L'aula della IV A

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Ero stata fortunata per quasi tutto l'anno.
Erano pochi i banchi nei quali non dovevi faticare troppo per muoverti.
C'erano alcuni posti talmente stretti da non potersi nemmeno allacciare una scarpa o prendere un libro da sotto il banco.
Inoltre in quella maledetta classe c'era un caldo tremendo e l'aria pesante era irrespirabile.
Un inferno, insomma.
Infatti la ricreazione era per noi un momento meraviglioso. Un momento in cui non dovevamo passare il tempo in una trappola per topi: quindici minuti di vivibilità.
Io e la mia amica Sara avevamo trovato un posto delizioso in cui stare in quel quarto d'ora: il pianerottolo davanti alla porta del quarto piano.
Lì non c'era mai nessuno: nè i professori, nè gli studenti.
Ben presto anche Margherita, la mia compagna di banco, si unì a me e Sara.
Dal pianerottolo parlavamo, spiavamo il piano di sotto dallo stacco tra il muro e il pavimento, giocavamo a calcio con la carta della focaccia...
Infatti, se non fosse stato per quel maledetto spazio tra il pavimento e il muro e se la pallina di carta non fosse caduta giù da lì per finire dritta dritta in testa al preside, saremmo potute rimanere lì.
Ma il preside salì fino a dove eravamo noi, spiegandoci di non dover mai più andare dal pianerottolo.
Io e Sara non gli demmo molto ascolto, limitandoci ad un secco "ok".
Margherita invece, che era e rimarrà sempre la brava ragazza del trio, si scusò e promise di non tornarci più.
Lei obbedì, ma io e Sara no.
Volevamo entrare nel quarto piano.
C'erano due porte per entrare. Una subito dal pianerottolo, una subito dopo un breve corridoio.
Questa è la storia di un grande errore che abbiamo commesso.
Un errore che non commetteremo più nella nostra vita.

Il quarto piano Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora