Capitolo 1

562 18 1
                                    

-Sveglia, Bella! Sveglia!-qualcuno si buttò su di me per cercare di svegliarmi, ma io mugugnai e mi rigirai tra le coperte per riprendere sonno. Quando queste mi vennero tolte di scatto, rabbrividii e scattai in piedi come una molla:-Aggie!- gridai irritata mentre la mia sorellina correva in giro per la stanza ridendo. La rincorsi e la riacchiappai, sollevandola come un sacco di patate, mentre strillava e si dimenava cercando di liberarsi, senza successo. La depositai nella sua stanza e chiusi la porta, fiondandomi in bagno. Era il primo giorno del terzo anno di liceo e dopo le vacanze avrei rivisto le mie migliori amiche! Mi pettinai i lunghi capelli color cannella e li legai in una morbida treccia, guardando il mio riflesso nello specchio: tutti dicevano che ero la fotocopia di mia madre, Margaret Moon, la ex-top model che ora gestiva insieme al padre, mio nonno Morgan, l'azienda di moda di famiglia. E ne ero molto lusingata, perché anche se mia madre aveva passato i quarant'anni non gliene avresti dati più di trenta: con i luminosi occhi color miele, la pelle leggermente abbronzata senza neanche un accenno di rughe e nessun filo bianco tra i capelli color cannella, non mostrava il segno degli anni che scorrevano. Avevo visto alcune fotografie di quando lei e papà erano giovani, e dovevo dire che se fosse più giovane ci scambierebbero per gemelle. Agatha, la mia sorellina minore, ha dieci anni e assomiglia come una goccia d'acqua a mio padre, Axel Ross, avvocato di successo, solo in versione femminile: ha vivaci occhi azzurri e lunghi capelli biondo chiaro, che tiene legati in due codini. Ha un carattere solare e allegro, illumina tutti con un suo sorriso. Le voglio un gran bene, è la mia piccola insettina. Uscii dal bagno e entrai nella cucina, dove mia madre e mio padre volteggiavano tra i fornelli, la prima con il suo tailleur color crema e la camicia rosa, i capelli legati in un morbido chignon tenuto indietro dal suo fermaglio d'oro, un leggero tocco di trucco ed immancabile il medaglione a forma di cuore che le aveva regalato papà, e il secondo con giacca e cravatta che sorseggiava un caffè forte per iniziare al meglio la giornata. Aprii la credenza del tè di mamma e come al solito chiusi gli occhi e lasciai che fosse il mio istinto a scegliere quello migliore per la giornata. E come al solito azzeccai: tè alla menta e cannella, ideale per darmi energia per il nuovo anno scolastico. Mamma mi passò la tazza con l'acqua calda e un piatto di waffle con panna:- Pronta per il nuovo anno?
Sospirai:- Non si è mai pronti a rivedere quella brutta faccia... ma per il resto sì! Adoro i miei compagni!
Mamma incrociò le braccia:- Quando andrete d'accordo tu e lui? Tanto so che tra voi c'è del tenero...- aggiunse maliziosa. Alzai gli occhi al cielo:- Mamma! È già tanto che non l'abbia ucciso per la storia delle noccioline -di cui avevo assoluta ragione, per l'appunto- e per la sua perenne idiozia... (no comment binylsm)
-Chi disprezza, ama, Arabella...- sorrise mia madre. Prima che potessi rispondere, Agatha entrò correndo in cucina e si buttò tra le braccia di papà, che la sollevò cone se fosse una piuma:- Ciao cucciola! Pronta per il primo giorno di scuola?
Lei annuì sorridente:-Certo che sì! Ci accompagni tu oggi?
- Mi dispiace cucciola, ma papà oggi ha un'importante assemblea alla quale non può mancare, ma ti porterà appena può, lo prometto- le disse dispiaciuto. Lei fece il broncio, che durò poco più di due secondi, perché poi il suo sorriso solare tornò a splendere sul suo viso. Terminata la colazione salimmo in macchina e partimmo alla volte della scuola, con Agatha che canticchiava la canzoncina del suo programma preferito.

Scesi dall'auto e due ragazze mi saltarono al collo:- Ci sei mancata, Bella!
- Anche voi mi siete mancate ragazze!- dissi ricambiamdo l'abbraccio. Una voce alle nostre spalle parlò, dandomi i brividi:- Quanto siete sdolcinate, ragazzine!
Mi voltai di scatto, sciogliendo l'abbraccio:- Solo perché sei un anno più grande non significa che ci devi considerare bambine, Agreste!
James Agreste alzò un sopracciglio: identico al padre, Adrien Agreste, anche lui ex modello come mia madre, non che suo migliore amico dai tempi della loro infanzia, ora gestore della casa di moda Agreste, in aspetto fisico, ma completamente diverso caratterialmente: mentre il padre era un uomo gentile e ben educato, quell'idiota di suo figlio era odioso e saccente, pieno di boria e vanità. Mi irritava da matti e aveva il cervello grande come il nocciolo di una ciliegia. Mamma era convinta che io fossi innamorata di lui, ma come era possibile? Si divertiva un sacco a prendermi in giro e a trovava divertente rendermi nervosa. Quando mi vedeva sull'orlo di una crisi di nervi, finalmente raggiunto il suo scopo, mi guardava e sul suo volto compariva un sorriso malizioso, che diceva chiaramente:"Ho vinto io".
Lui ci fissò con quel sorriso da prendere a pugni:- Principessa, perdonami!- disse facendomi un inchino. Alzai gli occhi al cielo: sapeva che odiavo essere chiamata principessa, e per questo mi aveva a acollato quel soprannome ridicolo:-Piantala di fare l'idiota e sparisci, Agreste!
Ritornai dalle mie amiche, che mi fissavano contrariate:- Quando andrai d'accordo con nostro fratello, Bella?
Sbuffai: Kirsten e Amberly, le mie migliori amiche, erano gemelle e secondogenite della famiglia Agreste e, di conseguenza, sorelle di James. Anche se gemelle non si assomigliavano per niente: Kiki aveva gli occhi azzurri della madre Marinette, stilista della casa di moda del marito, e i capelli biondi del padre, mentre Amber aveva i capelli corvini e gli occhi verdi. I tratti del viso erano gli stessi della madre e simili per entrambe. Erano come sorelle per me, eravamo cresciute insieme e ci conoscevamo da quando eravamo nella culla. Mentre Agatha era la migliore amica dell'ultima degli Agreste, Emma. La piccola Agreste era il ritratto della madre: capelli corvini e due pezzi di cielo come occhi, oltre a un po' di maldestria. Era adorabile e piena di vita e lei e Aggie erano le nostre mascotte. In quel momento stavano giocando a rincorrersi davanti alla scuola, in attesa che mamma e Marinette le portassero a scuola a iniziare l'ultimo anno della scuola elementare. Anche Marinette non mostrava il segno dei suoi anni e sfoggiava un fisico da modella. Come mamma con il suo fermaglio dorato, anche Marinette aveva un gioiello fortunato, cioè un paio di orecchini con delle piccole pietre color mogano, che portava sempre da quando ne ho memoria. Una limousine bianca parcheggiò davanti a noi e da essa ne uscì un'abbronzata ragazza dai morbidi capelli biondi e gli occhi glaciali, che si illuminarono quando si posarono su me e le mie amiche. La ragazza sorrise e mi raggiunse abbraciandomi:- Bella! Come stai, tesoro?
Charlotte Fontaine, figlia di Chloé Bourgeois, figlia del ex sindaco Bourgeois e attuale sindaco, era anche lei una mia buonissima amica. Shopping-dipendente, era impossibile andare in un centro commenciale senza che lei avesse svaligiato ogni singolo negozio. Nonostante questo piccolo difetto (che svuotava drasticamente il portafoglio della famiglia Fontaine), Lottie era una ragazza d'oro. Sua madre era cambiata molto da quando erano al liceo lei e la mamma, causa di questo cambiamento, era diventata una donna seria e responsabile e, dopo essere passata alla laurea di politica con il massimo dei voti, si era fatta strada ed era diventata sindaco di Parigi. L'unico suo difetto era quello della dipendenza da shopping, che aveva attaccato alla figlia. Chloé veniva spesso a casa nostra e si fermava per un tè con mia madre, pieno di chiacchiere e risate, ed era così che avevo conosciuto Lottie.
Chloè raggiunse mamma e Marinette e si misero a parlare. La campanella suonò, indicando l'inizio delle lezioni. Salutai mamma e Aggie con una mano ed entrai.

- Salutate la vostra nuova compagna Amanda Roberts!- annunciò allegra la professoressa. Una ragazza dai capelli color carota legati in due trecce e gli occhi grigio tempesta sorrideva vicino alla cattedra: indossava una camicia e una cravatta fucsia, abbinata alla gonna a pieghe con bretelle e ai mocassini color rosa antico. Assomigliava ad un'uniforme scolastica passata per errore in una lavatrice di vestiti rossi, ma su di lei stava piuttosto bene.
-Amanda, vai a sederti vicino a Arabella!
Amanda si sedette vicino a me e mi fissò:- Margaret?
Sussultai nel sentirmi chiamare con il nome di mia madre:- No, Margaret è mia madre, io le somiglio molto...
Amanda sorrise e mi porse la mano per stringerla:-Mia madre è Sabrina! Tua madre ha aiutato la mia quando erano giovani, facendole ricevere una borsa di studio che le ha permesso di diventare professoressa di università!
Mi ricordai della storia si Sabrina: mamma mi aveva raccontato della sua storia e ne ero rimasta incantata. Strinsi la mano di Amanda:- Chiamami Mandy- disse la ragazza sorridendo.
-Bene, Mandy, io sono Bella- le risposi. Avevo trovato una nuova amica.

Stavo tornando a casa a piedi ripensando al compito che ci avevano dato: una relazione sui supereroi di Parigi Ladybug, Chat Noir, Phoenix e Neige. Oramai erano anni che i quattro paladini non si facevano vedere in città, da quando Le Papillon, il super cattivo cittadino, era stato sconfitto. Il crimine era diminuito notevolmente da allora, e ora era qualcosa a portata della polizia. Ma la loro memoria non aveva finito di esistere: Parigi pullulava di statue dei supereroi, come amuleti contro il male. Mentre pensavo a come preparare qiesto compito, mi ritrovai su un ponte sulla Senna. Lì un anziano uomo con una camicia hawaiana era salito sul parapetto e fissava il fiume. Mi precipitai da lui, gridando:- Che sta facendo?!
L'uomo mi guardò con aria assente:- Non si vede? Voglio morire.
Rabbrividii:- Non faccia azioni avventate, la prego! Non ha qualcuno a cui è legato che la faccia rimanere in questo mondo?
Una scintilla brillò nei suoi occhi e capii di aver fatto centro, così continuai a parlare:- Non crede di dover vivere per quella persona?
L'uomo mi guardò e mi tese la mano:- Aiutami a scendere, ragazza!
Lo aiutai con il sorriso sulle labbra e appena ritoccò il suolo del ponte, mi rivolse uno sguardo di ringraziamento:- Ti sono grato per ciò che hai fatto e per questo ti voglio fare un piccolo dono- disse tirando fuori da una tasca una scatolina nera- Ecco, prendilo!
Di solito non accetterei doni da sconosciuti, ma avevo appena aiutato quell'uomo e mi sembrava maleducato rifiutare un segno di ringraziamento. Presi la scatolina e lo ringraziai con un sorriso. La aprii e dentro vi trovai una bellissima spilla a forma di farfalla con una pietra ovale viola. Rialzai lo sguardo dal gioiello per ringraziare l'anziano signore, ma era sparito! Lo cercai con lo sguardo sul ponte, ma era come svanito nel nulla. Pensai che fosse tornato a casa, così tornai a casa, non sapendo che quell'incontro mi avrebbe cambiato la vita.

New Enemies, New HeroesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora