IX

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"Andiamo Lexy svegliati, c'è Paul!"
Violet mi scuoteva le spalle.
Erano le sette del mattino.
E lei era così arzilla.
Ma come faceva?

"Arriv..arrivo" dissi stiracchiandomi.

"Ah ma guarda chi si vede.."
Un ragazzo alto, moro, muscoloso e ben vestito era appoggiato allo stipite della porta.
Sorrise.
Scesi dal letto di corsa e corsi ad abbracciarlo.
Mi prese in braccio e mi baciò, e si, in quel momento mi fece rendere conto che era di nuovo mio, che eravamo di nuovo insieme.
Mi fece rendere conto che in quelle due settimane non mi aveva dimenticata, e che ci sarebbe sempre stato.
"Dai vestiti, andiamo a farci un giro."
Scelsi la gonna nera con il gilet di jeans. Mi sciacquai la faccia, misi il correttore per togliere quelle orrende occhiaie e un po di mascara.

"Divertitevi" mi disse Violet salutandomi vicino alla porta.

"Hai preso la scelta più giusta" mi disse abbracciandomi
"Ti voglio bene" ricambiai l'abbraccio.
"Anche io" disse.

"Dove mi stai portando!" Tirai Paul verso di me.
Mi aveva bendata e mi stava portando in un posto "magico" dove poter stare insieme.
"Stai calma, piccola" disse dandomi un pizzicotto.
"Ahia.."
Camminammo per tantissimo tempo.
Avevo paura di, chessò andare a sbattere, o magari che mi lasciasse sola. Così di volta in volta gli stringevo sempre di più la mano.

Quando mi tolse la benda, il vento mi fece svolazzare i capelli.
Guardai davanti a me: non c'erano le classiche scritte "ti amo amore mio", i palloncini, gli anelli, i cuscini. Non c'era niente.
C'era soltanto questa enorme distesa verde, con alberi, una cascata e un bellissimo tavolo pieno di cose da mangiare.
Non c'era niente, ed è per questo che lo amavo.
Sapeva che amavo la natura.
Adoravo il silenzio, i posti calmi, gli animali, i picnic.
Mi sentivo completamente persa, sogno, il mio pensiero si perdeva, senza una meta.
Mi potevo rilassare.
Tutto questo con lui.
Aveva organizzato tutto per me.

Presi il suo viso e lo avvicinai al mio, sorrisi e le nostre labbra si toccarono.
Passai il pomeriggio più bello di sempre.
Eravamo insieme, ma a volte capitava che mi sentivo distante da lui, quando ad esempio doveva parlare al telefono con chissà chi, ci metteva una vita per ritornare vicino a me.
'Smettila di dire così, ha organizzato tutto questo per te, ti ama.' mi dissi.
Mangiammo, ascoltammo la musica, ci stendemmo sul prato e, semplicemente, mi sentivo parte di un qualcosa, qualcosa di grande.
Verso le 23.00 tornammo a casa: eh già, stammo li fino a tardi, per poter vedere le stelle.
Vidi due stelle cadenti: alla prima espressi il desiderio di stare sempre con Paul.
Di essere sempre felice.
Alla seconda, però, la mia mente andò sul ragazzo color cioccolato. Inconsciamente, pensai a lui.
Era tutto perfetto, e il suo pensiero mi rese triste.
Era da un sacco di tempo che non lo vedevo più.
Era da un sacco di tempo che non mi cercava.
E aveva detto che non mi avrebbe lasciata sola.
Guardai Paul e tornai alla realtà. Basta pensarci. Anzi, era strano anche solo il fatto di continuare a pensare a lui. Soltanto che mi mancava.
Insomma, volevo vederlo di nuovo.
Non mi aveva nemmeno salutata.

"Lexy?" Disse Paul toccandomi il labbro.
"Scusami, stavo pensando." Risposi sorridendo.
"È ora di andare."

Durante il tragitto ascoltammo Ed Sheeran. La canzone "AFIRE LOVE" mi fece ritornare in mente i giorni all'ospedale, perché Kyle la metteva sempre quando mi sentivo giù di morale per Paul.
Kyle.
Basta, pensarci.

Arrivati all'appartamento di Violet, mi aprì la portiera e disse:"non vedo l'ora di accompagnarti di nuovo al college. Di dormire di nuovo con te."

"Anche io" risposi, anche se nel profondo del mio cuore pensai che mi sarebbe dispiaciuto lasciare Violet.

Mi baciò.

"A domani, piccola"
"A domani, Paul."
Lo guardai negli occhi e vidi il mio riflesso. Negli occhi aveva solo il mio riflesso. E per quanto fosse ovvio dato che davanti a lui c'era il mio viso, mi resi conto che aveva solo gli occhi per me. Mi fece sorridere e gli strinsi la mano.
"Perché ridi?" Disse vicino alle mie labbra.
"Perché sei buffo" risposi
"Buffo? Io? Benissimo, posso anche andarmene allora.." Disse spostandosi dal mio viso e dirigendosi verso la macchina.
Quel distacco mi fece venire freddo.
"Dai scemo, vieni qua." lo implorai sorridendo.
Corse e mi diede un'ultimo bacio.
"Svegliati presto domattina."
"Senz'altro." Gli feci la linguaccia.
Entrò nella sua auto e sfrecciò via.

Guardai la sua macchina girare a destra e non a sinistra, come invece avrebbe dovuto fare per andare al college, ma non ci feci nemmeno tanto caso.

Misi la chiave nella serratura, ma stranamente la porta era aperta.

Entrai.
"Violet?"
Nessuna risposta.

"Violet?"
Andai in cucina, in salotto, in bagno, e niente.

Allora mi diressi verso il piano di sopra.

Violet era in camera sua. Era in camera sua, che piangeva.
Aveva il suo diario aperto.
C'erano mozziconi di sigarette dappertutto e una puzza di chiuso tremenda.
"Violet!" Corsi vicino a lei.

"Ehi che succede?" Chiesi asciugandole le lacrime.

"Niente." Chiuse il diario.
"Niente..stasera esco." Disse, prima di chiudere la porta, prendere un paio di cose, scendere le scale e andarsene.

Lasciandomi sola.

Guardai il suo diario e lessi:
'Quando se ne va un amore, non sei più lo stesso, non ti riconosci, distruggi il tuo "essere", c'è chi poi lo ritrova e chi no...e qui nessuno potrà più ritrovarlo; allora che senso ha vivere ancora, senza più essere?'

Si erano lasciati.

Cam e Violet si erano lasciati.

Sapevo dove stava andando.

Stava andando nel posto che avrebbe caratterizzato tutte le loro esperienze. Il posto simbolo della distanza, ma anche rappresentazione che non esiste distanza se c'è amore.

Stava andando all'aeroporto.

Stava partendo.

Ma per dove?

AFIRE LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora