9. Un periodo orribile

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Arrivò quel fatidico momento in cui mangiare diventò l'ultima delle mie esigenze.

Iniziai a lasciarmi andare del tutto. Iniziai a scivolare più veloce senza cercare di frenare quell'incombe discesa che mi avrebbe portato nel cupo buio della morte. Iniziai a rimpiangere perfino quei giorni grigi e senza storia.

L'ultimo Natale avevo desiderato felicità. Tanta tanta felicità. Talmente tanta da farti sentire davvero sazio.

Non avevo mai creduto in Dio, solo una piccola percentuale del mio quoziente ci credeva veramente. Non avevo perso quella piccola fede, ma mi veniva da chiedere cosa Dio volesse ancora da me. Volevo che mi lasciasse in pace ancora per un po' e che non mi chiedesse più nulla.

Volevo bestemmiare e gridare fino a quando non mi sarei sentita in grado di darmi nuovamente la forza necessaria per continuare a tirare avanti. E volevo che lui non se la prendesse se nominavo il suo nome tante, tante volte. Ma la colpa era sua.

Quando uscii fuori dall'ospedale con la tempesta addosso quel 25 dicembre per me non fu più Natale. Per me il Natale non avrebbe avuto più importanza di quanto già non ne avesse.

Per questo quando la tempesta si faceva spazio nel cielo la odiavo. Davo la colpa di tutto questo ad essa. Davo la colpa del mio tumore a lei. Non avevo altra spiegazione. A parte Dio.

E anche per questo smisi di mangiare.
Non perché avessi bisogno di una dieta mediterranea, solo che avevo perso le speranze anche per quello. Ne avevo abbastanza. Volevo che la colonna sonora che mi stava accompagnando in questo orrendo ballo si spegnesse.

Un ballo in cui i passi erano scoordinati, i vestiti erano dei stracci e la musica era sbagliata e non era musica.

Mia madre si consultò col medico mentre Niall in quel periodo mi parlava a stento.

Il medico le diede un buonissimo consiglio, a mio parere:

«Le compri un barattolo di Nutella per questo periodo, vedrà come se la mangia.»

Quando mia madre mi disse la sua risposta io mi chiesi quanti anni d'università ci fossero voluti, quante specializzazioni, quanti corsi di aggiornamento, quanti stage, per dare un consiglio del genere.

Quando iniziai a piangere dallo strazio Niall mi disse che in ospedale non si doveva dare spettacolo di nessun genere. Mi chiesi se fosse serio, a quel punto.

«Il tumore ti è arrivato fino al cervello per farti ragionare in questo modo?»

Lo liquidai, di brutto. Lui non mi parlò per tanto sebbene quella che aveva il tumore al cervello ero solo io.

Fu il periodo peggiore di tutti. Diedi un voto al mio dolore. Un bel nove. Il dieci lo misi da parte. Pensavo esistesse un dolore ancora più atroce di quello seppure ne avevo fino al collo.

In quel periodo io e la morte parve stessimo giocando a nascondino. Era un continuo cerca, trova, fuggi. Nascondersi dietro ai cespugli. Guardarsi intorno. Sbirciare. Arrendersi. Rimettersi in gioco.

Un giorno il dottor. Nutella si avvicinò a me e a Niall.

«La vita non è fatta per tutti» ci disse testualmente mettendoci in soggezione.

Niall sembrava fremere dalla rabbia, mi lanciò un'occhiataccia e mi chiesi perché non la lanciò al medico invece che a me.

«Io lo strozzo la prossima volta" mi disse appena se ne fu andato, come se io lo avessi fermato nello stesso istante in cui mi guardò negli occhi.

Non lo trovai romantico quel dettaglio. Non trovavo romantico nulla. Neanche le stelle, ormai. Mi ero stufata anche di guardale.

Ormai nella nostra stanza il silenzio era parte di qualcosa di insostenibile. Sentivo solo il rumore delle ruote dei carrelli che spingevano i medici. Sentivo i pianti. Sentivo perfino i discorsi delle persone della stanza accanto alla nostra. Non che mi interessassero granché, ma per un momento parve che il tutto si fosse rotto. Come un ingranaggio oliato male.

Forse la mia vita era troppo perfetta prima della malattia, talmente tanto da scatenare una cosa mille volte peggiore.

Il dottor. Nutella mi diede anche il bellissimo consiglio di consultarmi con uno psicologo in caso ce ne fosse stato il bisogno. In quel momento mi venne da chiedergli se la qualifica se la fosse persa copiando durante i test e studiando pensando a cosa avrebbe mangiato a pranzo.

Ero malata, ma forse non ancora fino a quel punto. Così pensavo.

Niall mi guardò, ci guardammo. E con gli occhi parve mi volesse dire che tutto si sarebbe sistemato. Tutto quell'intreccio di nodi.

Ero entrata in un tunnel, avevo incontrato una bestia. Per un attimo mi parve davvero troppo vasta. Troppo grande. Troppo immensa. Eppure era così piccola essendo nel mio corpo. Era piccola, eppure mi stava uccidendo.

Era maligna, spietata. Aveva le unghie giuste per lacerarmi per bene. Per farmi sentire ogni mimo dolore come se fosse un taglio grande e ardente.

Era distruttivo. Avevo continui alti e bassi. Avevo i miei momenti particolari. Avevo un intruglio per la testa.

Poi arrivò un momento in cui feci fatica a ricordarmi i nomi, i volti, e le voci delle persone che conoscevo. Avevo un tornado nella testa.

Spesso parlavo con la mamma e mi sembrava di parlare con uno sconosciuto. Parlavo con Niall e lui percepiva che c'era qualcosa che non andava guardando solo il mio modo di espormi con lui, differente dai giorni precedenti.

Ero peggiorata.

Mia madre era come se attraversasse il mio corpo come i raggi X. La sentivo raccontare tutto ai medici sull'uscio della porta. Ma io non mi rendevo conto di nulla.

Poi guardavo Niall che osservava attentamente i due corpi dialogare. I medici iniziarono a dare di matto a mia madre dato che le analisi dicevano ben altro.

Ogni tanto chiedevo a Niall cosa stesse succedendo e lui non mi rispondeva mai.

Guardavo mia madre disintegrarsi davanti a me. Per colpa mia.
Desideravo solo la fine, perché se avrei proseguito così la mia vita preferivo non proseguirla affatto.

Parve tutto un incubo. Ma non lo era.

Io c'ero. L'ospedale c'era. Niall c'era. Il dolore c'era. La malattia c'era eccome.

Eccomi, sto meglio. Sono pronta per ricominciare. Ho ispirazione, ho tutto. Scusatemi tantissimo per la lunga assenza, solo che è dura. Spero che il capitolo vi piaccia

short life୭̥ Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora