7 - Ragazzi poeti

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Lasciai che l'acqua mi scivolasse su ogni curva del corpo non appena mi infilai sotto la doccia. Insieme a quel getto, avrei voluto tanto che uscissero anche tutti quei pensieri pesanti che avevo in testa, per poi scivolarmi addosso e scomparire fluidamente nel tubo di scarico. Purtroppo, solo l'acqua fece quella fine. I miei pensieri, invece, rimasero ancora ben saldi nel mio cervello, aggrappati con le unghie alla mia frenetica e stanca mente. Come mi capitava ormai tutti i giorni, ruotavano intorno alla mia testa i volti delle persone a cui pensavo continuamente anche contro il mio volere.
Prima fra tutti, quella sera, c'era Stacie. Quel giorno, durante la pausa pranzo, litigai con lei.
Quando entrai in mensa, la prima cosa che feci fu raggiungere Stacie al solito tavolo senza prendere del cibo ai banconi.
- Io e te dobbiamo chiarire delle cose! - sbottai non appena giunsi alla ragazza che stava per cominciare a mangiare la sua porzione di minestra insieme ai suoi colleghi Ralph e Melanie.
Perfetto, non mi aveva neanche aspettata per il pranzo e si era già organizzata con quei due! Qualcosa mi disse che non si trattò di un caso, ma poco mi importò: io di certo non sarei comunque rimasta a mangiare al tavolo con lei.
Lei mi guardò, stranita, come se non sapesse il motivo per cui mi rivolsi a lei in quel modo.
- Che succede? - mi chiese Stacie facendo finta di non capire. La recitazione, in quel momento, non era il suo forte.
- Lo sai benissimo - le risposi con convinzione. - Come hai potuto scrivere di me sul giornalino? Ti avevo detto di non farlo!
Stacie si schiarì la voce e si mise dritta con la schiena, poi si sistemò bene gli occhiali sul naso.
- Io invece ti avevo avvertita, perciò non fare tanto la sorpresa - mi disse lei cercando di togliersi ogni torto. Io rimasi a bocca aperta. Non avevo mai visto una Stacie così acida. Mi sentivo leggermente presa per i fondelli.
- Per colpa tua, adesso tutti mi guardano e sento pronunciare il mio nome in continuazione! Complimenti! - continuai a lamentarmi sbattendo le braccia lungo i fianchi. Sapevo che quella mia sfuriata avrebbe comportato ad essere ancora al centro dell'attenzione, ma non potevo non dire la mia. Stacie doveva sapere che mi aveva profondamente delusa, anche se molto probabilmente lo sapeva già. Solo che a lei non importava affatto.
- Senti, parlare degli studenti di questa scuola è il mio lavoro, okay? - si difese la ragazza indicandosi con un dito. - Io dirigo il giornale, di conseguenza scrivo quello che voglio! - continuò lei.
- Se questo lo consideri un lavoro, sappi che ne hai uno senza dignità - le sibilai una volta essermi avvicinata a lei. Mi appoggiai al tavolo e guardai Stacie dritta negli occhi.
- Non ho scritto niente di male, comunque - provò lei a giustificarsi con un'altra frase. - Insomma, non ho mica detto che hai scopato con Valentin nei bagni!
A quelle parole, sentii gli altri ridere. Avrei voluto tanto farli fuori tutti quanti.
- Sapevi che non volevo apparire sul giornale, doveva bastarti per non scrivere quegli articoli su di me! - le dissi alzandomi dal tavolo sul quale mi ero appena poggiata ed indietreggiai di qualche passo.
- Avresti potuto dirmi di non farlo anche altre cento volte, io li avrei scritti lo stesso.
- Vai a farti fottere, allora! - sbottai ancora una volta incurante delle voci e degli sguardi degli altri studenti. Pensandoci bene, perché mi sarei dovuta preoccupare dei loro pareri se ormai ero già conosciuta da tutti? Per quanto fosse difficile pensarla in quel modo, mi impegnai a fregarmi di tutto e di tutti. In quel momento non riuscivo più a ragionare e i miei occhi vedevano solo la figura di Stacie diventare sempre più sfocata; la vedevo scomparire perché quella figura dolce che l'aveva accompagnata fino a quel giorno, stava gradualmente svanendo. Ed io mi ricredetti su ciò che lei era davvero: una falsa ragazza che mostrava il suo finto lato buono per raccogliere notizie per il suo giornale. Gwen aveva perfettamente ragione. Dovevo stare attenta, ma quando lei mi avvertì era già troppo tardi.
- Tanto, anche senza quegli articoli, la gente aveva già cominciato a parlare di te sin dal primo giorno di scuola! - sentii la giornalista urlarmi alle spalle per farsi sentire, ma io la ignorai. Non avevo più voglia di discutere.
Mentre mi allontanai da Stacie, decisi che quel giorno non avrei mangiato. La rabbia mi aveva chiuso lo stomaco, non sarei riuscita a mangiare, per di più là dentro.
Poco prima di uscire dalla mensa, mi voltai verso il tavolo di Valentin. Lo feci d'istinto, come ogni volta che lo cercavo con lo sguardo, e lo vidi sorridermi scuotendo la testa. Teneva in mano il suo solito libro aperto e vicino ad esso stava un torsolo di mela. Quel ragazzo aveva assistito alla mia litigata con Stacie, ne ero certa. E chissà cosa ne pensava, mi chiesi. Poi me ne andai.
Valentin era un altro a cui pensavo sempre più frequentemente in quel periodo.
Mi insaponai i capelli, chiusi gli occhi e per la testa mi passarono le immagini del breve incontro con quel finlandese, avvenuto a inizio giornata. Pensai ai suoi occhi, alla sua voce, al suo sorriso pieno di malizia, alle sue labbra sempre in compagnia di una sigaretta, a quel complimento:"sei più sexy così arrabbiata".
Appena sentii quelle parole, le mie ginocchia rischiarono di cedere. Ero così imbarazzata che avrei voluto schioccare le dita e sparire in un baleno, ma dentro di me non c'era solo l'imbarazzo che faceva bruciare le mie guance, ma anche quella forte agitazione, o forse paura, che Valentin mi faceva provare ogni volta che mi rivolgeva la parola.
Insieme al volto di Virtanen, si mescolava quello di Andrew. Non riuscivo a smettere di pensare a quella sera in cui lui mi scaricò definitivamente. Non mi sarei mai aspettata che lui volesse cambiare idea su di noi, ma lo fece. Non riuscivo a digerirlo.
Un altro ragazzo che si divertiva ad occupare le camere del mio cervello era senza dubbio Victor, la persona che mi preoccupava più di tutte. Quel ragazzo trovava sempre un pretesto per parlarmi, nonostante i miei continui rifiuti. Si era ormai montato la testa: credeva che io fossi la ragazza giusta per lui e prima o poi, secondo le sue idee, io avrei ceduto al suo amore. Si fa per dire, "amore".
Durante il primo cambio dell'ora, Victor venne al mio banco, infuriato, e sbatté una copia del giornale sul tavolo.
- Cosa sono questi? - mi chiese lui indicandomi un punto sul mensile.
- Ehm... articoli di giornale? - risposi prendendolo per fesso.
- Che simpatica - commentò Vic, irritato. - Da quando ci provi con Valentin Virtanen?
- Non so se hai letto bene, ma è lui che ci prova con me - lo corressi e trattenni una risata. Victor stava diventando sempre più scemo ogni giorno che passava.
- Fa lo stesso! - sorvolò. - Allora? Che mi dici?
- Prima di tutto, calmati - lo invitai ad abbassare la voce. - E poi, cos'hai da arrabbiarti tanto? Io e te non stiamo nemmeno insieme - tenni a precisare.
- Virtanen deve sapere che può anche arrendersi! - disse Victor, sicuro di sé, e sentii Alexandra, seduta accanto a me, ridere sotto una mano. Stava per contagiarmi.
- Che cazzo ridi, tu? - si rivolse Vic ad Alex.
- Credo proprio che quello che dovrebbe arrendersi sei tu, dato che ti cagheresti sotto se Virtanen ti minacciasse - disse la ragazza e Victor non la prese per niente bene.
- Io potrei far fuori quell'idiota con un solo cazzotto, magro com'è! - si vantò lui di essere più robusto di Valentin.
- Ma stai zitto, va'! - lo smentì Alex continuando a ridere. Vic cominciò a spazientirsi, ma ignorò Alex e si voltò ancora verso di me.
- Comunque - cominciò la frase. - Mi manca ancora poco e la poesia per te sarà finita - mi avvisò lui, soddisfatto. A giudicare dal fatto che ci stesse impiegando dei giorni a scriverla, mi aspettavo un componimento lungo tre metri. Anzi, un componimento di scemenze lungo tre metri. Che io ne sapevo, Vic non era un asso in letteratura.
- Senti Victor, io stavo scherzando quando ti ho detto di scrivermi una poesia, okay? Non me ne frega niente, non la voglio! Non credo che ti sia ancora chiara questa cosa! - sbottai, ormai stanca di tenere testa a quel matto. Credevo che essere ironica mi fosse d'aiuto per sopportare quel ragazzo, ma dopo un po' di tempo diventò davvero pesante e difficile andare avanti in quel modo.
- Io invece credo che se tu la leggerai, cadrai ai miei piedi!
- Basta, io non ce la faccio più - dissi e mi alzai dal banco con l'intento di uscire dalla classe, ma Victor mi raggiunse.
- Che ti prende? - mi chiese lui picchiettandomi un fianco, ma io lo scansai immediatamente.
- Si può sapere perché sei così fissato con me? Io non ti voglio, non mi piaci e devi metterti in testa che non voglio essere toccata da te mai più! - sbottai alzando la voce e, ancora una volta, mi ritrovai ad essere il bersaglio di tanti occhi indiscreti.
- Non scaldarti tanto!
- Senti, se continui così, ne parlerò con la preside, ti avviso!- lo avvertii puntandogli un dito in faccia e lui alzò le mani in aria come se in realtà gli avessi puntato una pistola. Glielo leggevo in viso che, in realtà, non era spaventato. Il suo era soltanto uno dei suoi innumerevoli ed odiosi giochi. Come me, spesso gli piaceva prendermi per i fondelli.
Quella sera non fu la prima volta che pensai a quella scena con Victor. Ci pensai bensì tutto il giorno, con il risultato che quella fu davvero una giornata pessima. Una da dimenticare subito, magari con una doccia, proprio come volli fare io, ma a ben poco servì.

Baciata dalla lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora