Capitolo 8

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Quattro giorni. Quattro giorni e tutto sarebbe riniziato. La sveglia presto, le corse per non fare tardi, gli sbadigli, i professori esauriti... Per la prima volta nella mia vita, desideravo continuare le vacanze.
Avevo passato due bellissime settimana insieme a mia madre e a Leia, ormai parte della famiglia.
E ora mi sembra tutto un ricordo lontano, non avrei più rivisto Leia per un lungo periodo, siccome domani sarebbe dovuta tornare da Lady Charlotte, la sua tutrice. Mentre mia mamma era tornata a lavorare senza sosta.
Mi distesi per terra e iniziai a fissare il soffitto, ottimo per distrarmi. Pensai alle a quelle parole: "Si sempre gentile, forte e coraggiosa, mia piccola guerriera." Erano come un ricordo remoto, passato, che non riuscivo a capire e più ci pensavo meno riuscivo a capire chi me lo avesse detto. Era come se il mio cervello stesse cercando di sopprimere quel ricordo, come se mi volesse proteggere da qualcosa.
Bussarono alla porta e io urlai d'entrare.
«Che cosa stai facendo?» chiese una voce familiare.
«Contemplo il soffitto, vuoi unirti?» chiesi, voltandomi per guardare Thomas.
Fece spallucce, si avvicinò e si distese accanto a me.
«Invece di contemplare il soffitto potresti fare altro» disse lui usando il braccio come cuscino.
«Del tipo?» chiesi sbadigliando.
«Non lo so... Fare il saluto al sole» sogghignò lui.
«No! Tutti che salutano sto sole! E il soffitto chi lo saluta?! Eh?! Eh?!» dissi, dandogli gomitate.
Lui scoppiò a ridere e si mise a sedere, mentre io mi misi a rotolare a destra e a sinistra.
«Ma che diavolo fai?» chiese continuando a ridere.
«Saluto il pavimento» dissi con la faccia schiacciata contro il parquet.
«E se salutassi me invece?» disse facendomi gli occhi dolci.
«Non sei nelle mie priorità in questo momento» dissi io, sventolando una mano alla cieca.
Mi guardò scettico, poi mi afferrò per la vita e, prendendomi in braccio mi fece sedere sulle sue ginocchia.
Lo guardai annoiata e assonnata, per poi sprofondare il viso nel incavo della sua spalla.
Dovevo ammetterlo, il nostro rapporto era migliorato, litigavamo di meno ma continuava a non piacermi il fatto che mi piacesse.
Lo so è intricata come cosa ma ho una mente contorta, non posso farci niente.
No, sei stupida è diverso disse la stronza della mia vocina.
«Quindi sono nelle tue ultime priorità?» mi sussurrò lui.
«Forse nemmeno ci sei» dissi affermando il telefono nella tasca posteriore degli shorts, che nel frattempo aveva vibrato.
Portai il telefono dietro le spalle di Thomas e appoggiai il mento sulla sua spalla, osservando chi mi aveva scritto.
Era Lion.
Non lo sentivo da quando ceravamo conosciuti al parco e oramai pensavo che non mi scrivesse più.
Lessi il messaggio:
"Ciao Elizabeth, so che è da un po' che non ci sentiamo ma quest'ultima settima ero sommerso d'impegni, mi dispiace non averti scritto prima ma spero che l'invito a mangiare fuori con me ci sia ancora."
Io risposi:
"Ciao Lion, sono contenta di sentirti!
Comunque si l'invito è ancora ben accetto."
La sua risposta arrivo subito dopo:
"Fantastico! Che ne dici di sta sera verso le sette e mezzo?"
Ci pensai un po' su e poi risposi:
"Va bene, allora ci vediamo stasera!"
"Perfetto! Ti passo a prendere io, a sta sera!"
Avevo ancora due ore di tempo per prepararmi.
Posai il telefono a terra e mi ritrassi per guardare Thomas in faccia.
«Che cosa volevi comunque?» chiesi sbadigliandogli in faccia.
«Ma guarda che belle tonsille! Comunque sono venuto a fare una visita di cortesia.»
«Bene ora puoi anche andartene» dissi, sorridente.
Mi alzai in piedi, spostandomi prima che lui potesse afferrarmi per una caviglia.
«Su, su fuori! Devo preparami per uscire» dissi, spingendolo con il piede verso la porta.
Lui si irrigidì all'istante e si voltò verso di me.
«E con chi dovresti uscire?» chiese con durezza.
Sbuffai. «Con Lion. Quindi via!»
«No, no, no! Spiegami perché tu puoi frequentare altri ragazzi?!» era arrabbiato, sembrava un furetto con la rabbia.
«Primo: io non ti ho detto che non puoi frequentare altre ragazze;
Secondo: perché non dovrei uscire con lui? Non stiamo mica insieme, quindi...» dissi con tono calmo.
«Ok! Fai come vuoi ma anch'io farò come voglio!» sbraitò lui, alzandosi in piedi, per poi uscire dalla porta, sbattendosela alle spalle.
Io non lo capivo, era troppo lunatico per i miei gusti, e poi si comportava come un bambino viziato... Diceva che provava qualcosa per me e poi si comportava così, come facevo a credergli?
Che poi era una cosa impossibile.
È geloso! disse la mia vocina interiore.
«Ma stai zitta!» borbottai.
Ma quanto sei stupida da 1 a 10? chiese lei.
Salii in camera e andai in bagno, riempii la vasca da bagno e poi mi ci immersi.
Mi rilassai, abbracciata dal tiepido tepore dell'acqua, mentre la schiuma mi solleticava il corpo.
Mezz'oretta dopo uscii dalla vasca e mi asciugai i capelli.
Quel bagno -almeno per il momento- aveva lavato via i miei pensieri negativi, lasciando spazio solo all'appuntamento con Lion.
Aprii l'armadio in camera e incominciai a frugarci dentro, in cerca di un vestito.
Trovai un vestito estivo, color sabbia, con le spalline fine, che sostenevano una specie di corpetto. La gonna a balze mi arriva un po' più in su del ginocchio.
Presi un cobrispalle bianco, in tinta con le convers.
Non ero una ragazza a cui piacevano i tacchi, preferivo la comodità, all'eleganza.
Indossai il tutto è raccolsi i capelli in uno chignon disordinato, presi la mia borsa con le frange e vi misi dentro il portafoglio e il telefono. Misi un po' di mascara e scesi in cucina.
Guardai l'ora e mi accorsi che erano le sette e venti.
Il telefono no iniziò a squillare, guardai il display: era Lion.
«Pronto Lion.»
«Hei Elizabeth! Senti a che piano abiti?» chiese.
«Venticinquesimo... ma se vuoi scendo io.»
«No sta tranquilla, salgo io.
Arrivo!» e attaccò.
Sbuffai, volevo impedirgli di incontrare il furetto con la rabbia, sapevo che avrebbe provato a morderlo.
Aprii la porta per vedere se Thomas era in corridoio, e guarda caso era lì. Seduto con la schiena contro il muro intento a leggere un libro.
«Non ci posso credere!» dissi esasperata.
Lui poso lo sguardo su di me e mi squadrò da capo a piedi. «Sei bellissima Bethy.»
«Ma per favore!» dissi, arrossendo e sedendomi sul pavimento, allungando le gambe davanti a me.
«Ti si vedono le mutande» disse continuando a leggere.
«Non c'è le ho, sai anche lei ha bisogno un po di aria» dissi mordendomi il labbro inferiore.
Tra di noi era un continuo testa a testa e io mi lo sfidavo sempre, perché mi divertivo da morire.
Lui sgranò gli occhi. «Non ti credo, non ne avresti il coraggio.»
«Tu mi sottovaluti sempre» dissi alzandomi in piedi.
Chiusi la porta a chiave e mi appoggiai al muro, mentre Thomas mi scrutava attentamente, con una strana luce negli occhi. Era come se cercasse di alzarmi la gonna con il pensiero.
Le porte dell'ascensore si aprirono e comparse Lion in tutto il suo splendore. Jeans neri attillati, camicia bianca sbottonato da far intravedere le linee del petto e i suoi soliti capelli sbarazzini.
Posò lo sguardo prima su di me e poi su Thomas, che lo stava incenerendo con lo sguardo.
Il mio piccolo furetto rabbioso.
Lion saluto con un cenno del capo Thomas, che non rispose al saluto.
Poi venne verso di me porgendomi il braccio come un gentiluomo, e io accettai. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò:
«Sei stupenda.»
Io arrossii e mormorai un grazie.
Andammo verso l'ascensore e prima che le porte si chiudessero Thomas disse:
«Non è vero!»
«Non lo saprai mai!» dissi sorridendo.
Avevo messo le mutande ma vederlo così, in confusione e incredulo era uno spettacolo da non perdere.
Sogghignai e Lion mi guardò confuso per qualche minuto. «Quel ragazzo mi odia» disse in fine.
«Odia tutti! È come uno di quei vecchi che brontolano per tutto.»
«Però non odia te» sussurrò lui amaramente. «Si vede da come ti guarda...»
«Ma figurati!» dissi, ridendo.
Uscimmo dall'ascensore, mi aprì lo sportello dell'auto e ci salii.
Per tutto il tragitto parlammo delle sua incredibile auto. Una Maserati turismo, nero opaco, con interni in pelle rosso sangue.
Mi portò a mangiare al Lincoln, un ristorante poco lontano da Central Park, con un'architettura moderna e enormi vetrate dov'è si poteva scorgere tutto l''interno.
Entrammo e mi guardai intorno, era tutto modernissimo, i tavolini bianchi, delle poltrone al posto delle sedie, tutti colori molto neutri come il grigio, il nero, il bianco e il beige. Illuminati da luci chiare e tenui, lasciate cadere dal soffitto come centinaia di lucciole.
Il cameriere ci fece accomodare in un posto tranquillo, vicino alla vetrata.
Mi accomodai e Lion si mise a sedere davanti a me.
«Oltre ad essere spiritosa sei anche ben informata sulle auto! Wow continui a sorprendermi Elizabeth!» disse, sorridendo.
«Grazie! Comunque ora raccontami un po' di te» dissi, scrutandolo con attenzione.
«Mmm... da dove incomincio... Okay! Allora sono all'ultimo anno di liceo e come lavoro per pagarmi gli studi faccio il fotomodello. Abito poco lontano da Central Park e adoro le macchine, come tutti gli uomini.»
«E in che scuola vai?» chiesi interessa.
«Vado nella Fiorello H. La Guardia High School.»
Wow! Una scuola delle arti! Questo ragazzo mi piaceva sempre di più!
«Peccato, speravo di conoscere almeno una persona!» mugolai.
«Sta tranquilla, andrà bene! Ti adoreranno!» mi sorrise dolcemente.«E tu che scuola frequenterai?»
«La Bronx High School of Science...» dissi un po' impacciata.
«Si ti ci vedo a fare la scienziata» dissi, soffocando una risata. «E che sbocco hai scelto?»
«Chimica, te?»
«Penso che tu abbia capito che tipo di scuola è la mia.» Io annuii.
«Comunque musica, anche se faccio già il lavoro che amo» disse passandosi una mano fra i capelli.
«Mi fa piacere» dissi sorridendo.
Il cameriere ci portò i menù e io iniziai a sfogliarlo:
VERDURE
* FUNGHI TRIFOLATI
* MELANZANE PARMIGIANA
* CAROTE ARROSTITE
* CAVOLOFIORE ALLA GIUDEA
* CAVOLINI ARROSTO
ANTIPASTI
* INSALATA MISTICANZA
* MOZZARELLA DI BUFALA E PROSCIUTTO
* SARDE ALLA GRIGLIA
* GAMBERI ALLA GRIGLIA
* BRESAOLA
* TERRINA DI CODA ALLA VACCINARA
PRIMI
* RAVIOLI BIGUSTO DI BIETOLA
* CONCHIGLIE ROSSE CON GAMBERI
* RAVIOLI D'ASTICE ALLA FRA DIAVOLA
* RISOTTO ALL ' AMAR ONE
* FUSILLI CALABRESE
* PAPPARDELLE DI ZAFFERANO CON AGNELLO BRASATO
SECONDI
* FRITTATA
* BRODETTO
* CODA DI ROSPO ARROSTA
* POLLO ARROSTO
* ANIMELLE IN PADELLA
* PROSCIUTTO COTTO ALLA GRIGLIA
* BRASATO DI MANZO
C'era troppa scelta e poi sì e no conoscevo tre piatti.
«Devo proprio prendere: antipasto, primo, secondo e verdure?» chiesi, agitata.
«No, puoi perdere quello che vuoi» disse, gentilmente.
Io sorrisi.
Adoravo questo ragazzo, era gentile e non aveva paura di mostratesi per com'era. Perché Thomas non poteva essere così?
Perché non ti sarebbe piaciuto rispose la mia vocina interiore.
Già, perché solo con lui sono sempre agitata, arrabbiata ma felice.
Ma perché non poteva piacermi Lion allo stesso modo?!
Con lui non ci sarebbero stati problemi, nessuno litigio ogni giorno, nessuna presa in giro, solamente amore!
Non saresti mai contenta con Lion come lo saresti con Thomas disse la mia vocina interiore.
Odiavo quando aveva ragione!
Si era vero, nessuno mi avrebbe reso più felice, perché quando stavo con lui tutt'intorno scompariva; era l'unico che riusciva a mettere in discussione tutto di me; l'unico capace a far cadere ogni mia certezza; l'unico che avrei voluto al mio fianco; l'unico che mi ha fatto perdere la testa, l'unico...
«Hei? Stai bene? Ti vedo un po' pensierosa» si intromise Lion, facendomi perdere il filo del pensiero.
«Emm... Sì, scusa sono solo sovra pensiero per la scuola» accennai a un sorriso.
«Andrà bene vedrai» disse stringendomi la mano, per rassicurarmi.
«Signori avete deciso?» chiese il cameriere comparso dal nulla. Era inquietante, somigliava tantissimo al Pinguino di Gotham, la serie TV.
«Di primo: fusilli alla calabrese;
Di secondo: pollo arrosto e di contorno: funghi trifolati» ordinò Lion.
«E per lei?» chiese il cameriere voltandosi verso di me.
«Un insalata misticanza e il brasato di manzo, grazie» dissi e gli porsi il menù.
«E da bere?» chiese continuando a fissarmi sorridente.
«Io un'acqua minerale, tu Lion?» chiesi spostando lo sguardo su di lui.
Stava guardando in cagnesco il cameriere, che non lo stava neanche considerando.
«Vino» sibilò.
«Che tipo?» chiese il cameriere continuando a guardarmi.
Lion sbuffò sonoramente e si schiarì la voce. «Scusi ma io sarei qui.»
Io trattenni una risata, mentre Lion si indicava.
Il cameriere alzò gli occhi al cielo e poso lo sguardo su Lion.
«Vorrei un Domaine Chandon Étoile Tête de Cuveé» e con un gesto della mano lo congedò.
Lion sospirò esasperato e io risi.
«Non mi ha neanche preso in considerazione!» mugolò. «Ti stava mangiando con gli occhi!»
«Ma va!» dissi ridendo.
«Forse tu non te ne rendi conto ma hai una bellezza unica e rara, nella tua semplicità c'è qualcosa di speciale» dissi lui serio ma un po' impacciato.
«Bhe... Grazie» dissi, arrostendo violentemente mentre mi torturavo i capelli.
La nostra cena arrivò qualche minuto dopo. La presentazione era fantastica, come il ristorante e il sapore era divino, delicato e sublime, impossibile da descrivere a parole.
La serata passò tranquillamente, con tante chiacchiere sul futuro e argomenti politici.
Erano le undici quando salimmo in macchina, dopo che Lion mi aveva strappato il conto dalle mani e con un sorriso a trentadue denti aveva pagato ma per colpa di una chiamata, lo perse subito e non parlò per tutto il ritorno, facendomi preoccupare.
«Stai bene?» chiesi salendo le scale d'ingresso, entrando nel salone.
«Si tranquilla, solo una piccola complicazione a lavoro» disse con un sorriso tirato, mi voltai verso di lui.
«Sappi che se hai dei problemi, puoi sempre chiamarmi» dissi sorridendogli.
«Vale lo stesso per te» mi strinse in un'abbraccio.
Lo ringraziai per la serata, lo baciai sulla guancia e entrai nell'ascensore.
Appena le porte si aprirono, il mio sguardo fu catturato da Thomas accasciato contro il muro, con la testa penzolante.
Era nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato.
Cercando di fare meno rumore possibile mi avvicinai e mi accucciai davanti a lui.
Aveva le labbra socchiuse e il viso rilassato, mentre il respiro regolare faceva muovere i capelli che aveva davanti alla faccia.
Adoravo il modo in cui li teneva: corti ai lati e il ciuffo vaporoso e sbarazzino, che aveva vita propria.
Borbottò qualcosa d'incomprensibile, face una smorfia e poi sbuffò.
Mi portai una mano alla bocca e soffocai una risata. Era buffo ma allo stesso tempo incredibile sexy. Sorrisi e gli spostai un ciuffo dagli occhi.
Come faceva ad attrarmi così tanto? Non avevo mai provato un'emozione simile per un ragazzo, perché con lui sì?
Perché è l'unico che riesce a riempire la voragine che hai nel petto disse la mia vocina interiore.
Già, quella voragine non faceva male quando stavo con lui.
«Elizabeth...» mugolò lui, mentre una lacrima gli rigava il viso.
Il mio cuore salto due battiti e trattenni il respiro, mentre gli occhi incominciarono a bruciare.
Quello che successe dopo sorprese anche me.
Non ci pensai neanche un secondo, lo feci e basta.

Kimberly: Il Sangue RealeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora