Capitolo 1

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"L'imperfezione è bellezza, la pazzia è genialità, ed è meglio essere assolutamente ridicoli che assolutamente noiosi."
•(Marilyn Monroe)•

Fissavo la marea di scatoloni impilati nella mia nuova camera e sapevo che sarebbero passati mesi prima di decidermi di metterli apposto. Da quando c'eravamo trasferite, non avevo avuto tempo di leggere nemmeno un libro. Mia madre sosteneva che ero un topo da biblioteca, una nerd senza vita sociale. Mi diceva sempre: «Hai diciassette anni esci e divertiti!»
Sì certo come no... Sospirai.
Eravamo arrivate da tre giorni e c'erano ancora scatoloni in tutta la casa. Odiavo doverli riordinarli tutti io. Come odiavo essere lì. Se non altro mi ero abitua al clacson dei taxi, che sentivo in continuo da quando c'eravamo trasferite  a New York. Spiegatemi come fa una ragazza che ama il silenzio, a vivere in un grattacielo al centro di Manhattan?
All'improvviso mi resi conto che: i laghi, la quiete, l'aria pulita e i splendidi boschi, del Minnesota, erano stati rimpiazzati: da smog, rumore, alberi di plastica e laghi artificiali.
Ma io mi chiedo, cosa cavolo ci faccio io qui?Sarei potuta rimanere con mio padre, ma come aveva chiaramente dimostrato, non mi riteneva più una figlia e io non potevo ritenerlo mio padre, non dopo tutto quello che aveva fatto. Alla fine avevo deciso di assecondare le folli idee di mia madre e dopo ore d'aereo, eccoci qui! Da sola, girovagante per casa alle tre di notte. Perché naturalmente mia madre, presa dal nuovo lavoro e aveva già iniziato
a fare gli straordinari.
Praticamente era come vivere da sola, senza la preoccupazione di mantenerti.
L'unica cosa che mi piaceva di tutto questo era la casa, enorme e modernissima. Per non parlare della mia camera, al primo piano, dove praticamente stavo solo io. Aveva un'enorme finestra che dava sulla città. Il letto era la parte migliore, tondo, con teli di lino che scendevano dal soffitto, formando una specie di tenda. Tutte le pareti erano bianche, perciò avevo la libertà di esprimere la mia vena artistica. E poi c'era il bagno. Enorme, rosso corallo con ghirigori oro, i sanitari bianchi con rubinetteria anch'essa color oro.
Anche se la mia stanza preferita era quella accanto completamente vuota, dove potevo costruire il mio piccolo spazio di lettura. Al piano terra si trovano il salotto, la cucina e collegato a un corridoio si arrivava in camera di mia madre.
Scesi le scale di vetro e mi fermai a metà, quando sentii girare le chiavi nella serratura e la porta d'ingresso si  aprì.
Mia mamma entrò in cucina, bellissima anche dopo dodici ore di lavoro, a compilare pratiche su pratiche.
Indossava un bellissimo talier nero, le calzava a pennello. I capelli color rosso brillante, raccolti in uno chignon.
La invidiavo, il suo fisico slanciato, i suoi occhi blu scuro, il suo viso dai tratti mancati, degna di Angelina Jolie. Io invece ero alta poco più d'un metro e sessanta e pesavo cinquantasei chili che a parere di molti erano ben distribuiti, ma c'era da dire che non assomigliavo a nessuno della mia famiglia, neanche a una lontana tris nonna.
Poi c'erano i capelli!
La generazione femminile della mia famiglia aveva sempre avuto i capelli rossi, io invece c'è li avevo biondo miele -tranne quando ero piccola, che erano praticamente quasi bianchi-messi in risalto dai miei grandi occhi color nocciola ambrato. Che rendevano il mio viso dai tratti delicati, ancora più infantile...
Scesi gli ultimi gradini e corsi ad abbracciarla.
«Cosa fai ancora in piedi?»
«Non riuscivo a dormire e poi io sono in vacanza.»
Mi baciò la testa e si tolse le décolleté nere.
«A letto...» Le diedi un bacio sulla guancia e la spinsi in camera sua, dove si buttò sul letto e mise la sveglia alle nove.
«Dormi troppo poco... Non puoi continuare così per sempre...»
«Lo faccio per il nostro bene amore...»
«Sisi, per garantirci una vita migliore e bla, bla, bla... Ora dormi...»
Uscii dalla sua camera e mi diressi in cucina. Odiavo vederla lavorare così tanto, io le avevo proposto di trovarmi un lavoro part time ma lei me lo aveva, palesemente, proibito. Ma dopo la morte di mio fratello, tre anni fa, per lei stare a casa era diventato insopportabile. Quindi si era buttato a capofitto sul lavoro, promettendomi che avremo avuto una splendida vita davanti a noi. E io non potevo biasimarla, perché anche a me la nostra vecchia casa riportava alla mente troppi ricordi.
Perciò eccoci qui due donne... alle prese con una vita dove avevamo solo sofferto.
Presi un bicchiere di succo d'arancia e tornai in camera mia, misi la sveglia alle sette e andai a dormire.

Kimberly: Il Sangue RealeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora