capitolo 26

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Ignazio mi trascina dentro la stanza tenendomi per le ascelle, mentre io tengo le braccia incrociate e la bocca serrata in segno di disappunto. Mi tira su e mi sbatte, senza troppi complimenti, sulla sedia che occupavo prima di quel disperato tentativo di buttarmi sotto al letto. Mi lascia lì, torna verso la porta per chiuderla con decisione. Poi si gira e, a grandi falcate, viene verso di me. Si china e appoggia le mani sui braccioli della sedia.

"Ignazio..." inizio a dire

"No, no! Ora tu stai zitta fino a che non te lo dico io!" mi interrompe perentorio "ti ricordo che tu ti sei intrufolata in una stanza di albergo di nascosto. Non sei nella posizione di poter dire niente! Noi non vogliamo che ci vada di mezzo qualcun altro..."

sta alludendo al coinvolgimento di Giovanni, lo sa che è stato lui a darmi la chiave. Del resto, chi altro può essere stato? Ma lo so che non farebbe mai niente contro di lui.

"non lo faresti mai!" gli sibilo

"allora. Primo: non ti ho ancora autorizzato a parlare. Secondo: non mi mettere alla prova..." mi risponde fissandomi dritto negli occhi

"stronzo..." sussurro

"come scusa?" mi chiede lui girando un po' la testa e portando una mano dietro l'orecchio

sbuffo sonoramente e volto la testa di lato per guardare verso la finestra. Anche se fuori è buio pesto, anche se ci sono le imposte chiuse e le tende tirate. Tutto è meglio che guardare lui e i suoi occhi, la sua bocca, le sue braccia così vicine a me. Sto cominciando a sentire caldo. Un po' per la situazione, un po' per la sua vicinanza. E doverlo ammettere mi rende ancor più furiosa.

"Allora Mary, ora tu, con calma, mi spieghi perché sei qui e cosa vuoi ancora da me. Sei disposta a parlare civilmente, o hai ancora intenzione di comportarti come una bambina?" mi chiede

"una bambina?" chiedo scioccata tornando a guardarlo

"sì, una bambina, che fa di tutto per riavere il giocattolo che le è stato negato. Ma che fino a che ce lo aveva a disposizione, non lo apprezzava!"

Come durante il nostro primo confronto nel mio ufficio, mi alzo di scatto costringendolo a tirarsi su a sua volta. Gli punto l'indice praticamente sotto il naso.

"Se mai è successo che mi sia comportata in maniera infantile, è stato solo per adeguarmi alla persona che avevo di fronte! E comunque tu per me non hai mai rappresentato un giocattolo! Come puoi anche solo pensare queste cose di me?"

"e allora dimmelo perché cazzo sei qui!" mi urla lui spostando con decisione il mio dito dalla sua faccia

ho l'impulso irrefrenabile di abbracciarlo, non riesco a contenermi, cosi letteralmente mi butto su di lui, che rimane un attimo spiazzato, ma che poi risponde al mio abbraccio togliendomi quasi il respiro. Poi ci baciamo. Ed è come tornare a casa dopo tanto tempo, come respirare aria fresca dopo essere stato chiusa in una stanza troppo a lungo. Mi è mancato, mi è mancato tanto. Sono stata peggio di quanto mai potessi credere fosse possibile stare, dopo così poco tempo che ci frequentiamo. Eppure, ora che mi sono staccata dalle sue labbra, gli dico: "sgonfia le penne Boschetto, non sono qui per questo!"

"non sei qui perché ti mancavo? Sicuro, ti sei fatta tutte queste ore di viaggio solo per restituirmi un cazzo di ciondolino..." mi dice lui con sguardo malizioso prima di riprendere a baciarmi. Io lo assecondo per pochi attimi, poi continuo: "volevo davvero solo darti il ciondolo e volevo essere sicura che tu lo ricevessi. Tutto qua!"

ma ora sono io che ho ripreso a baciarlo. E poi è lui a staccarsi: "sai, devo dire che sono contento e sollevato di sentirti dire questo. Sarei venuto da te domani per fare altrettanto..." mi dice per poi gettarsi nuovamente sulla mia bocca e cominciare a muovere le sue mani su di me

"Scommettiamo Che Mi Ami?"{IB}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora