20 - Le lacrime di Gwen

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Non ero mai stata a casa di Gwen prima di quel giorno, eppure non ero nervosa. Anzi, se dovevo avere un motivo per cui essere preoccupata non era quello di posare con lei e di indossare vestiti che a me non sarebbero stati bene, ma la probabilità di esser rimasta incinta.
Quando Valentin mi accompagnò alla fermata del pullman, scesi dalla macchina sospirando e cominciarono a tremarmi le gambe. Avevo paura di tornare a casa, di guardare in faccia papà e Caroline perché temevo che potessero leggermi in faccia ciò che accadde quella notte. Mi sentivo come se avessi scritto in fronte HO PASSATO LA NOTTE CON VALENTIN E FORSE SONO INCINTA.
Per fortuna andò tutto bene. Mio padre mi fece un paio di domande sulla presunta serata passata a casa di Alex, io m'inventai le risposte più semplici cercando di sembrare credibile e poi mi chiusi in camera. Mi chiesi se nascondere la mia relazione con Valentin a Caroline e papà avesse potuto aiutarmi ancora per molto, ma avevo una gran paura che presto sarebbe potuto aggiungersi qualcos'altro da dover proteggere: la mia non sicura gravidanza.
Usai il navigatore per raggiungere la casa di Gwen, poiché non ebbi mai l'occasione prima d'allora di andarla a trovare. Dopo aver varcato un immenso cancello in ferro battuto, entrai in un vasto cortile e mi guardai attorno, meravigliata. Mi fermai per qualche secondo in un punto dell'area e abbassai il finestrino per osservare meglio il paesaggio verde che mi circondava. Il giardino di Gwen era enorme, così come la casa: alta, bianca e con dei particolari in pietra che le davano un tocco casereccio, tipico delle campagne.
Lei abitava un po' lontano dal centro città, infatti.
E quella proprietà pareva uscita da un paesaggio delle favole.
- Ben arrivata! - mi accolse Gwen e la vidi scendere le poche scale che stavano davanti al portone. Mi voltai a guardarla e la salutai con un cenno di mano. Subito dopo parcheggiai e, quando scesi dalla macchina, Gwen stava già davanti a me in attesa di un abbraccio. Le allacciai le braccia attorno al corpo e lei mi strinse forte, quasi come se fossero passati anni prima di quell'incontro.
- Gwen, la tua casa è pazzesca - commentai sciogliendomi da quel contatto e ripresi a guardarmi intorno.
- Grazie - le fece piacere sentirselo dire. - Vieni, ti faccio vedere l'interno - mi prese per mano e mi condusse dentro la dimora. Da suoi passi lunghi intuii che aveva molta fretta di cominciare la sessione di fotografie, di divertirsi con me.
Quando entrai in casa, ciò che vidi negò le mie aspettative: nessun mobile lussuoso, ma arredamento scarso e pareti bianche. Gwen viveva nella semplicità, ma era piacevole essere circondata da un ambiente così fresco e pulito. Tutto era maniacalmente in ordine.
- E' tutto molto bianco, qui - dissi con ironia e mi sfuggì una risata contagiando la mia amica.
- E' una scelta di mia mamma, ma non sono per niente contraria.
- Sì, spiccano i mobili di legno - osservai come le pareti fossero in armonia con i marroni dell'arredamento.
- Ciao, tu devi essere Eleanor - mi parlò una donna alta, dai capelli e gli occhi scuri e ben vestita.
- Salve, sì, sono io.
- Lei è mia mamma - me la presentò Gwen, indicandola.
- Piacere, Gloria.
- Piacere mio - le strinsi la mano e provai una piacevole sensazione. Lei mi trasmetteva serenità a dolcezza, proprio come la figlia. Entrambe avevano lo stesso sorriso e gli stessi occhi neri.
- E tuo padre? - domandai a Gwen.
- Oh, lui è in viaggio per lavoro. Praticamente non c'è mai – mi rispose la rossa e con la coda dell'occhio notai Gloria abbassare il capo. Intuii che parlare di quell'uomo non fosse una buona idea, così mi tappai la bocca e mi limitai ad annuire.
Dopo un interessante tour della casa, Gwen mi fece entrare in camera sua, anch'essa bianca. Nonostante non avesse molto di diverso rispetto alle altre stanze, strabuzzai gli occhi non appena misi piede là dentro: c'erano così tanti vestiti che mi parve di entrare in un negozio. Gwen non aveva solo un armadio, ma anche scaffali e appendiabiti pieni zeppi di magliette, jeans e giacche. Su una gruccia appesa ad un chiodo stava una pila di occhiali da sole, tutti diversi. Vicino al letto, invece, stavano due alte scarpiere.
Girai su me stessa per ammirare la camera e non seppi cosa dire per lo stupore.

Girai su me stessa per ammirare la camera e non seppi cosa dire per lo stupore

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