"Era troppo per crederla vera;così complicata, immensa, insondabile.
E così bella, vista da lontano:
canyon d'ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo,
e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo
drappeggiate su potenti abissi."
-Jack KerouacEra una giornata fredda di novembre.
Come sempre il cielo era grigio e i marciapiedi piene di turisti.
Le strade erano invase dai famosi taxi gialli e ovunque girassi la testa, si vedevano solo grattacieli.
Tirai più in alto la mia sciarpa nera per coprire il naso dalla fredda brezza e misi la mano destra nella tascha del cappotto.
Turisti provenienti da ogni parte del mondo facevano foto ad ogni angolo di strada. La "grande mela" piaceva a tutti, restavano affascinati dalla città che non dormiva mai.
Tutti volevano venire a New York, pure io.
Abbandonai la soleggiata e afosa Florida per realizzare un sogno, quello di diventare un'attrice a tutti gli effetti.
Volevo recitare a Broadway, e sapevo che la strada sarebbe stata lunga e faticosa.
Quando mi chiedevano che mestiere volessi fare, io dicevo loro l'attrice. Ovviamente le risate o gli sguardi di pena non mancavano. Nella mia scuola partecipava sempre alle recite e la sensazione che provavo sul palcoscenico era indescrivibile, era come se per due ore dimenticassi chi fossi e mi trasformassi in qualcun altro.
Proveniente da una famiglia non ricca, non potevo e non volevo chiedere soldi ai miei genitori per mantenermi a New York. Trovai lavoro come barista e anche se la paga era misera, mi permetteva di pagare l'affitto e di mangiare.
I miei genitori sapevano che sarebbe arrivato il momento in cui me ne sarei andata per realizzare il mio sogno, nonostante fossero contrari.
'È un lavoro che non ti porta da mangiare' dicevano. Per loro avrei dovuto fare qualcosa di più concreto, come il medico o l'avvocato. D'altronde quale genitore non vuole che il proprio figlio trovi un lavoro stabile e dal quale può guadagnare bene.
Ultimamente iniziavo a dare ragione ai miei, siccome andare avanti ogni giorno diventava sempre più difficile.
Una parte di me voleva ritornare in Florida. Mi ricordavo ancora le serate passate in spiaggia fino a tardi, i bagni nell'oceano a mezzanotte, le uscite con gli amici... Quella parte di me voleva ritornare indietro a quando non avevo nessun problema, da adulto.
L'altra parte invece mi diceva di non mollare. Ero arrivata fin là e l'unica cosa che mi mancava era una piccola spinta. Forse era anche l'orgoglio che mi diceva di farlo. Non volevo dare ragione ai miei; volevo dimostrare loro che potevo farcela.
Mi affretti ad attraversare la strada facendomi spazio tra le persone.
Dopo poco arrivai davanti al condominio dove vivevo. Presi le chiavi dalla borsa e iniziai a salire le scale. Avrei preso l'ascensore, sfortunatamente era rotto da prima che io traslocassi lì.
Non essendo in forma, dopo pochi scalini ebbi già il fiatone grazie anche alla borsa della spesa. Trascinai i piedi fino a davanti alla mia porta dove inserì la chiave nella serratura.
Mi tolsi il cappotto e la sciarpa.
Appoggiai la borsa della spesa sul tavolo della cucina e iniziai a tirare fuori quello che avevo comprato.
Non avevo comprato molto, prendevo soprattutto dolci e caffè. Sapevo cucinare quel tanto che bastava per non morire di fare o andare ogni sera in qualche fast-food.
Presi la scatolina del tè e la misi nella credenza quando sentì qualcuno bussare alla mia porta.
Guardai dallo spioncino e vidi la mia vicina, la signora Healy.
<< Buongiorno April. Mi chiedevo se ti piacerebbe venire da me così beviamo una bella tazza di tè bollente. >> mi disse la signora Healy con un sorriso dolce stampato sul viso, tipico di lei.
<< Certo, aspetti che prendo una confezione di biscotti che ho comprato prima. Le assicuro che sono buonissimi. >> dissi e mi girai per andare a prenderli.
<< Cara, lascia stare quella roba preconfezionata. Ho fatto io i biscotti. Appena tolti dal forno. >>
Non potevo essere più felice di così. I suoi biscotti erano una cosa demenziale e pieni di cioccolata, come piacevano a me.
Lasciai stare i biscotti comprati e afferraí le chiavi di casa. Mi assicurai di chiudere la porta e andai alla porta affianco, dove lei viveva.
Appena entrata, le mie narici furono invase dal profumo di biscotti proveniente dalla cucina.
<< Aspettami pure sulla poltrona. >> mi intimó la signora.
Feci come disse e andai sulla poltrona rossa ormai consumata. Dalla finestra affianco si poteva vedere una parte della città con i suoi abitanti che non si fermavano mai un attimo.
Come sempre, sul tavolino che divideva le due poltrone, c'era la foto di un giovane ragazzo. La signora Healy diceva che si trattava del suo nipote, Matthew.
La foto doveva risalire a parecchi anni prima siccome era un po' sbiadita e la signora Healy era un po' più giovane.
Il ragazzo della foto aveva i capelli ricci e neri sparati dapperttutto e due occhi scuri e profondi. Stava abbracciato alla sua nonna e sorrideva all'obiettivo.
Da quando abitavo a New York non avevo mai visto nessun parente suo venire a farle visita. Diceva sempre che erano troppo impegnati col lavoro ma che dall'altra parte li capiva. Infine diceva chi vorrebbe mai fare visita a una vecchia noiosa. Non sembrava triste quando lo diceva, o forse non voleva mostrarlo.
Da quando abitavo in questo caos, lei era stata il mio punto di riferimento. All'inizio quando non avevo soldi nemmeno per la metropolitana, lei con gentilezza mi invitava a mangiare un pasto caldo da lei. Quando tutto andava male, lei era lì per incoraggiarmi e darmi la forza per andare avanti. Lei è stata la nonna che non ho mai avuto, siccome la mia se n'era andata quando ero ancora piccola.
I miei pensieri furono interrotti dal suo arrivo con due tazze di tè e un piatto abbondante di biscotti squisiti.
Il rituale del tè avveniva sempre alle diciassette in punto a casa della signora Healy.
Lei era nata e cresciuta in Inghilterra e le era sempre rimasta questa usanza di bere il tè al pomeriggio. D'altronde si poteva notare che fosse inglese non solo dal suo accento ma anche dai vari ritratti della regina d'Inghilterra sparsi per la casa.
Presi la mia tazza e la portai vicino alla bocca. Soffiai e una nuvoletta di vapore si piazzó davanti a me e che un attimo dopo scomparve.
<< Come ti è andata la giornata, cara? >> mi chiese lei dopo aver preso un sorso della bevanda.
Le mie giornate scorrevano sempre nello stesso modo. Lavoro - casa - lavoro. Non avevo amici qui, quindi non uscivo quasi mai la sera, anche perché dovevo lavorare.
<< Bene. >> risposi con un sorriso. La risposta mi veniva ormai automatica, senza pensare se veramente stessi bene o meno.
Lei come risposta mi sorrise indietro e iniziò a raccontarmi della sua giornata.
<< Sai la signora che abita al terzo piano? Ha lasciato di nuovo il rubinetto aperto e ha allagato tutto. >> disse prima di mangiare un biscotto.
Io mi limitavo ad annuire con la testa e di fare qualche sorriso. In fondo forse era di questo che avevamo bisogno: lei di qualcuno che l'ascolti e io di qualcuno che ci sia per me.
Dopo un'ora di chiacchiere, mi ritirai nella mia casetta.
Mi cambiai e andaí di nuovo al lavoro.
Una volta arrivata, c'era già Willow con il suo sorriso sempre eterno stampato sul suo volto angelico.
Mi salutò con una mano mentre parlava con un uomo da dietro il bancone.
<< Comunque se ti va potremo uscire un giorno. >> disse l'uomo seduto.
Willow attirava tutte le attenzioni dei maschi. A volte mi chiedevo cosa ci facesse ancora in quel bar squallido a servire agli ubriaconi quando poteva benissimo trovare il lavoro che voleva con il suo visino.
Ad essere sincera un po' la invidiavo. Volevo avere la sua disinvoltura con le persone, si insomma una con la battuta sempre pronta. Invece no, io ero il contrario. Io ero quella che di mattina entrava in un negozio e diceva buonasera.
<< Facciamo per un'altra volta, Jim. >> rispose infine Willow mentre si spostava una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
La serata trascorse normale finché non sentì il telefono vibrare dentro la tasca dei jeans.
Mentre nella mano destra avevo il vassoio con le birre sopra, cercavo di prendere il telefono con la sinistra.
Notai che si trattava di un numero che non avevo salvato nella rubrica. Sentivo gli occhi puntati del direttore su di me così decisi di ignorare la chiamata.
Era strano che qualcuno mi chiamasse, non davo quasi mai il mio numero in giro.
Dopo un altro paio di minuti, lo stesso numero mi richiamó. Con una scusa scappai in bagno e decisi di rispondere.
<< Pronto? >>
<< Pronto? Sono la signora Jenkins del terzo piano. So che lei conosce bene la signora Healy e mi chiedevo come mai non rispondesse alla porta. >>
Rimasi stupita, non sapevo avesse il mio numero di telefono.
<< Magari si è addormentata. >> dissi tagliando corto non sapendo che dire.
<< Strano. Mi aveva chiamata poco fa per portarle la teglia per i dolci che mi ha prestato. Potresti venire e vedere se sta bene? >> sembrava preoccupata dal suo tono di voce.
In effetti anche a me pareva strano, ma non potevo di certo andarmene dal lavoro.
<< Senta, non posso uscire dal lavoro. Magari si è addormentata con la tv accesa e non la sente. Appena stacco andrò da lei. >> la assicuro.
<< Va bene, ma comunque dentro non si sente nessun rumore. >>
Questo le sembrò ancora più strano. Di solito la signora Healy aveva un sonno leggero e al minimo rumore si svegliava. Mi ricordo quando ritornavo tardi a casa e lei il giorno dopo mi chiedeva come mai, siccome sentiva la porta sbattere.
E se si era sentita male? Mille paranoie mi assalirono e decisi di fare questo sforzo e andare a casa a controllare.
<< Va bene, arrivo. >>
Avevo bisogno di una scusa bella e buona.
Uscì dal bagno con una faccia preoccupata e andai dal direttore.
<< Penso di aver dimenticato il forno acceso. >> fu la prima cosa che mi uscì di bocca.
Lui mi guardò con un aria perplessa.
<< La prego, tra mezz'ora sono qui. Abito a qualche isolato da qui. Non posso rischiare di incendiare la casa. >> lo implorai sperando che ci caschi.
Dopo qualche secondo con una faccia seccata mi disse: << Va bene, vai. Ma ti ricordo che quella mezz'ora ti sarà scalata dalla paga. >>
Presi il cappotto e la borsa e uscì di corsa.
Dopo una camminata veloce ebbi il fiatone. Salì di corsa le scale e finalmente arrivai davanti alla porta della mia vicina.
Lì ad aspettarmi c'era anche la signora Jenkins con la teglia in mano.
<< Grazie al cielo sei qui. Ho provato a suonare il campanello di nuovo ma niente. Non risponde. >>
Suonai anch'io e restai in silenzio ad ascoltare eventuali rumori. Niente.
Cercai la chiave di riserva dentro il vaso che la signora Healy teneva nascosta.
Aprì la porta e la tv in salotto era spenta ma di lei nessuna traccia.
<< Signora Healy? >> la chiamai ma non ricevetti nessuna risposta.
Entrai piano, con la mia vicina alle caviglie, e andai in cucina. Non c'era.
L'appartamento non era grande quindi mi restava il bagno e la camera da letto. Decisi di tentare la seconda opzione.
Appena entrata la vidi stesa sul letto, come se stesse dormendo.
Mi avvicinai con un brutto presentimento.
Le mani iniziarono a tremare. Le gambe pesavano più del solito e facevo fatica a muovermi.
Mi avvicinai piano e mi sedetti vicino a lei.
<< Signora Healy... >> dissi quasi in un sussurro mentre appoggiai la mano sulla sua spalla e la scuotevo piano come per svegliarla.
Niente.
Lei sembrava così tranquilla.
Senza rendermene conto le lacrime iniziarono a rigarmi il viso.
Sentì dietro di me la signora Jenkins che stava parlando con qualcuno.
Non era vero, questo non succedeva a me. Era solo un incubo e io tra qualche istante mi sarei svegliata. Sarei ritornata a bere il tè e a mangiare i biscotti alle diciassette in punto.
Non so quanto sono rimasta lì accanto a lei finché non sentì due mani appoggiarsi sulle mie spalle.
Non riuscivo a sentire quello che mi dicevano. Mi spostarono e io non opposi resistenza, non avevo la forza.
Mi sentivo male. Sentivo la testa scoppiarmi e le lacrime non la smettevano di scendere. Una parte di me era morta insieme a lei.
Vedevo quello dell'ambulanza cercare di rianimarla, tutto invano.
Lei se n'era andata.
Mi aveva abbandonata.
L'unica persona che mi abbia mai fatto sentire a casa, mi ha lasciata da sola in questa gabbia di cemento.
Ero sola, di nuovo, e distrutta.-------------------------------------------------------
Eccomi con una nuova fanfiction 😸
È da un po' di tempo che avevo quest'idea in mente è finalmente mi sono decisa di mettermi all'opera.
Sì, è una ff su Matty Healy. Anche se fin'ora l'ho accennato solo una volta, lui ci sarà forse nel prossimo capitolo. Come avrete visto non voglio affrettare le cose.
Mhh non so più cosa dire... se vi piace commentate e stellinate 💕 amanti dei THE1975 fatevi sentire 👊
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She's American//Matty Healy//[SOSPESA]
FanfictionNew York. Destinazione di molte persone. April Flower si trova nella grande mela per realizzare il suo sogno, quello di diventare un'attrice. La sua vita riceverà un'ulteriore svolta quando una tra le poche persone che le è stata vicina, muore. Ap...