Capitolo 12

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«Bethy!» urlò Thomas da dietro la porta.
Chiusi l'acqua della doccia e sbuffai, mai un momento tranquilla.
«Che vuoi!?» sbraitai io.
Mancava un giorno prima dell'inizio della scuola e io volevo passarmelo distesa sul divano a non fare nulla. Per di più la notte non avevo dormito nulla, quindi volevo solo dormire e aspettare che arrivasse domani.
«Devo andare a comprare il materiale per la scuola!» rispose.
Mi guardai in giro alla ricerca di qualcosa per coprirmi. Presi un enorme asciugamano e me lo avvolsi coprendo le parti più importanti, aprii la porta e mi appoggiai allo stipite, mentre delle goccioline d'acqua scivolavano sul mio corpo e cadevano a terra.
«E quindi?» chiesi sentendomi avvampare sotto il suo guardò compiaciuto.
Ormai non suonava neanche più al campanello, preferiva intrufolarsi usando i suoi fantastici poteri.
Mi osservò intensamente le gambe e poi il petto, che sosteneva magicamente l'asciugamano.
«Vieni» disse con voce roca e profonda da farmi venire i brividi.
«No?» risposi incerta.
«Non era una domanda ma un' affermazione» disse avvicinandosi pericolosamente.
«Sono bagnata» dissi incrociando le braccia al petto.
«Oh questo lo vedo Bethy e non sai quanto mi faccia piacere» disse sorridendo maliziosamente.
Fanculo anche agli stupidi doppi sensi. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
«Maniaco» borbottai.
«Non sai quanto e faresti meglio a lasciar cadere le braccia» disse ammiccando verso esse.
Io abbassai lo sguardo e capii subito il motivo per cui lo dovessi fare. Le lasciai cadere lungo i fianchi arrossendo violentemente.
«Sei il solito stronzetto» borbottai di nuovo. «E comunque non vengo, devo asciugarmi e ci metterei troppo» dissi spostandolo di lato con la mano e avviandomi verso l'armadio.
«Nessun problema» disse sogghignando.
Tutte le goccioline d'acqua iniziarono a risalire il mio corpo e i miei capelli, formando una bolla d'acqua sopra la mia testa, che volteggiò fino in bagno e si riverso nella vasca.
Mi passai una mano tra i capelli che ormai era completamente asciutti, come anche l'asciugamano che mi avvolgeva il corpo.
«Ora sei asciutta possiamo andare» disse in tono di sfida.
Dio quanto l'odiavo! Le aveva sempre tutte vinte!
Gli mostrai il dito medio e aprii l'armadio, presi un paio di jeans attillati neri e una felpa da uomo rosso porpora.
Mi voltai verso Thomas, che mi stava denudando con gli occhi e gli indicai la porta. «Esci.»
«E perché mai, se vuoi cambiarti puoi andare i bagno anche se io non ho nulla in contrario se lo vuoi fare qui» disse sorridendo maliziosamente.
«Sinceramente non ho voglia di farti vedere dove tengo la mia collezione d'intimo» dissi continuo ad agitare la mano verso la porta. «Quindi sei pregato d'uscire.»
«Per caso hai paura che te la rubi, come gli stalker?» chiese ridendo.
«Si, e magari inizi ad annusarla come i peggiori feticisti» borbottai.
«E chi te lo dice con non lo abbia già fatto, mutandine con gli orsacchiotti?» disse con un sorriso perverso.
«Escii!» sbottai, tirandogli addosso il cuscino.
Lui scoppiò a ridere e uscì dalla porta chiudendosela alle spalle.
Era il solito bastardo.
Forse è meglio se compri dell'intimo nuovo sogghignò la mia stramaledetta vocina interiore.
Aprii il cassetto del intimo e presi delle mutandine con in panda disegnato sul didietro abbinate a un reggiseno a balconcino, verde.
Non avrei mai rinunciato alle mie fighissime e sottolineo FIGHISSIME mutandine. Le amavo troppo soprattutto quelle con Elmo. E poi cosa dovevo farmene di mutande col pizzo degne di una squillo seriale, che ti tagliavano a metà il sedere?
Indossai il tutto, pettinai i capelli e infilai le covers bianche. Persi la borsa a tracolla e vi infilai il portafoglio e il telefono.
Uscii dalla camera andando quasi a sbattere addosso a Thomas che si era bloccato davanti alla porta.
«Andiamo?» chiesi cercando di spostarlo per scendere le scale. «Vacca ti vuoi spostare?!»
Mi guardava sorridente mentre facevo di tutto per spostarlo. Pesi la mira per assestargli un calcio dove non batte il sole ma lui sparì e ricomparì vicino alla porta.
«Allora andiamo?» chiese lui.
Imprecai mentalmente e scesi le scale, uscii in corridori e aspettai che lo facesse anche lui per poi chiudere la porta.
Scendemmo con l'ascensore fino al garage e stavolta invece dell'Aston Martin prendemmo la Porche.
Sentivo già la mancanza di Leia che purtroppo era stata costretta a partire di mattina ma prima era passata a salutarmi, promettendomi che ogni weekend sarebbe venuta a farmi visita.
Mi brontolava la pancia poiché era l'una e mezza e io dovevo ancora pranzare. E sapevo che quando si usciva con Thomas non si sapeva dove si andava e a che ora si tornava.
Appena cercai di allungare la mano verso la radio lui me la bloccò e mi guardò di traverso.
«Occhi sulla strada, non vorrai avermi sulla coscienza?» dissi mentre con altra mano mi liberavo dalla sua presa, per poi accendere la radio e collegarci il telefono.
Feci scorrere la playlist e feci partire una musica a caso.
Le note di Save me di Lestenbee iniziarono a riempire l'abitacolo, alzai il volume e cominciai a cantare incurante di Thomas.
Verso la fine della canzone Thomas abbassò un po' la musica e cercò di parlarmi ma lo zittii all'istante. Appena sentì le sue note scattai sull'attenti e rialzai il volume.
«Remember the moment you left me alone and
Broke every promise you ever made
I was an ocean, lost in the open
Nothing could take the pain away» inizia a cantare a squarciagola.
«So you can throw me to the wolves
Tomorrow I will come back
Leader of the whole pack
Beat me black and blue
Every wound will shape me
Every scar will build my throne» continuò Thomas.
Mi girai a guardarlo e poi inizia a muovere la testa come una pazza, tenendo il ritmo e lui fece lo stesso.
Alla fine della canzone scoppiammo entrambi a ridere come degli imbecilli.
«Non sapevo ti piacessero i Bring My The Horizon» disse lui mentre parcheggiava.
«Non conosci molte cose di me» disse ricomponendomi. «Comunque Thorn è la mia canzone preferita.»
Per me quella canzone era un inno alla battaglia, una battaglia a cui potevo vincere, dove sarei uscita a testa alta, costruendo il mio trono con le mie cicatrici e come dice la canzone:
"So you can throw me ti the wolves
Tomorrow I will come back
Leader of the whole pack
Beat me black and blue
Every wound will shepe me
Every scar will build my throne."
Scendemmo dall'auto, attraversammo la strada e entrammo al Paper Source.
Fui investita dal l'odore pungente della carta e della cannella, stana combinazione per una cancelleria. Dovunque posassi lo sguardo venivo catturata dalla mescolanza di colori sgargianti. Altro che cancelleria, in quel negozio vendevano di tutto: candele profumate, stoffe di ogni colore, scatole regalo, peluche, zaini, buste di ogni forma e dimensione ma soprattutto libri!
Feci un veloce resoconto di cosa mi serviva e senza badare minimamente a Thomas presi il minimo indispensabile: matite, penne, gomme, evidenziatori e quaderni. Amavo il caos, soprattutto nei miei quaderni, anche se cercavo di mettere in evidenza i titoli e le cose importanti. Erano un campo di battaglia pieni di asterischi, disegni e segni strani. Però tutti riuscivano a studiare con i miei appunti e con la mia calligrafia corsiva stile inglese.
Con le mie quattro cose strette tra le braccia mi diressi verso il reparto libri e cominciai a setacciare ogni titolo, come un cane antidroga in aeroporto.
Mi soffermai ad accarezzare la copertina di "Orgoglio e Pregiudizio" di Austen Jane.
Una mano bitorzoluta e rugosa di posò sul mio braccio e mi fece sussultare. «Scusa non volevo spaventarti» disse la vecchia accanto a me, mentre ritraeva la mano.
Vi voltai verso di lei e le sorrisi. «Non si preoccupi.»
Era minuta, con i capelli lunghi, color perla, raccolti in un chignon perfetto. Gli occhi piccoli a mandorla color grigio acciaio, erano circondati da rughe. Seppur anziana il suo viso aveva dei lineamenti delicati e mi fece pensare che da giovane doveva essere una donna bellissima e molto attraente. Era avvolta in un mantello beige, che mi impediva di vedere i suoi vestiti.
«Le assomigli molto» nella sua voce si sentì una nota di nostalgia. «Sei diventata bellissima.»
Non capii a chi si riferisse nel primo momento anche perché non mi pareva d'averla incontrata prima d'ora. Poi era strano che mia madre avesse amici qui a Manhattan con legami così stretti. Ma la domanda che mi sorse più spontanea era: dove vedeva la mia bellezza e la somiglianza con mia madre?
Aveva urgente bisogno d'andare da un'oculista, perché gli mancavano parecchie diottrie secondo me.
«Grazie» dissi imbarazzata, mentre posavo il libro.
La sua espressione divenne improvvisamente seria e con rapidità mi strinse le mani nelle sue, facendomi cadere a terra tutti i quaderni e le penne. Mi guardò intensamente negli occhi. «Sei in pericolo, non devi fidarti! Devi svegliarti! O soffrirai e alla fine morirai!» disse stringendomi più forte le mani, fino a far scricchiolare le ossa. Strinsi forte i denti per non urlare di dolore. «Ricordati hai ancora quattro mesi» sussurrò, lasciandomi le mani e in un battito di ciglia scomparve.
Chi era quella signora? Come conosceva mia madre? Che cosa voleva dire? Che senso aveva il fatto che dovevo svegliarmi?
Troppe domande e nessuna risposta. Stavano succedendo troppe cose e io avevo paura che da un momento all'altro sarei impazzita.
Una mano si appoggiò sulla mia spalla facendomi fare un gridolino.
«Bethy, tranquilla sono io» disse Thomas facendomi voltare verso di lui.
Fece un respiro profondo e si irrigidì, mi prese le mani e entrambi abbassammo lo sguardo sulle mie mani. Vidi tante piccole ragnatele di vene blu, partire dalle punta delle dita e salire lungo i polsi.
«Che cos'è?» chiesi, continuando a guardarmi le mani, mentre lentamente le vene andavamo a schiarirsi.
«Non lo so, Bethy» disse lui prendendole nelle sue. «Ma so che è stato uno di noi a farlo, ti ha lasciato addosso una sua traccia.»
«Quella vecchietta è una di voi?» chiesi.
Lasciò le mie mani e raccolse le cose che mi erano cadute, me le porse e mi prese per mano. «Ora paghiamo, poi con calma parliamo di cos'è successo va bene?»
Annuii e lo seguii alla cassa, dove pagammo per poi ritornare in macchina.
Appena seduta sul sedile la mia pancia iniziò a brontolare. «Che ne dici di parlare davanti un bel panino?» chiesi massaggiandomi la pancia.
«Si può fare» disse mettendo in moto e dirigendosi al McDonald's più vicino.
Entrammo e mentre Thomas faceva la fila per ordinare, io andai a prenderci un tavolo. Mi misi a sedere e iniziai a guardare la gente che mi circondava. Fra loro poteva asservì una persona come Thomas? E se sì, avrebbe potuto farmi del male?
C'erano così tante coppie di ragazzi della mia stessa età, con una vita normale e felice. Perché anch'io non potevo essere come loro? Una semplice ragazza, senza un passato triste, senza conoscenze strane, senza la preoccupazione di uscire di casa senza la guardia del corpo.
Fu distratta da dei gridolini femminili e mi girai a vedere ciò che causava tutto quel trambusto.
Thomas era stato circondato da un gruppetto di oche starnazzanti, che gli facevano le moine. Sapevo che per lui avere intorno gatte morte era la routine del giorno, ma il fatto che mi disturbava era che mi dava fastidio.
Sei gelosa disse la mia vocina. Appoggiai il mento sulla mano e tutte le oche starnazzanti si voltarono verso di me, con occhi infuocati.
Cercarono di trattenerlo ma lui teneva gli occhi incollati ai miei e le oltrepasso senza neanche salutarle. Poggiò il vassoio sul tavolo e si sedette difronte a me, facendomi un bellissimo sorriso, che mi fece arrossire.
«Per colpa tua le galline d'allenamento mi vogliono mangiare come se io fossi un vermiciattolo» dissi prendendo il mio panino e addentandolo.
«Solo io posso mangiarti» disse chinandosi in avanti per poi mordere il mio panino.
«Se non la finisci di magiare il mio cibo, ti ritroverai fatto a pezzettini nel mio congelatore» dissi sorridente.
Prese il suo panino e iniziò a divorarlo e in meno di due minuti fini tutto compresa la Coca-Cola.
Per fortuna che dovevo essere io la morta di fame.
«Allora dimmi cos'è successo con questa vecchietta» disse lui appoggiando il mento sul palmo delle mani, mentre mi fissava negli occhi.
Bevetti un po' di Coca-Cola per mandare giù il boccone e poi gli raccontai cosa mi aveva detto la signora.
Sembrava molto interessato e allo stesso tempo allarmato di ciò che mi aveva detto.
«Tu stai bene?» chiese squadrandomi.
Mi sembrava strano che non avesse dato la caccia a quella signora, come un segugio.
Annuii e presi un'altra patatina. «Devo preoccuparmi?»
«Non lo so... Ma da come l'hai descritta, dovrebbe essere una saggia» disse strofinandosi la guancia.
«Tipo Rafiki?» chiesi sorseggiando la mia bibita.
«Rafiki?» chiese lui confuso.
«Sì, Rafiki! Il saggio delle re leone, il mandrillo!» sporcai le dita con un po' di ketchup, mi sporsi in avanti e gli posai il pollice sulla fronte. «Simba!» dissi ridendo della sua faccia sconvolta. La sua fronte era imbrattata di rosso.
«Sei un po' sporco» dissi continuando a ridere, indicandogli la fronte.
«Simpatica» borbottò, facendo una smorfia e pulendosi la fronte con un tovagliolo.
«Dunque i saggi hanno un potere molto raro, riescono a leggere il futuro con un contatto fisico e siccome con te lo ha fatto...»
«Vuol dire che morirò» conclusi io in un sussurro.
«Ehi, tranquilla posso anche sbagliarmi, non ti permetterò di morire, comunque» disse lui prendendomi la mano e sorridendomi.
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Salve popolo😁
Mi scuso per il troppo tempo passato prima che uscisse un'altro capitolo, ma momentaneamente sono in crisi...
Quella vecchietta non mi convince... Che impressione vi ha fatto a voi?
Commentate e lasciare un po' di stelline, grazie. 😊
Ci vediamo al prossimo capitolo.
Ciao❤️

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 17, 2016 ⏰

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