Capitolo 2

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Un grido mi svegliò.
La pioggia scrosciava contro le vetrate e lampi seguiti da tuoni, illuminavano il celo scuro. Balzai in piedi, scesi velocemente le scale. In casa non c'era nessuno, era mezzanotte passata, perciò non poteva essere mia madre.
Mi diressi verso la porta d'entrata e quando l'apri, mi trovai Leia in camicia da notte che stringeva un orsacchiotto nero al petto. Aveva le guance bagnate di lacrime e tremava tutta.
«Ehi...» gli accarezzai i capelli e mi inginocchia.
Lei mi buttò le braccia al collo e cominciò a singhiozzare.
«Che succede?» Lei soffocò i singhiozzi contro la mia spalla.
«Ho paura dei temporali... Ho fatto un brutto sogno e ho paura a stare a casa da sola...» le tremava la voce.
Io sorrisi, perché anch'io da piccola ero uguale a lei.
«Vuoi venire a dormire con me?» le chiesi, mentre le spostavo una ciocca dietro l'orecchio. Ero arrabbiata con quello stupido di Thomas, come si fa a lasciare una bambina a casa da sola?
Lei annuì, io la presi in braccio e mi diressi nella mia camera.
La misi a sedere sul letto, presi un fazzoletto e gli asciugai, lei sorrise facendomi scordare di essere arrabbiata. Le sorrisi di rimando, la feci sdraiare e le rimboccai le coperte.
«Torno subito, vuoi qualcosa da bere o da mangiare?»
Lei scosse la testa e sistemo l'orsacchiotto sul cuscino.
Io uscì dalla stanza tornai in cucina presi un postit e scrissi: "Leia e con me, aveva paura di restare a casa da sola.
Elizabeth"
Attaccai il postit sulla porta di Thomas, chiusi la porta e tornai da Leia.
Era ancora sveglia e stava scrutando la a camera con curiosità.
Mi avvicinai al letto, mi distesi infilandomi sotto le coperte.
Leia si girò a guardarmi e io feci lo stesso. Mi prese la mano e si avvicinò a me, stringendo contro il mio petto. Appoggiai li mento sopra la sua testa e spostai una ciocca che le ricadeva sul viso.
Le accarezzai i capelli, come faceva mia mamma con me quando ero piccola, profumavano di fragola e erano soffici al tocco.
«Mi racconti una storia?» chiese lei sorridendo.
Pensai a cosa potevo raccontargli, avevo letto così tanti libri che non sapevo scegliere. Così decisi di raccontarle la favola della buona notte di mia madre.
«Vediamo...C'era una volta una bellissima ragazza che non aveva nessuna voglia di filare la canapa. La mamma inutilmente si disperava, la spronava, la rimproverava. Un giorno perse la pazienza e gliele suonò di santa ragione, tanto che la ragazza si mese ad urlare e ad implorare misericordia. In quel momento passò un principe compassionevole, il quale disse alla donna perchè avesse dato tante mazzate alla figlia. La madre, per non svergognarla e confessare che era una sfaticata, rispose: "Signore mio, è una fissata: vuole sempre filare e filare e io non possiedo nè canapa nè lana." Allora il principe volle portare l'ingorda filatrice a palazzo e le fece vedere tre stanze piene di canapa e disse: "Se la fili tutta io ti sposerò." La ragazza, rimasta sola, misurando il lavoro che le toccava fare, si mise a piangere. Al terzo giorno il principe venne a trovarla: "Come ! Niente hai filato?"
" Signore - rispose la briccona - non riesco a filare perchè non posso stare lontana da mia madre." Il principe, commosso, replico: "Coraggio, mettiti a filare, se no non ti sposo." La ragazza, sempre in lacrime, si affacciò alla finestra e vide tre comari: una aveva un piede mostruosamente ingrossato, l'altra il labbro inferiore tumefatto, la terza un dito bitorzoluto. Esse le chiesero: " Perchè te ne stai lì a piangere?"La ragazza raccontò quello che le era capitato e le tre vecchie scoppiarono a ridere. Quindi le dissero: "Se tu ci inviti il giorno che ti sposerai,noi fileremo tutta questa lana." La ragazza acconsentì, le comari entrarono a palazzo e si misero a filare. Quando il principe andava a visitarla, la ragazza le nascondeva e si mostrava tutta intenta alla sua occupazione. Allorchè il lavoro fu terminato, le vecchie le ricordarono la promessa e se ne andarono. Il principe che sempre più si sentiva attratto dalla bellezza e dalle virtù di quella fanciulla, avviò i preparativi per le nozze e fu a questo punto che la ragazza le disse: "Signore mio, vorrei che a pranzo fossero invitate tre mie cugine. Mi hanno voluto bene fin da quando ero in fasce." Il principe non ebbe difficoltà ad accontentarla e il giorno dello sposalizio le tre vecchie furono invitate. Quando però lo sposo le vide non potè fare a meno di osservare: "Come sono brutte queste tue cugine!" Poi, per curiosità volle domandare a una di esse perchè il piede era così ingrossato e quella rispose che le era diventato così a furia di girare l'aspo. Poi si rivolse alla seconda per chiedere del labbro tumefatto e lei rispose che era così a furia di bagnare il filo. Infine alla terza chiese il perchè del dito bitorzoluto e lei disse che era diventato così a forza di torcere la lana. Il principe si impensierì molto all'idea che la sua sposa potesse ridursi come quelle vecchie e disse: "Moglie mia, ti ordino di non filare più per il resto della tua vita." E fu così che quella gran bellezza visse infingarda e felice come natura l'aveva fatta e come sempre si era sforzata di vivere.»
«Furba la ragazza. Mi piace...» sogghignò e sbadigliò, chiuse gli occhi e si addormentò.
Dopo qualche minuto mi addormentai anch'io e per la prima volta dopo la morte di mio fratello, mi sentii coccolata e felice. Sorrisi e mi feci travolgere dall'emozioni.
                           ****
La luce che filtrava dalle tende mi svegliò. Leia era ancora raggomitola contro di me.
Mi stropicciai gli occhi e lentamente, senza svegliare Leia, scesi dal letto. Andai in bagno e poi in cucina. Erano le dieci passate, mia madre era già andata a lavorare. Ma la cosa strana era che Thomas non aveva ancora fatto irruzione in casa mia. Le cose erano due: o non si era accorto dell'assenza della sorella o non era ancora rientrato a casa. Io puntavo più sulla seconda ipotesi.
Mi misi a preparare bacon e pancake, insieme a una spremuta d'arancia rossa.
«Elizabeth?» era Leia. La sua vocina era talmente acuta che non serviva che urlasse per farsi sentire.
«Vieni! Sono in cucina.»
Qualche secondo dopo apparve all'inizio delle scale. Con una mano si stropicciò gli occhi, mentre con l'altra teneva stretto l'orsacchiotto.
Era la tenerezza fatta in persona, avrei passato tutto il giorno a coccolarla e non mi sarei stancata.
Scese le scale, sorridendo e canticchiando. Si avvicinò al bancone e si sedette sullo sgabello, mettendo l'orsacchiotto seduto sulle sue gambe.
Presi due piatti dove misi, qualche fetta di bacon e due pancake, poi riempi due bicchieri di spremuta e nel suo ci misi una cannuccia.
Gli porsi il piatto. Lei guardò il piatto e poi me, mentre i suoi occhi brillavano di meraviglia.
Io le sorrisi e mi misi a sedere accanto.
Lei spazzolo il piatto in pochi secondi, sembrava che non mangiasse da una vita.
«Non ho mai mangiato niente di così buono! Grazie!» Il suo sorriso andava da un orecchio all'altro.
Incomincia a lavare i piatti, mentre Leia si appollaiò sul divano e accese la TV.
Mi piaceva stare insieme con lei, mi distraeva dai miei pensieri, mi rendeva felice, era come avere una sorella minore.
Qualcuno bussò alla porta e mi distrasse dai miei pensieri.
Sapevo chi mi aspettava al di là della porta e sospirai. Sapevo anche, che avremo finito col litigare, eravamo troppo cocciuti, non avremo mai ceduto dalle nostre posizioni.
Aprii la porta, lui mi squadrò e poi mi fissò negli occhi. Era arrabbiato, molto arrabbiato.
Io mi appoggiai allo stipite, incrociai le braccia e sostenni il suo sguardo.
Mi sembrava di bruciare, come ogni volta che lo vedevo. Era troppo bello per essere vero.
«Dov'è?» chiese in tono brusco.
Io sbuffai e indicai il divano, dove Leia ci guardava, passando lo sguardo da me a Thomas.
«Andiamo.» disse continuando a mantenere il suo tono brusco.
«No!» disse lei.
Thomas cercò di entrare ma gli bloccai la strada.
«Ora ti preoccupi per lei? Ti sembra il caso di lasciare una bambina di sette anni da sola a casa?! Stava urlando nel pieno della notte! E tu doveri?! In giro a spassartela!»
«Tu...» Mi posò un dito sulla clavicola. «Non hai alcun diritto di dirmi cosa devo fare! E te lo ripeto per l'ultima volta! Sta lontana da mia sorella!»
Sentivo la mia pelle surriscaldarsi sotto la pressione del suo dito, come se mi stesse bruciando. Mi morsi il labbro, era un dolore insopportabile ma non avevo intenzione di muovermi.
«Altrimenti? Cosa fai?» Lo sfidai, avvicinandomi ancora di più a lui, mentre il suo dito premeva ancora di più, provocandomi un dolore lancinante. Sentivo la pelle bruciare.
«Basta! Smettila!» urlo Leia, avvicinandosi velocemente a me, prendendomi per la vita. Mi strattonò e mi fece allontanare da Thomas. Che abbassò la mano e fissò il punto dove prima aveva appoggiato il dito.
Avevo voglia di prenderlo a schiaffi. Lo odiavo! Era insopportabilmente egoista e stronzo.
«Thomas! Devi smetterla! Non puoi continuarli a odiare tutti! Non è colpa sua se non ci sono più! Mettitelo in testa! Io non rinuncio alle sua amicizia per il tuo cazzo di odio! E di sfiducia verso di lei!» disse Leia. E io pensai di nuovo al suo modo di parlare, non era possibile che una bambina di sette anni potesse parlare come un qualsiasi diciottenne.
«Fai come vuoi... ma lo sai anche tu che ti metterà in pericolo! E quando succederà non venire a piangere da me!» si voltò, entrò nel suo appartamento sbattendosi la porta alle spalle.
Mi voltai verso Leia e le feci un sorriso tirato. Chiusi la porta e cercai di fare un passo avanti ma lei era ancora aggrappa alla mia vita. Aveva gli occhi lucidi e le tremava il labbro inferiore.
«Sai... Non lo fa apposta... e che ormai non si fida più di nessuno, dopo... che hanno ucciso i nostri genitori... sono io l'unica sua famiglia» Le lacrime iniziarono a bagnargli il volto.
Io mi inginocchiai e la strinsi forte a me.
«Mi dispiace... Capisco che cosa significa perdere una persona importante» Mi tremava la voce.
«Anche se non li abbiamo mai conosciuti... lui serba ancora rancore...»
Capivo perfettamente come poteva sentirsi e mi sentii in colpa.
Presi in braccio Leia e la portai disopra, volevo scacciare quei ricordi, sia dalla mia, sia dalla sua, mente. La misi a sedere sul letto, poi mi avvicinai a uno scaffale, presi una matita, un pennello e la vernice rosso corallo e tornai da lei.
«Vuoi aiutarmi?»
Lei si asciugò le lacrime e annuì.
«Allora tu mi dici cosa disegnare, poi con il pennello la colori, d'accordo?»
Lei sorrise e annuì con grinta, poi si mise a pensare.
Mi fece ridere, aveva le labbra arricciate e sbuffava. Era buffa e allo stesso tempo adorabile.
«Mmm... Panda e bambù?» disse lei un po' incerta.
Io sorrisi e annuì. Adoravo i panda e avevo già un idea su come farlo.
Prima di iniziare a pitturare, con enormi tele di plastica, copri il letto e tutti i mobili.
Lavorammo tutto il giorno, ci fermammo solo per pranzare.
Verso le sei avevamo finito ed eravamo imbrattate di vernice, ma la parete dietro al letto era stupenda. Ritraeva un panda enorme nella parte sinistra, con del bambù in mano, mentre lo mangiava e nella parte destra raffiguravano le piantagioni di canne da zucchero e di bambù.
Presi i teli di plastica, li piegai e li riposi nell'armadio, dove tenevo il colori e tutto l'occorrente per la pittura.
Siccome era quasi ora di cena e aveva passato tutto il pomeriggio con me decisi che era meglio se tornasse a casa, visto anche il cattivo umore del fratello.
Scesi le scale insieme a Leia, prese l'orsacchiotto appoggiato sul divano e uscimmo in corridoio.
Bussai alla porta di Thomas e aspettai che aprisse, ma sulla soglia comparve la ragazza che avevo visto qualche giorno prima. Guardò me e poi Leia.
«Chi è?» chiese Thomas spuntando alle spalle della ragazza. Erano entrambi mezzi nudi: lui solo con i pantaloni e lei solo con la maglietta di lui.
«La babysitter» disse lei ridendo.
Lui le baciò il collo e mi guardò, come se volesse sfidarmi.
Io alzai un sopracciglio e sospirai, mi abbassai, bacia la guancia a Leia e tornai in casa.
Lo odiavo, non potevo farci niente.
                            ****
Era una settimana che non vedevo Leia o Thomas, quando me lo trovai in soggiorno che parlava animatamente con mia madre. Anche lei era rimasta incantata dalla bellezza di Thomas ma non sapeva che era un bastardo di prima categoria.
Mia madre mi guardò con un sorriso complice.
«Per me va benissimo! È ora che esca di casa e si goda un po' la vita» disse lei, mentre prendeva le chiavi della macchina, mi baciò sulla guancia e uscì di casa per andare al lavoro. Mi stiracchia, presi un bicchiere di succo di frutta e mi misi a sedere sul piano di lavoro. Lui mi guardava, mentre io sorseggiavo il mio succo di frutta.
Rimasi a guardarlo senza aprir bocca, poi appoggiai il bicchiere nel lavandino e incrociai le mani in grembo.
«Senti sono contento di averti trovata a casa.» Thomas intrecciò le mani e vi appoggiò il mento.
«Immagino di doverti delle scuse.»
«Immagini
«Già. Leia mi ha detto di fare qualcosa di carino. Sai, mi ha fatto una testa così dicendo che eri l'unica amica normale che aveva.»
«Be', ma scusarsi senza volerlo non è scusarsi.»
Lui emise una specie di gemito d'approvazione. «Hai ragione.»
Lo guardai male. «Mi prendi in giro?»
«Assolutamente no.» disse come se non fosse nulla, mentre si massaggiava le tempie. «Sono assolutamente serio, non avevo scelta, mi ha costretto lei a essere carino con te.»
Lo guardai incredula. «Ti trovi spesso a dover chiedere scusa alle persone?»
«Di solito no ma mia sorella mi ha preso le chiavi di casa e, finché non mi comporto bene, non me le ridarà. Non ho voglia di fare altre copie, sarebbe seccante.»
Cercai di trattenermi ma non ci riuscì e scoppiai a ridere.
Lui mi guardò imbronciato, si alzò dallo sgabello e si diresse verso di me.«Non è divertente.»
«No, hai ragione.» Continuai a ridere.«È esilarante
Mi fulmino con lo sguardo.
«Comunque non posso accettare le tue, se non sono sincere» dissi mettendomi a braccia conserte.
«Neanche se mi ingrazio tua madre?»
«No.» Sorrisi per come mi guardava. «Rassegnati a non poter mai più dormire a casa tua.»
«Maledizione, il mio piano non ha funzionato.» Un sorrisetto risentito gli incurvò gli angoli della bocca.
Ero divertita e allo stesso innervosita.
«Sei sempre così gentile?» Si appoggiò al bancone davanti di me.
«Sempre. E tu fissi sempre la gente?»
«Vai sempre in giro mezzo nudo?»
«Sempre. Ma non hai risposto alla mia domanda. Fissi tutti così?»
Arrossì.«Non ti fissavo.»
«Ah no?» Inarcò il sopracciglio. «Comunque era presto, mi ero appena svegliato.»
«Non devi giustificarti, basta solo che ti metta una maglietta.»
«Sei fortunata che avevo i pantaloni.» Sorrise e si passò una mano fra i capelli.
«Allora mi dici perché sei venuto qui?» Non riuscivo a smettere di guardagli le labbra. Sicuramente baciava bene. Scossi la testa. Dovevo smetterla di guardarlo.
Si stiracchiò e la maglietta gli salì sulla pancia, rivelando gli addominali scolpiti. Lui mi guardò incuriosito e io arrossì. «Forse solo per capire cosa c'è in te per cui piaci tanto a Leia. Di solito non ci avviciniamo agli estranei con tanta confidenza.»
«Si vede che sono più simpatica degli altri.»
Thomas mi guardò per un istante, poi scoppiò a ridere. Una risata cupa, di gola. Era molto e dico molto sexy. Merda. Distolsi lo sguardo. Lui era il tipico ragazzo che portava guai. Era uno stronzo per eccellenza e io non uscivo con gli stronzi. In realtà non uscivo affatto.
«Alla mia sorellina piaci tanto» disse come se non riuscisse a capacitarsene.
«Quindi?» dissi io innervosita guardando alle sue spalle.
«Quindi siccome è la più piccola, io sono quello che soffre di carenza d'affetto.»
Ripensai alla ragazza di una settimana fa.
«Questo spiega molte cose» risposi.
«Sarò anche uno stronzo o una testa di cazzo se preferisci ma è molto apprezzato dal gentil sesso.»
Mi scappò una risata ma quando lo guardai negli occhi, mi guardava talmente intensamente che avevo paura potesse vedermi dentro. Pessima idea.
«Stento a crederci...»
Sorrise appena. «Dovresti, Bethy.»
Si sporse in avanti e avvolse una mia ciocca sul dito.
«Particolari, hanno il colore del miele...»
Le mie guanceva andavano a fuoco. Gli strappai la ciocca di mano.
«Bethy, Bethy, io e te dobbiamo escogitare un piano.»
«No, noi... non dobbiamo fare proprio nulla.»
Si picchietto il mento.
«Allora, devo fare qualcosa di carino... Tipo portarti alla nostra casa al mare, domani.»Io gli risi in faccia. L'espressione che aveva era troppo buffa.
Thomas fece un respiro profondo, chiaramente esasperato.
«Prego, ridi pure.»
Mi ricomposi. «Io non vengo da nessuna parte con te.»
«Ma non abbiamo alternative.»
«No. Tu non hai alternative, io ne ho molte. Non sono le mie chiavi.»
Thomas rimase a guardarmi per un po', poi sfoderò un gran sorriso.
«Stai dicendo che non vuoi uscire con me?»
«Perspicace.»
«Perché?»
Alzai gli occhi al cielo. «Primo sei un'idiota»
Lui annuì.«Probabile.»
«Secondo non sono così disperata.»
«Ah no?» Sorrise.
Sentivo la rabbia salire. «Vattene.»
Lui ci pensò un po' su, poi rispose: «No.»
Basta. Non lo sopportavo più. «Come no?»
«Non me ne vado fino a quando non accetterai.»
Scesi dal bancone mi avvicinai alla porta e l'aprii.
«Fuori.»
Lui non si spostò di un millimetro e incrociò le braccia.
«Non mi muoverò di qui, finché non accetterai. Dormirò sul tuo divano, visito che ho anche il permesso di tua madre.»
«Non fai sul serio» dissi io stringendo la maniglia.
«Ohh, cara Bethy, io faccio sempre sul serio.»
«Menti.»
Lui scosse la testa e poi esito. «Non avrai mica paura di farti vedere in costume da me? Eh?»
Gli andai in contro gli afferrai il braccio e provai a tiralo verso la porta ma sembrava inchiodato al pavimento.
«Ma figurati!» Ma era proprio quello il problema, non volevo che vedesse ciò che avevo sulla schiena né tantomeno il mio corpo.
«E allora?»
«Tu non mi piaci.» Mi arresi e gli tirai un pugno sul petto.
«Non ho intenzione di rassegnarmi. Tu farai come ti dico.»
Sbuffai. «Altrimenti?»
Lui sorrise e si avvicinò al mio orecchio.«Dormirò sul tuo divano e condividerò il tuo bagno, per un lungo, lungo periodo.»
Io non risposi, lo continuai a guardare male.
«Allora domani alle cinque, prepara uno zaino con il cambio.»
«Perché?»
«Lo capirai...» disse lui sorridendo.
«Ti odio» sibilai.
«La cosa è reciproca.» Si diresse verso la porta ma prima di uscire si girò. «Scommetto che metterai un costume intero, perché probabilmente non ne hai a due pezzi.» E uscì.
L'avrei ucciso.
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Salve popolo😁
Allora che ne pensate di Thomas?
Io se fossi in Elizabeth l'avrei già strozzato🤗
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi aspetto al prossimo ❤️

Kimberly: Il Sangue RealeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora