17. Rientro doloroso

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Quell'anno, mamma aveva superato se stessa. Mi aveva comprato qualunque capo di abbigliamento per cui avessi lontanamente sbavato. Mi aveva stupito regalandomi due libri che non le avevo nominato, ma che erano i miei preferiti in assoluto. Mi sorprese pure con un giradischi e degli album che amavo in vinile.

Così sospettai che forse, entrando nella mia camera, avesse spulciato sull'agenda che una domenica mattina lasciai incustodita sulla scrivania. Era lì che appuntai le mie prossime spese che stranamente, quel Natale, coincidevano alla perfezione.

Il pranzo fu altrettanto un trionfo. Nessuno puntualizzò che il tacchino era un po' asciutto e le verdure un po' acquose. A Natale i dettagli più trascurabili passavano inosservati.

Durante esso ci fu la presenza di Niall e Colette. Inizialmente pensai che quella giornata era destinata a finire nel peggiore dei modi da come inizialmente prese la piega.

Ero comodamente seduta sul divano, spulciando tra i vari canali tv ed evitando di sgualcire il divano o i cuscini per evitare le sgridate della nonna o, peggio, della mamma: quando dovevano arrivare ospiti, per loro, ogni dettaglio doveva essere perfetto.

Sentii gridare mamma dal piano superiore proprio nel momento in cui trovai un film che catturò la mia attenzione. Mentre percorrevo quattro a quattro le scale urlai un «cosa succede?».

Lei di rimando gridò di quanto i suoi capelli fossero orribili e il suo aspetto fosse disgustoso dato il tempo passato ai fornelli. La mandai a quel paese per lo spavento ma lei, ignorando le mie preoccupazioni, mi disse che una doccia era urgente.

La nonna, nel mentre, stava organizzando gli ultimi ritocchi al pranzo e alla tavola con difficoltà. Tutto questo successe dieci minuti prima dell'orario che avevamo stabilito con Niall e Colette.

Alla fine, mamma ebbe un'aspetto stupendo e il cibo fu migliore del ristorante El Caller De Can Roca in Spagna.

Nel pomeriggio, anche se eravamo solo in sei, nel soggiorno sembravano esserci mille conversazioni in corso nello stesso momento.

Io e Niall eravamo raggomitolati l'una contro l'altro sotto due calde coperte ad ascoltare lo scricchiolio della neve che si scioglieva sul vetro.

«Ti stai divertendo? L'albero ti è piaciuto? È bello come quello nella confezione. Ho costretto Khaty a rifarlo tre volte prima che andasse veramente bene.»

Lui annuì e lo invitai ad entrare in camera mia per la primissima volta.
Mi domandai se si sentiva come mi ero sentita io la prima volta che misi piede in casa sua. Se anche lui aveva esaminato le fotografie e le tracce del mio passato per farsi un'idea più dettagliata o se si era risparmiato ad uno sguardo disinteressato per tutta la casa. Mi chiedevo se anche a lui interessava scoprire cosa c'era nella mia stanza per capire chi fossi realmente. Tra i regali di Natale e il frastuono generato dall'incontro delle due famiglie era già tanto se avessimo scambiato due parole come Buon Natale. Niall mi sembrava anche d'un tratto più calmo e fragile. Come se non fosse poi più così sicuro di poter sfidare il mondo intero.

«Che Babbo Natale generoso...» commentò prendendo i pacchetti che avevo comprato per lui.

Finse di apprezzare più di quanto non gli piacesse veramente il portachiavi che gli comprai con la Magica Palla 8 di feltro. Si era capito che nella nostra relazione io ero il cuore e lui la mente.
Poi aprì l'altro regalo che fu il libro che mi aveva chiesto qualche giorno prima di acquistare in libreria. Ne fu molto contento.

Lui invece mi regalò la sua storia, o quasi. Su dei cartoncini aveva incollato ogni singolo pezzo di carta che aveva appeso alla parete sopra il suo letto d'ospedale, e poi aveva impilato i cartoncini l'uno sull'altro con dello spago marrone.

short life୭̥ Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora