Che cosa mi stava accadendo?
Perchè tutta una serie di spiacevoli eventi stava occupando la mia (ormai ex) vita serena?
Dev'essere opera del karma.
Eppure io non ho mai fatto un torto a nessuno.Dozzine di domande affollavano la mia psiche ormai stanca. Seppur il triste andazzo era appena iniziato sentivo la pressione sulle spalle. Ero in ginocchio.
Tutte le persone della quale mi fidavo di più, stavano deludendo le mie aspettative. Come fossero organizzati. Prima Alex, poi mio fratello. Adesso Elena.Perchè per degli attimi di insulso piacere aveva deciso di lasciare me nel pieno dello sconforto?
Avevo bisogno di qualcuno che mi conoscesse, che mi consolasse. Eppure dieci minuti fa pensavo fosse Peter il mio migliore amico. Elena si sforzava per parlarmi, pareva distante. Come se fossi stata io a farle un torto.
Se lei avesse avuto bisogno del mio aiuto, non ci sarebbe stato uomo che avrebbe potuto trattenermi, nè malessere, nè nulla. Io sarei corsa a starle vicino.Decisi che non valesse la pena tormentarsi ancora per quella notte.
Peter però, lo odiavo dal profondo.
Senza neppure conoscermi si è sentito in diritto di potermi rubare la mia amica. La mia Elena. Quella con la quale dividevo il gelato da ragazzine. La stessa con cui scambiavo le mie opinioni sui ragazzi più grandi quando eravamo alle medie. Quella con cui son diventata donna, che ha vissuto con me il mio primo ciclo, la mia prima volta. Tutto.
Che diritto aveva lui di impadronirsi della mia amica così senza preavviso e soprattutto quando ne avevo bisogno io?Stavo cercando di scaricare la colpa su Peter. Infondo lui non avrebbe mai potuto sapere.
Ma sì! La vera colpevole è Elena!
E quanto è vero che mi chiamo Mia, la pagheranno entrambi!La rabbia mi accecava la vista. I miei occhi erano ormai fuori dalle orbite zeppi di sangue. Mi si gonfiavano le vene del collo, e sentivo pulsare sulla tempia. Stringevo i pugni, i denti.
Venni giù dal letto che per quel giorno aveva preso la mia forma. Dovevo farla pagare a tutti, il mio dolore costa caro.
Cambiai il mio intimo sostituendolo con un provocantissimo intimo in pizzo nero. Delle calze trasparenti mi avvolgevano le cosce, ed un vestitino nero che avevo comprato per far una sorpresa ad Alex mi strinse a se. Tinsi di un bel rosso acceso le mie labbra e diedi un pò di colorito alle mie guance. Il tocco di classe fu il mio tacco a spillo, quello che mi avrebbe distrutto le ginocchia. Non importava. Io dovevo farla pagare cara a tutti.Uscii di casa, nessuno mi vide per fortuna. Era notte inoltrata e fuori si gelava conciata in quel modo. Mi intrufolai nel primo bar aperto, un pò per il freddo, un pò perchè mi andava di ubriacarmi.
Sedetti in un angolo, sola. Non ci volle molto, un tizio, sulla trentina, si avvicinò con in mano una bottiglia di vino rosso e due bicchieri. Ero imbarazzata, lui tutto d'un pezzo. Si sedette.
"Le va di brindare con me signorina?"
"A cosa brindiamo?" Gli dissi senza pensarci due volte
"Brindiamo alla tua fresca bellezza"
"Brindiamo allora!" Esclamai buttando giù il vino tutto d'un fiato.
"Ehi vacci piano ragazzina!"
Storsi il muso. Lo sfidai.
"Sei qui per bere o per farmi la predica?" Gli chiesi mentre mi riempivo nuovamente da bere
"Per bere presumo"
"Allora bevi e sta zitto!"
E mandai giù anche quel secondo bicchiere.Si avvicinarono a lui due suoi amici. Anche loro sulla trentina. Ce ne fosse stato uno che mi piacesse almeno!
"Ehi, abbiamo trovato un'osso duro ragazzi!" Esclamò quello indicandomi.
"Ah sì?" Chiese uno dei tre. "Allora facci vedere quanto dura sei!"
Accettai la sfida. Accantonai il bicchiere e mi attaccai alla bottiglia. Diedi tre o quattro sorsate belle lunghe e poi...Ero frastornata, non sapevo cosa stesse accadendo, nè chi fossero quei tizi, nè dove mi trovavo. Era umido per terra, sarà stato prato credo. Il buio e la sbronza non mi permettevonp di riconoscere l'ambiente in cui mi trovavo. Ero impaurita. Urlavo, chiedevo aiuto.
"Sta zitta o ti ammazziamo!" Mi disse uno con fare minaccioso. Ero impietrita dalla paura.
Loro ridevano, li sentivo scherzare e complimentarsi l'un l'altro per la "preda" addescata. Solo che, la preda ero io.Ero immobilizzata, in mezzo a quei tre omoni col mio corpo minuto. Loro continuavano a colpirmi, come fossi un sacco da boxe. Io non avevo più neppure il fiato per gridare.
Abusavano di me, della mia intimità, violandola come fossi uno straccio. Prima a turno, poi tutti insieme. Piangevo.Tutto finì. Ero lì, accasciata e nuovamente sola. Sentivo d'esser gonfia, e non sapevo dove mi trovassi. Ma finalmente vidi il primo raggio di sole che mi stava sfiorando la pelle. L'alba venne a prendermi, lei non è mai scortese ed io potei così,finalmente, chiudere gli occhi, e cercare di dimenticar tutto con una dormita, fra le braccia della mia cara e unica amica, Alba.
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