Capitolo 7 - La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai

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Bene. Da dove comincio? Dall’auto rubata e ricomparsa misteriosamente o dalla ragazza del sogno? Era un semplice sogno oppure un ricordo fluito dal subconscio di Henry? Chi è la ragazza? Non conosco il suo nome. Mi chiamava Signor Miller, probabilmente Henry era il suo professore.

Un'altra studentessa. Proprio come Savie.

Henry, forse, è l’unico in grado di rispondermi, ma sta facendo un lungo sonnellino a quanto pare e non ho nessuna intenzione di svegliarlo.

E, di certo, non posso chiedere a Lexie.

Non sono il tipo che tradisce. Mai stato. Ma posso capire perché Henry si sia invaghito di Savannah e dell’altra ragazza e posso capire anche perché non sia riuscito a lasciare sua moglie.

Lexie è sempre distratta in questi giorni, con la testa da un'altra parte, a mille miglia da me. Che mi stia tradendo anche lei?

Le lancio un’occhiata che lei ricambia con un sorriso. No, nemmeno lei è il tipo che tradisce.

«Sei cambiato. Sei diverso.» mi dice mentre le massaggio i piedi, «Forse l’incidente ti ha fatto bene.»

Uno a zero per me, mio caro Henry.

«Continuo a pensare all’uomo che ho investito.» le dico, «A sua moglie e a sua figlia.»

«So che sei andato al funerale.»

Lo sa? Che sappia anche di Savannah e dell’altra ragazza - se davvero esiste?

Forse l’ho sottovalutata.

«Beh… Mi sentivo in colpa.»

«Non devi sentirti in colpa. È stato un incidente.» cerca di rassicurarmi, «Gli incidenti capitano.»

«Già.»

«Tu sei qui, con me, con i nostri figli. È l’unica cosa che conta.»

«Stiamo bene insieme, vero?» le chiedo, «Non stavamo così bene da…»

«Da tanto tempo.» taglia corto lei.

Sì, l’ho decisamente sottovalutata.

 

Spero di avere più fortuna con Savannah. Conosce Henry da pochi mesi, ma qualcosa mi dice che la loro relazione fosse qualcosa di più di una semplice storiella di sesso. A ogni modo, sto per scoprirlo.

Le passo un bicchiere di vino e ci sediamo sul divano, davanti al caminetto. Se mi vedesse Lena in questo momento, non crederebbe ai suoi occhi. E non sto parlando dello scambio di corpi.

Savannah appoggia la testa sulla mia spalla.

«Sto bene con te, Savie. Non stavo così bene dai tempi di…» mi interrompo, lasciando la frase a metà.

Tre.

Due.

Uno.

«Di?» mi incita lei.

«Niente, lascia stare.»

Si accende una sigaretta, «Di chi stavi parlando?»

Lo sai di chi.

«Di nessuno. Scusa, ho bevuto troppo vino.»

Lei sospira infastidita, mi getta una nuvola di fumo in faccia.

Dammi un nome, Savie.

Un nome.

Le accarezzo la guancia, questa è l’ultima volta che la tocco. La tristezza, se possibile, rende il suo viso ancora più bello.

«Parlavi di Annabelle, vero?»

Annabelle.

Il nome che stavo cercando.

 

Una volta a casa, faccio l’ennesimo tentativo di accesso al portatile di Henry. Ho già provato tutte le più fantasiose combinazioni di nomi e numeri per trovare la password di accensione, ma non c’è stato niente da fare. Almeno finora.

Ora ho un nuovo nome. E nuove possibilità.

A-n-n-a-b-e-l-l-e.

Password non valida.

Provo qualche variazione, ma niente. Annabelle si rivela un buco nell’acqua.

Sto quasi per arrendermi, quando capisco cosa devo fare.

Che stupido! Eh sì che sono - anzi, ero - un giornalista.

Mi precipito al portatile di Lexie con il rapporto della polizia riguardo l’auto rubata in mano. Inserisco la data del furto d’auto su Google.

Nessun avvenimento degno di nota.

Poi, oltre la data, inserisco un nome e schiaccio Invio.

Passo a Google Images, non ci sono dubbi, è lei.

Annabelle Smith.

Eccoti qui.

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