6

87 10 4
                                    

"Carter!" mi risvegliò dai miei pensieri un agente "E' l'ora del tuo turno per la chiamata settimanale." Mi disse freddo, uscendo dalla stanza senza aspettare una risposta.

La mia prima chiamata da qui dentro. La prima chiamata ai miei genitori da dentro queste quattro mura.

Cosa gli dirò? Dovrò dirgli che qui mi trovo malissimo? Che ho una sottospecie di stalker che mi perseguita? Dovrei forse dirgli che il cibo della mensa fa così schifo che tornerei volentieri a casa e mi andrebbero benissimo anche le verdure tanto odiate che faceva mia madre?

O forse dovrei inventarmi qualcosa come "Si mamma e papà, qui va tutto alla grande! Non preoccupatevi, si sta una favola!".

Mi avviai lentamente, passo dopo passo, trasportata da questi pensieri verso il corridoio in cui si trovavano i telefoni, senza sapere ancora cosa dire... E come li avrei dovuti salutare?!

"Carter?!" mi sventolò una mano davanti agl'occhi l'agente di sorveglianza "Sveglia! Telefono numero 2."

Probabilmente non era la prima volta che me lo ripeteva, ma assolta nei miei pensieri non ci feci molto caso e mi avvicinai all'antico marchingegno appeso al muro: i telefoni fissi? Insomma ragazzi, i tempi ormai sono cambiati!

Presi la cornetta in mano e mi guardai attorno, c'era un'altra ragazza in un telefono poco lontano dal mio: stata ridendo, probabilmente per quello che gli era stato detto dall'altro caso della cornetta. Come si fa ad essere così spensierati sapendo che il mondo là fuori sta andando avanti, mentre qui sembra non passare mai.

Guardai davanti a me e dopo un respiro profondo digitai il numero di casa, ascoltando ogni singolo squillo che mi divideva dai miei genitori, dalla mia famiglia, da quello che succedeva là fuori.

"Pronto?" sentire la voce di mia madre dall'altra parte non mi diede affatto sicurezza. Sentii solo un vuoto lacerarmi dentro, all'altezza del cuore, e cresceva, cresceva senza lasciarmi respirare.

"Mamma?" dissi con voce fin troppo flebile, tanto da pensare che non mi avesse sentita.

Il display attaccato al muro, segnata il tempo rimanente per la chiamata 14:25, e i secondi passavano, uno dopo l'altro, come a togliermi ogni energia.

Mi sedetti a terra non guardandolo e cercando di capire cosa stata blaterando mia madre.

"Tesoro mio! Come va lì? Lo so, è una domanda stupida ma-" sembrava non finire più e non respirare tra una parola e l'altra.

"Sto bene mamma, sto bene..." la bloccai mentendole "Voi?"

Avrei voluto dirle tutto, dirle che qui faceva tutto schifo, che non mi sentivo affatto bene, che volevo uscire, ma l'avrei fatta sentire ancora peggio di come probabilmente già stava.

"Noi... Noi si, stiamo bene... Stavamo aspettando una tua chiamata Connie, la stavamo aspettando da giorni... E' una settimana che non ti sentiamo e ci stavamo preoccupando parecchio..." sentii la preoccupazione nella sua voce, la sentii e non fece altro che farmi sentire peggio.

Pensavo che parlare con qualcuno che mi conoscesse mi avrebbe tirato un po' su, ma non fu così.

"Lo so mamma, ma posso chiamare solo una volta a settimana e non ho potuto chiamarvi prima..." dissi alzando lo sguardo e guardando quanto tempo rimanesse : 13.00

"Oh tesoro, non sai quanto ci manchi, anche a papà, ora non c'è è al lavoro, magari potrei chiam-"continuò a parlare a vanvera senza fermarsi mai.

"No mamma, ho solo 15 minuti, non riuscirebbe ad essere a casa in tempo..." dissi frustrata guardandomi le scarpe e sbattendo i piedi l'uno contro l'altro, cercando di non pensare a nulla.

Semper Fidelis || Kian LawleyWhere stories live. Discover now