14.
Ero seduta su un lettino del pronto soccorso del Queen Mother's Hospital, in attesa di essere dimessa assieme a Lance.
Da quel che sapevo, gli stavano estraendo il proiettile dalla spalla, in una delle salette accanto all'astanteria.
I poliziotti avevano già preso nota di tutte le informazioni che avevamo potuto dare loro, e cioè molto poco.
Nel frattempo, i genitori di Leon erano giunti in ospedale per il riconoscimento del figlio.
Non ero voluta essere presente a quell'incontro tragico, ancora troppo turbata da ciò che era successo, e sentendomi tremendamente in colpa per la fine che aveva dovuto subire Leon.
L'uomo che mi dava la caccia non aveva dimostrato alcuna pietà e, nella mia totale incoscienza, io non l'avevo messo in conto, agendo da sprovveduta.
Accanto a me, Ellie mi teneva per mano pur senza realmente essere lì con la mente, persa a sua volta in mille pensieri, forse non dissimili dai miei.
Jerome, l'unico di noi a essere vigile e presente di spirito, controllava ogni minimo movimento del pronto soccorso, ben deciso a evitare che mi accadesse qualcos'altro.
Quella giornata senza senso aveva già avuto una deriva tragica; era preferibile che non peggiorasse ancora.
Kate, nel frattempo, non mi aveva ancora chiamata, segno che le indagini erano ancora in corso. Non che vi contassi molto, del resto.
Avvertito dell'accaduto, Duncan era stato rassicurato dal cugino circa le nostre condizioni di salute.
Io ero riuscita a rimanere al telefono con lui un paio di minuti appena, prima di crollare e scusarmi con lui.
In quel momento, non sarei stata in grado di sostenere alcun tipo di conversazione. Neppure con lui.
Gli odori intensi e aspri dei medicinali, così come dell'ammoniaca usata nel pronto soccorso, non mi diedero fastidio alcuno, per una volta.
Il mio cervello era come avvolto dall'ovatta, come se nessuno stimolo sensoriale esterno potesse toccarlo.
Ero come in coma. Ero sveglia, ma non del tutto.
Continuavo a rivivere, fotogramma dopo fotogramma, gli ultimi attimi di vita di Leon, in cui lui si avvicinava a me con un sorriso in viso e l'aria spavalda di sempre.
Poi quel sangue, quel mare di liquido denso e dal sapore metallico che mi aveva riempito il viso e il torace, dilagando su di me come una piena di fiume.
Quel fiume di morte aveva portato via con sé quella vita in maniera così ingiusta che, a stento, riuscivo ad accettarla come la realtà nuda e cruda.
Mi avevano ripulita in fretta dal sangue, imbottendomi di calmanti – che ovviamente non avevano funzionato – e infilandomi in una di quelle orrende camiciole di carta che usavano negli ospedali.
Era di un viscido color verde, che tanto fa pensare a cose rancide e andate a male.
Ero rimasta in stato catatonico per un'ora buona – facendo credere a tutti che i calmanti stessero funzionando, quando, in realtà, era stata la mia totale inedia a rendermi simile a un broccolo.
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L'eredità di Fenrir - Trilogia Werewolves Volume 2
WerewolfSEGUITO DI 'OCCHI DI LUPO' - (2^ Parte della Trilogia "Werewolves") - Brianna è finalmente all'università e, su di lei, gravano non solo gli impegni come lupa, ma anche come studentessa. A peggiorare il tutto, poi, compare un misterioso a...