Di carne e di ossa

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Di carne e di ossa
11.Capitolo

Il buio era tutto ciò che lo circondava. Il freddo vento, era tutto ciò che mascherava i brividi di terrore che gli ricoprivano il corpo

Nero era il cielo, cosi come nera era anche la terra su cui camminava.

Nessun rumore si poteva udire, tranne il silenzio assordante che rimbombava come un'ombra invisibile nelle sue orecchie.

Ma lui non aveva paura della quiete che sembrava assediarlo.

In fondo il silenzio altro non è che il modo più facile per farci ragionare.
Un'arma a doppio taglio, secondo alcuni. Può ferire o può guarire, tutto dipende da come viene interpretato.
Anche l'artista migliore, per dare un significato logico alla sua opera d'arte, cerca di comunicare qualcosa che le parole non saprebbero neanche esprimere.
Anche lo scrittore più preparato, cerca di raccontare con il silenzio, quello che con il rumore diverrebbe soltanto confusione.

Ciò che spaventava quello che ormai si poteva definire - più che bambino - il ragazzo sopravvissuto, era il nero intenso che si poteva osservare da qualsiasi angolazione.
Si trovava in una stanza, o almeno credeva di trovarsi in una stanza, di cui non si poteva osservare nessun colore.
Era lui, in mezzo al nulla. Al vuoto più assoluto.
Ma tutto quello era strano, tutto ciò che c'era intorno a lui era strano.

Di colpo - nel buio della stanza - si iniziarono a vedere delle lievi luci arancioni, prodotte dal fuoco delle torce attaccate alle pareti umide, e in quel momento, iniziò anche a sentire freddo.
Un freddo gelido. Un freddo che tutto esprimeva eccetto sicurezza.
Il silenzio venne spazzato via dai passi pesanti e veloci di più persone che si muovevano quasi in sincronia.
Venne spazzato via dalle urla agghiaccianti.

Urla che li gelarono il sangue nelle vene, che per qualche secondo li tolsero il respiro, che lo spinsero a guardarsi attorno disorientato, alla ricerca di quel suono acuto che gli aveva stretto lo stomaco in una morsa pesante.

Cosa stava succedendo? Pensò.

E le grida continuarono, e divennero sempre più forti, più spaventose.
Il rumore dei passi veloci non si sentiva più, mentre la luce delle torce gli faceva notare la stanza grande e circolare nella quale si trovava, e metteva in vista le pareti di pietra, rigide e fredde.
Quando le urla ebbero fine, però, i passi ripresero, e davanti a lui apparvero delle persone vestite completamente di nero.
Come il nero che fino a poco prima lo circondava.

Non sapeva dire quante persone fossero. Ma in automatico la sua mano si mosse fino alla tasca destra dei suoi pantaloni, dove teneva - ormai per abitudine - la sua bacchetta.
La prese, cercando di lanciare uno stupeficium. Ma nulla uscì dalla sua bacchetta.
Nessuna luce, nessun incantesimo.
Ritentò, ma la sua magia sembrava come bloccata. Anzi, lui era bloccato.

Solo in quel momento si era reso conto che alle sue spalle c'erano due di quelli uomini vestiti di nero.
Solo in quel momento, mentre si voltava verso di loro, notò che il viso di questi era privo di occhi, o di bocca e di naso; era completamente nero.
Fece dei passi indietro, voltandosi velocemente verso le altre persone.

E in quel momento, mentre terrorizzato si guardava attorno, la sentì.

Sentì quella magia oscura che non sentiva più da tempo invadere ogni suo senso. La stessa magia che a sua insaputa si stava nutrendo di lui, prosciugando ogni sua forza, e rendendolo fragile di fronte al male che lo accerchiava.

Ogni scommessa, ha le sue conseguenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora