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Racconto tutto alla mamma, che mi guarda con crescente orrore e disperazione.
"Non è possibile, si sono sbagliati! Sei giovane, non può essere successo a te!" Strilla, disperata.
Non si convince, lo vedo nel suo sguardo. Si ricompone, si alza e si incammina alla porta.
"Andiamo, Taiana" la seguo, già sapendo cosa vuol fare.
Entriamo in auto silenziose, guida veloce e attenta.
Stringe il volante così forte che le sbiancano le nocche.
Arriviamo alla clinica, White Oak, e scendiamo. Arriviamo dalla segretaria.
"Devo vedere il dottor Ferguson." Nessun convenevole né giri di parole.
"Ha un appuntamento?" Chiede lei.

"No, ma è una cosa di estrema urgenza. E prima che mi rifili la solita tiritera, sappia che ho fatto considerevoli donazioni.
Per cui non mi faccia perdere tempo, altrimenti la farò licenziare, e sarà grassa se non si ritrovi a fare la Clochard."
Cazzo! È passata alle minacce, ed è un brutto segno, bruttissimo.
La ragazza, intelligentemente, chiama subito il dottore.
Mia madre è una donna buona e gentile, ma quando fa così è meglio non mettersi contro di lei.
Soprattutto perché non fa minacce vane.
Il dottore arriva, e quando la vede, ci vede, sorride.
"Irina, che piacere! Che cosa posso fare per te?" Zelante è dir poco.
"Devi dare uno sguardo alle analisi di Taiana e fare controlli più approfonditi. Adesso."
Ferguson valuta velocemente la situazione.
"Ma certo, accomodiamoci nel mio studio" acconsente alla richiesta di mamma.
Il suo studio è come quello di ogni altro dottore.
Bianco, pulito, con attrezzature di vario genere e quegli orrendi poster, in cui c'è sempre gente felice.
"Posso vedere la tua cartella, Taiana?"
La tiro fuori e gliela passo in silenzio. La studia attentamente, e dopo un lungo tempo alza lo sguardo.
"Confermo la diagnosi di Ross.
Gli esami sono attenti e scrupolosi.
Mi dispiace." E lo è davvero, dispiaciuto.
Irina sbatte i pugni sulla scrivania e si alza, montandogli quasi sopra.
"Tu, omuncolo inetto, adesso prendi mia figlia e la rivolti come una calza! E vedi di trovare una soluzione e una cura, perché credimi, in caso contrario, questa sarà la tua ultima visita!"
Gli urla in faccia.
"Mamma! Adesso basta! Offendere e minacciare la gente non serve a nulla. Sono malata, sto morendo.
Lo devi accettare!" Le urlo di rimando.
"Non posso, io non..." scoppia in singhiozzi.
Nessuno muove un muscolo nella stanza. Le lasciamo il tempo e il diritto di sfogarsi. Una volta ricomposta, rivolgendosi al dottore, implora.
"Ti prego, Connor, dimmi che si può fare qualcosa!" È sull'orlo di una crisi isterica.
Il dottore prende tempo e poi risponde: "Irina, la situazione è grave, potremmo provare con chemioterapia e radio.
Ma non garantisco la guarigione.
Il cancro, di questo tipo e stadio, è aggressivo. Sarà doloroso e lungo.
Dovremmo sentire cosa vuole tua figlia."

Mi guardano, ma io non lo so cosa voglio.
Vorrei vivere, per Dimi e mio figlio. Sono troppo giovane per morire. Ma non voglio trascinare in questo calvario le persone che mi amano.
"Non lo so cosa voglio." Ammetto sinceramente "devo rifletterci bene, e poi deciderò."
La mamma mi guarda come se fossi pazza.
Mi alzo, saluto il dottore ed esco, senza curarmi del fatto che mi segua o meno.
Una volta fuori mi accendo una sigaretta.
"Non fumare!" Mi strilla.
"Perché, che può fare, uccidermi?"
Mi sorprende, sfilando una sigaretta dal pacchetto accendendola.
"Dobbiamo pensare a cosa fare.
Vuoi provare a curarti?" Domanda speranzosa.
"Non lo so mamma.
Ho visto quel che ha passato papà, e le conseguenze che ancora paghiamo.
Non voglio trascinarvi in questa cosa."
"Ma noi ti amiamo, vogliamo e dobbiamo starti vicini.
Siamo la tua famiglia, combatteremo con te!"
So che ne sarebbe capace, è una guerriera.
Ma penso a Dimi, a cosa dovrà passare in questi mesi.
Non posso, ha appena ritrovato il figlio e non sarò certo io a distruggerlo.
Un'idea mi balena all'improvviso in testa.
"Tu vuoi che io mi curi.
Va bene, lo farò, ma ad una condizione" mercanteggio.
"Certo, qualunque cosa" com'era prevedibile non sente neppure cosa le propongo.
"Non dirai mai niente a Dimitri.
Stasera quando tornerò a casa, gli dirò che non lo amo.
Che la nostra storia è finita.
Vedrà il bambino molto spesso, ma con me avrà chiuso.
Gli ho già fatto tanto, troppo male.
Adesso basta.
E se le cose dovessero andare male, un giorno, spiegagli che l'ho fatto perché lo amavo.
Questa è la condizione, se non accetti io non mi curo."
Mi guarda con gli occhi sgranati, ed alla fine certa che non stia scherzando, accetta.

"Lo farò." Non aggiunge altro, non ce n'è bisogno.
Risaliamo in auto, e mentre lei guida, mi preparo ad affrontare la prova più dura di tutta la vita.
Spezzare il cuore all'amore della mia vita. Di nuovo.

SIAE Falling In Love 2- Dark Love.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora