29 - Moonlight sonata

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Il soffitto bianco faceva da supporto a tutte quelle immagini che, come scene di un film, si proiettavano su di esso nascendo prima nella mia testa per poi uscirmi dagli occhi.
Non riuscivo a prendere sonno quella notte del 15 giugno e anziché contare le pecore, contavo i ricordi appartenenti a quell'ultimo anno scolastico, terminato pochi giorni prima.
L'estate era imminente, ma non c'era tanto caldo, quindi si stava bene sotto il lenzuolo. Il calore che sentivo non era sulla pelle, bensì negli occhi: piangevo in silenzio e senza singhiozzare in quella stanza debolmente illuminata dai raggi lunari che, appena visibili, entravano dalla finestra.
Era quasi mezzanotte, mancavano poche ore e presto avrei lasciato Londra e tutto quello che mi legava a quella città. Appena arrivata non vedevo l'ora di tornare a casa, invece adesso faceva male dover lasciare l'Inghilterra.
Continuavo a pensare agli ultimi giorni di scuola e di quanto furono pesanti per me, ma non per lo studio o qualcosa che riguardasse il mio rendimento scolastico, anzi riuscii a recuperare le materie critiche in tempo dandomi la sicurezza di ricevere la promozione.
Non c'era più Valentin nella mia vita, ecco cosa mi pesava dentro.
Non c'era anche se lo vedevo tutti i giorni, ma era proprio averlo davanti gli occhi, il problema: ricominciò a star male e gli si leggeva nelle profonde occhiaie, nelle sigarette che fumava sempre più spesso, nella solitudine che gli danzava attorno quando pranzava in mensa e s'immergeva in un libro dalla copertina senza titolo...
Speravo che si unisse a me, Alex, Jo, Vic e Brenda, invece tornò al suo solito tavolo vicino al muro, isolato dagli altri. In realtà non la trovavo una cosa improbabile, ma mi faceva star male anche se tendevo a nasconderlo.
Nonostante il dolore che lo accompagnava ogni giorno, il suo istinto di combinare sciocchezze non parve tentarlo per quei giorni, ma pensandoci meglio, non fu tanto una novità: da qualche mese a quella parte, il suo comportamento a scuola era migliorato davvero tanto e non si ritrovava più nei pasticci con i professori da molto tempo. Era facile pensare che fosse per merito mio, dato che molti studenti a scuola pensavano che io avessi migliorato quel ragazzo, ma io invece preferivo credere che lui avesse semplicemente capito che a ventun anni è preferibile mettere la testa a posto e avere più auto controllo nei momenti di profonda tristezza o di rabbia.
Era cambiato stando insieme a me, ma da solo.
Certo, forse l'avevo sul serio indotto io a cambiare, ma io ero convinta che i suoi demoni si fossero calmati principalmente con la buona volontà di Valentin, non perché li avevo domati io come pensavano gli altri; se così fosse stato, il finnico non avrebbe vagato per la scuola come uno spirito smarrito e dimenticato per via della nostra rottura, ma si sarebbe fatto sentire nei modi che tutti conoscevano, ossia con atti vandalici o con la sua fastidiosa tendenza a provocare la gente.
Il fatto che Valentin si fosse dato una regolata, convinse i professori che l'ammissione agli esami finali poteva meritarsela, così come dicevano in giro. Io ne ero felice, volevo credere a quella voce di corridoio perché anch'io pensavo che Val meritasse di finire il liceo come tutti i suoi compagni.
E poi non aveva migliorato solo la sua condotta, ma anche i suoi voti scolastici. Non era diventato chissà quale genio della matematica o quale storico esperto, ma si era impegnato per raggiungere almeno la sufficienza in quelle materie che solitamente snobbava per approfondire meglio letteratura e storia dell'arte, le sue preferite.
Valentin mi mancava in una maniera inspiegabile. Un vuoto pesantissimo mi schiacciava il petto. È strano come un vuoto allo stomaco possa essere più pesante di un cuore pieno di amore. Ciò che dovrebbe pesare di più ti fa sentire più leggero dell'aria e ciò che non dovrebbe avere un peso soffoca più di un pugno stretto alla gola. Strano, vero? Ma le leggi della fisica non hanno avuto mai niente a che vedere con le leggi dell'amore, così controvento rispetto a tutto il resto, così irrazionali, così strane...
Gli occhi bruciavano nel buio della notte e sentivo i baci della luna riflettersi nelle mie lacrime mentre quelli di Valentin, assenti come il calore che solo lui sapeva trasmettermi, esistevano ormai solo nei miei ricordi, incastrati nel passato e, dunque, mai più raggiungibili.
All'improvviso, una luce squarciò la penombra della mia stanza: il cellulare si illuminò ed io, stranita e curiosa allo stesso tempo, lo afferrai per vedere di che si trattasse.
Non appena diedi un'occhiata allo schermo, mi misi di scatto seduta sul letto e portai una mano alla bocca. Cominciai a tremare tutta e il cuore, che poco tempo prima credevo morto, cominciò a battermi fortissimo.
Mi aspettavo di più che il pelo di Charlie diventasse a macchie per qualche oscura ragione o sentire Caroline nel cuore della notte urlare per una probabile irruzione di ladri in casa, ma ricevere un messaggio di Valentin in quel momento fu la cosa più inaspettata che potesse capitarmi.
Esitai qualche breve istante prima di aprire il messaggio, giusto il tempo per realizzare ciò che stava succedendo, poi toccai lo schermo e lessi.

Baciata dalla lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora