Capitolo 4

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4.


Per una volta, in quelle ultime settimane, infilare il casco in testa non volle soltanto dire scorrazzare per le campagne londinesi.

Finalmente, stavo tornando a casa, almeno per quest'estate.

Gli esami erano finiti, il misterioso licantropo che aveva cercato di uccidermi non era più ricomparso – né era stato trovato, purtroppo – e io potevo tornare tra le mura amene di Matlock.

Almeno per qualche giorno, avrei goduto di una relativa pace prima del rendez-vous con gli altri clan.

Salii perciò sulla sella del Multistrada e, dopo aver sorriso al rombare del motore sotto di me, mi strinsi alla sua vita – le maniglie laterali le ignorai completamente – e decretai: "Parti quando vuoi."

Mandy aveva preso l'aereo per l'Italia il giorno prima, promettendomi di tornare a ottobre con una marea di gadget per Duncan e un regalo culinario per me.

Il rombo caratteristico della Ducati vibrò attorno a me, accarezzandomi e, quando Duncan infine prese la via di casa, pensai solo a godermi il viaggio.

Che i licantropi assassini e le voci misteriose nella mia testa attendessero il loro turno.

Ora, dovevo pensare un po' a divertirmi.

Lasciammo Londra dopo una buona mezz'ora di traffico cittadino, in cui Duncan si districò con l'abilità di un equilibrista su una corda.

Quando imboccammo finalmente la motorway M1, fu come se mi avessero tolto dalle spalle un peso enorme.

Liberarmi per qualche mese di quella città, per quanto io la adorassi nonostante i suoi ritmi caotici e da svenimento, era un sollievo.

Avrei riabbracciato i miei amici, i miei parenti, tutto il mio branco e, forse, avrei riacquistato quella fiducia in me stessa che, quel tentato omicidio, mi aveva fatto perdere di colpo.

Detestavo sentirmi così dipendente dagli altri eppure sapevo che, senza la presenza costante di Duncan, e il controllo del territorio da parte di Joshua, sarei impazzita molto prima della fine degli esami.

Era comunque un rospo enorme da mandar giù. Io, così indipendente e fiera!

Ma Duncan aveva ragione, qui non si trattava di essere indipendenti, ma di restare vivi. E, con quel tizio a piede libero, non era davvero concepibile, per me, rimanere da sola.

"Stai pensando così ad alta voce che è persino complicato tenerti fuori dalla mia testa. Non puoi proprio smettere di pensare a quel che sta succedendo, almeno per un paio d'ore, e goderti l'ebbrezza della velocità?" mi chiese di punto in bianco Duncan, sorprendendomi.

"Scusa, non volevo disturbarti nella guida. L'idea era, per l'appunto, di non pensarci, ma sembra che il mio cervello cospiri contro di me. Cercherò di mettervi un freno" ghignai, facendo la lingua dentro il casco. "E farò come dici. Mi godrò il viaggio. In fondo, non aspettavo altro. E poi, questa moto è fenomenale! Mi piace un sacco."

"Sono contento ti piaccia. Potremmo organizzare una gita sulle Highlands, se ti va, più avanti."

"Sarei felicissima di andarci..." ammisi, prima di chiedere: "... ma con il lavoro, come farai? Non puoi sempre lasciare la clinica in mano a Christine, o comincerà a pensare che ne approfitti."

Christine era una studentessa di veterinaria, che Duncan aveva trovato grazie ai buoni uffici di un suo collega di Matlock.

Da quando era entrata a far parte delle nostre vite, il lavoro di Duncan si era notevolmente alleggerito.

L'eredità di Fenrir - Trilogia Werewolves Volume 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora