5. Il bello delle stelle

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Nel pieno di quella notte mi alzai e mi appartai vicino alla grande finestra della nostra stanza. Guardare fuori dalla finestra di un ospedale è diverso dal guardare fuori da ogni altra finestra. In qualche modo non guardi fuori.

Spesso soffrivo di insonnia, provavo a dormire e se in pochi minuti non ci riuscivo iniziavo ad agitarmi come non mai.

Prima che arrivassimo in cucina, nel giro scarso di cinque minuti, il medico di turno ci scoprì. Come se avesse le antenne radiofoniche. Ci chiese cosa stessimo facendo lì e Niall lo liquidò dicendo di aver bisogno di un medico per la mia storta immaginaria alla caviglia. Così misi in atto il mio istinto da attrice, allenato per anni e anni, e iniziai a fare una sceneggiatura da vero Oscar. In realtà fu un vero fiasco, la scenata fu così pessima che il dottore non si premurò neppure di controllarmi. Quando tornai in stanza con Niall accanto, che nel mentre si stava piegando in due dalle risate, si complimentò per il mio schifo.

Io non avevo più voglia di dormire mentre Niall pensavo fosse già arrivato al suo quinto sogno. Così guardai le stelle. Una per una. E per quanto potessero sembrare simili viste da una distanza equa, ognuna aveva ogni piccola parte che la differenziava dall'altra. Ma era impercettibile trovare quelle piccole differenze. Ecco perché, le stelle, le ho sempre definite misteriose.

Non mi stancavo mai di osservarle. Soprattutto durante le sere accaldate dell'estate. Quando mi ritrovavo sulla sdraio dopo una cena abbondante, alzavo lo sguardo e avevo la migliore visione cinematografica del mondo. Vivevo solo allora, dopo quel cielo gocciolante.

Quando nessuno le guarda le stelle non sono più stelle. Forse sono diamanti, polvere di fate, risate di bambini, re o schiavi. Sono come siamo noi quando nessuno ci guarda. Così mi occupavo io a guardarle.

Uno scricchiolio si fece eco nelle mie orecchie. Non avevo bisogno di voltarmi per capire chi fosse. A parte il fatto che eravamo solo due in stanza.

Riconoscevo il suo passo lento e calzato. Per un momento cessò, poi si fece sempre più acuto. Mi rimbombava nella testa come se fosse un eco, quel passo. Come se avessi le orecchie bioniche.

Poi un'ombra si accantonò alla mia. Non mi voltai nemmeno allora, mentre di sottofondo si sentivano solo i nostri respiri. Ci circondava il buio, non riuscivo nemmeno a vedere il suo viso latteo. Lo intravedevo solo grazie alla luce debole della luna. Rimanemmo in silenzio, ad osservare quel nero intenso. Quell'infinito, che nessuno avrebbe potuto scoprire fino all'ultimo particolare.

«Adoro queste finestre così voluminose» disse, poi seguì un momento di silenzio.

«Tu sai qual è il bello delle stelle?» mi chiese, tamburellando per un attimo il suo dito contro la finestra.

Scossi la testa in segno di negazione. In realtà avevo un elenco vasto nella mia mente della bellezza delle stelle. Ma dato che Niall aveva una certa visione di vedere le cose, come un poeta pazzo, sentire la sua opinione per qualsiasi cosa era qualcosa di nuovo.

«Che sono morte, ma noi possiamo ancora vederle. Quando alziamo lo sguardo è come se ci trovassimo davanti ad un milione di ricordi differenti, davanti a milioni di versioni di quello che è esistito. È pura scienza»

«Invece c'è del romantico» risposi, toccata.

«Ti sbagli, Allie» si prese una pausa di riflessione, poi continuò «Altrimenti perché sono scritte dettagliatamente sui libri di scienza, di letteratura o nei romanzi?»

«Chiediti cosa non è scritto nei libri, Niall. Loro servono per imparare. Altrimenti il mondo sarebbe solo e soltanto scienza» ribattei.

«Infatti, è così che deve essere.»

Da quel punto ci fu una lunga pausa di silenzio. Ma continuammo comunque ad osservare quel cielo danzante, come fanno i bambini davanti ad uno spettacolo di marionette parlanti. Mi sentivo il pubblico di qualcosa di visto e rivisto centinaia di volte.

«Mi domando», disse «se le stelle sono illuminate perché ognuno un giorno possa trovare la sua.»

«Tu, la tua, l'hai trovata?» gli chiesi.

«Non ancora.»

Così mi voltai verso di lui e gli sorrisi.

«Tu, invece?» si concesse una pausa, «tu l'hai trovata la tua?»

«No» risposi.

«E se la trovassimo in questo momento, insieme? Sarebbe divertente» disse.

Ridacchiai. «Niall, penso anche che non si può scegliere una stella. In fondo sono tutte uguali viste da qui.»

«Tu scegli quella speciale, quella diversa

Iniziai a guardarle una per una, anche se mi sembrò una cosa strana. Quella più fattibile, era la stella polare. Perché spiccava, era riconoscibile. Così gli dissi il mio parere.

«No, non è speciale. È scelta e osservata da tutti, quella. È un punto di riferimento centrale» poi fece per riflettere. «Io scelgo la penultima stella dell'orsa minore, si chiama Yildun

Me la indicò con il dito. Inizialmente fu difficile riconoscerla. Così mi spiegò per bene come trovare il piccolo carro. Gli chiesi come facesse a sapere tutte quelle cose, lui mi rispose che aveva il nonno astronomo. Mi disse che da piccolo gli imparò tutte le costellazioni e lui osservava estasiato le sue mani che gli indicavano esse, una per una.

«Voglio conoscere tuo nonno» ridacchiai entusiasta. Avevo un debole per l'astronomia.

«Oh» lui rise amaramente. «Mio nonno ormai è una stella, fa parte di loro.»

«Mi dispiace, non lo sapevo» mi scusai osservandolo.

«Tutti diventeremo delle stelle prima o poi, Allie» mi sorrise.

In quel momento magico lo stesso infermiere di qualche ora prima entrò nella stanza dicendoci che stavamo parlando a voce troppo alta. La verità era che io e Niall stavamo sussurrando le parole a filo di voce. In modo che ogni parola fosse solo nostra, che facesse parte dei nostri ricordi. Come se dovesse restare per sempre impressa nelle mura di quella stanza, dentro quel marcio ospedale. Facevo anche fatica a sentirlo, per quanto la sua voce risultasse più roca del solito.

Così mi convinsi ancora di più del fatto che gli infermieri avessero davvero le antenne al posto delle orecchie.

short life୭̥ Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora