16. Periodo Natalizio

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Il Natale partì un po' in sordina. Durante la settimana che precedette il grande giorno, avevo mandato a Niall ventotto messaggi ricevendo solo sette risposte, il che traduceva in un rapporto di quattro a uno.

Dalle scarse attenzioni che Niall mi prestava durante tutta la settimana ritrovavo addirittura qualche momento libero per dedicarmi a degli esercizi di algebra.

Nel periodo ero diventata anche molto superstiziosa. Da alcune settimane, infatti, le condizioni di Niall erano più alteranti che mai. Ed io per evitare altri dispiaceri ero determinata a tenere a distanza quanto fosse il mio potere per farlo guarire.

Per preparami cercai una lista su internet sulle superstizioni e sulle credenze. Le lessi tutte su un blog popolare che trovai cliccando su un link uscitomi direttamente sul motore di ricerca. Il primo impatto fu strano dato che il titolo d'entrata iniziale era «le superstizioni delle nonne». Gli utenti avevano tutti nomi strani e macabri: alcuni attinenti al blog, altri che si chiamavano nonna_zara oppure gatblan. Ignorando l'estetica con cui appariva il sito, il contenuto era davvero utile per chi voleva tenersi lontano dalla sfiga, proprio come me.

Ad esempio, quando tornavo a casa da un'uscita insieme alla mamma non poggiavo mai il cappello sul letto, indossato sempre per colpa della ricrescita lenta dei miei capelli, perché porta male. Oppure una volta stavo disegnando un cartoncino per il matrimonio della zia e dello sposo e mentre intagliavo le loro facce per attaccarle sul cuore rosso mi caddero dalle mani le forbici. Così prima di raccoglierle ci pestai il piede sopra per annullare il cattivo presagio. Soprattutto, quando mi alzavo la mattina, scendevo sempre dalla parte destra, perché la parte sinistra era ritenuta quella del diavolo.

Stavo cercando di spiegare la cosa a Khaty quando lei cacciò un urletto. Inizialmente pensai di averla annoiata dato che alcune volte, infatti, le mie teorie erano poco comprensibili persino a me. In quell'occasione, però, sembrava voler far credere di aver ricevuto una scossa elettrica.

«Ecco fatto!» esclamò rabbiosa, mentre la casa veniva nuovamente inondata di luce. «Lo sai che, in situazioni di emergenza, sei la persona più inutile che possa esistere, Allie?»

                                ***

«Se non si presentano, non scendo dal letto per tutto il giorno di Natale. Mi dovete portare i regali e il pranzo in camera come fanno con un anziano della Casa reale» dissi alla mamma riferendomi alla famiglia Scott, che quell'anno festeggiava insieme a noi.

Quando scesi dal letto, dopo un'altra ora di sonno e sotto le prediche della mamma, la tavola era già apparecchiata e addobbata con una tovaglia rossa e le posate insieme ai bicchieri e ai fazzoletti erano perfettamente abbinate al decoro presente in soggiorno e nella cucina. L'albero di grandezza media era posizionato vicino alla televisione con sotto presenti dei regali con le carte sbrilluccicose.

Ero una tipa curiosa di natura, così, appena la cena finì, ficcai un dito nel pacco con la carta da regalo più dozzinale finché non intravidi qualcosa di viola. Poi passai ad un altro con la carta elegante e raffinata, e appena lo palpai capii subito che la scatola che sentivo sotto le dita era la solita che si utilizzava solitamente per racchiudere i cioccolatini.

«Allie, se non la pianti di palpare i regali come una chirurga psicotica, tiro giù l'intero albero» disse Khaty. Io annuii e gli dissi che lo facevo per ragioni altruistiche: l'anno passato la nonna aveva confuso le etichette dei regali, così a me era toccato un cesto per i gatti e alla sua amica le mie casse per l'iPod. La nonna si mise a piangere tutta la mattina e così io, mentendo, la rincuorai dicendole che avevo sempre desiderato un animale domestico.

«Bè, buona vigilia a tutti» augurò la mamma, mentre io e Khaty scartavamo il nostro regalo della vigilia.

Erano due pigiami. Erano sempre dei pigiami.

«Almeno quest'anno ci sta. Lo sfrutti» commentò rivolgendosi a me.

Infatti mi ero abituata a indossare sempre e solo indumenti da notte. Pure quando andavo a trovare Niall mi limitavo ad un paio di Jeans e un maglione sopra. Cancro a parte, forse era quello il motivo per cui passavo i tre quarti della giornata a sonnecchiare.

«Ah, ci sono anche questi. Ma non esaltatevi troppo dato che sono soggetti solo a certe condizioni» disse, dando a me e a Khaty una busta ciascuna.

Dentro era presente un biglietto per Glastonbury.

«Tua sorella ti accompagna e ti riporta qui. Ma se non mi rispondete ogni due ore vengo giù a prendervi e vi faccio tornare di filato a casa, compresi?» disse la mamma con me attaccata stile scimmietta intorno al suo collo.

Annuii appassionatamente. La nonna non era così convinta, invece. Quell'anno le avevo fatto guardare con me il festival di Glastonbury in TV. C'erano voluti tre diversi spettacoli sul palcoscenico piramidale e il passaggio di un elicottero della BBC perché si convincesse che non si trattava di un documentario sulla battaglia delle Somme.

Così, nel pieno dei festeggiamenti, inviai un messaggio di buona vigilia a Niall con tanto di foto in allegato in cui era presente un bicchiere di champagne e con accanto il biglietto tanto desiderato. Ma neanche allora ci fu risposta.

short life୭̥ Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora