domanda uno dei paramedici.

Annuisco, «È apparso all’improvviso. Non l’ho visto.» rispondo, il suono della mia voce è diverso.

È successo davvero, sono un’altra persona, ho un’altra possibilità.

Il paramedico mi punta una luce negli occhi e mi dice di seguirla, io obbedisco.

«Che giorno è oggi?» mi domanda l’altro.

«Venerdì.»

«Chi è il Presidente degli Stati Uniti?»

«Obama.»

«Ci sa dire il suo nome?»

Cazzo! Ora sì che sono nei guai.

«Io...» controllo se ho il portafoglio da qualche parte nella giacca o nella tasca posteriore dei pantaloni, «Non lo so.»

Regola numero due: a volte la sincerità può salvarti da situazioni spiacevoli.

«Non si preoccupi, è ancora sotto shock.» mi dà una pacca sulla spalla, «Ora la porteremo in ospedale dove farà tutti gli accertamenti necessari.»

Annuisco. La verità è che non sono mai stato meglio in vita mia.

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