Ventidue colpi

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Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

Cinque.

Sei.

Chiudo gli occhi, stretti, non voglio più vedere niente.

Sette.

Otto.

Nove.

Dieci.

Undici.

La testa comincia a fare male, la picchio ancora più forte.

Dodici.

Tredici.

Quattordici.

Quindici.

Comincio a sentirmi stordito, sento le orecchie fischiare lievemente, barcollo.

Sedici.

Diciassette.

Diciotto.

Diciannove.

Scende una lacrima, poi tante lacrime, mi si annebbia lo sguardo, appoggio una mano al muro per tenermi.

Venti.

Ventuno.

Ventidue.

Quest'ultimo lo tiro fortissimo, voglio sanguinare, farmi male.

Sento dei passi, confusi, il respiro affannoso di mio padre, poi mia mamma che mi tira su e insieme mi distendono sul letto.

Vedo tutto bianco, non capisco da dove arrivino i suoni e penso sia finalmente arrivato il mio momento.

Sento che un angolo della fronte mi brucia, poi riconosco l'odore del disinfettante.

Mentre mio padre mi medica mi accarezza la testa.

E so che in quel momento sta piangendo.

Lo percepisco.

La delusione è forte e viva nel suo cuore.

"Ma perché non un figlio normale?".

Non lo dice, ma lo pensa costantemente.

Tutte le volte che mi guarda, mi parla, le notti in cui mi medica, mi porta al pronto soccorso.

Sono solo un peso per lui e per la mamma.

E anche lei è distrutta.

La dovresti vedere Tobi, ha due occhiaie scure scure e lo sguardo sempre sul punto di piangere.

Da quando ci sono solo io è tutto un gran casino.

E fa tutto schifo.

Vorrei tanto vedere le stesse cose che vedi tu.

Mi manchi tanto.

Torna.

Per sempre tuo,

Isacco

Forte Come Un Uragano, Leggera Come Una PiumaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora