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"Dai su!" disse alzandosi e porgendomi la mano affinché facessi lo stesso. Esitai qualche istante, spostando lo sguardo dalla sua mano, al suo viso, non sapendo se fidarmi o meno.

"Non ho nessuna brutta intenzione, fidati..." mi sorrise porgendomela ancora. Decisi di afferrarla, insicura rispetto alla sua presa, ma non sembrò farci molto caso lui.

Ci feci caso io invece, perché appena tornai con i piedi a terra mi sembrò di avere un peso in meno da portare alle spalle, come se mi avesse portato un po' più in su nella mia inevitabile caduta.

"Imbarazzante..." commentò dopo qualche minuto di cammino per i corridoi lunghi e senza meta del carcere. Non sapevo dove eravamo diretti, lo stavo seguendo e basta, senza pensarci, senza farmi troppi problemi, nel più completo silenzio.

"Dove stiamo andando?" chiesi dopo poco.

"Ha importanza?" mi rispose lui facendo spallucce.

"In realtà no." Ammisi continuando a guardarmi attorno. Non ero ancora riuscita a capire come mai fosse sempre così tutto tranquillo qui, come se il tempo andasse a rallentatore e rallentasse anche le persone che ci giravano attorno.

"Non deve esserci un buon rapporto tra te e Nathan." dissi cercando di iniziare una conversazione e spezzare quel muro di silenzio che ci divideva e sembrava non avere fine.

"Dici?" chiese ironico aprendo la porta che dava all'esterno.

Lo seguii nonostante non sapessi dove fossimo diretti, ma lui sembrava conoscere fin troppo bene questo posto al contrario mio.

"Dico dico..." risposi senza realmente sapere cosa dire: mi metteva in soggezione, era così freddo e le sue risposte date a monosillabi non mi aiutavano affatto. Lo seguii lungo il prato arrivando fino alla panchina di legno distrutta dal tempo.

Restammo in silenzio per minuti interi: mi guardai attorno e non vidi altro che un campo d'erba che finiva solamente con un muro o meglio, il muro che ci divideva dal mondo la fuori. E poteva sembrare banale perché era semplicemente un susseguirsi di mattoni grigi, senza colore, a dividerci dal mondo esterno eppure a guardarlo toglieva il fiato.

Kian non stacco un attimo gli occhi dal cielo: le nuvole grigie si muovevano velocemente spostate dal vento che ne portava altre ancora più scure, non lasciando neppure intravedere il cielo azzurro che si nascondeva sotto di esse.

"Posso farti una domanda?" chiesi stanca di tutto quel silenzio quasi opprimente.

"Se posso risponderti..." rispose chiudendo gli occhi e non spostando il viso dal cielo.

"Da quanto sei qui?" chiesi quasi insicura, chiudendomi dentro la mia felpa grigia forse troppo grande per me.

Aprì un occhio e spostò lo sguardo a malapena verso di me per rispondermi "Tre anni."

"Wow..." non riuscii a trattenermi pensando a quanto tempo si fosse perso stando qui dentro.

"Wow? Carter pensi sul serio sia da 'wow!' passare tre anni qui dentro?" mi chiese quasi sconvolto dalla mia reazione.

"Non era un 'wow, fantastico!' era un 'wow, è un sacco di tempo'..." spiegai mettendomi sulla difensiva "E poi come sai il mio nome?" chiesi pensandoci bene, non mi ero mai presentata e lui sembrava sapere già tutto.

"Connie Carter, qui le voci girano e più in fretta del previsto a volte..." mi disse quasi con tono ovvio.

"Ho notato..." risposi senza sapere continuare il discorso che avevo tentato d'iniziare.

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⏰ Last updated: Jul 12, 2016 ⏰

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Semper Fidelis || Kian LawleyWhere stories live. Discover now