I don't wait for eternity

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Il sole batteva forte mentre nella penombra del portico di una vecchia casa di campagna, un giovane indugiava a bussare.

Il portichetto non era molto grande, ma abbastanza per una sedia a dondolo e un una panchina in legno rinfoderato, molto comodo a prima vista.

Come ogni giorno mi ritrovai dinanzi all'uscio di quella stessa casa, una porta in legno scuro con su inciso uno spicchio di luna su cui era adagiato un gatto sopito.
Bussai una volta, per indicare la mia presenza ma nessuna risposta dall'interno.

Riprovai ancora, ma nulla, ancora il vuoto.
Sconsolato abbassai lo sguardo e notai in quel momento un leggero movimento della tenda.
Mi hai visto, lo so.
Allora, paziente, mi siedo su quella panchina che ci aveva accompagnato nei giorni sereni di primavera o nelle serate illuminate dalla luna.

Intanto il tempo passava, io aspettavo e mi perdevo nel ricordo.

Così, quando la sera giunse ero ancora qua con sguardo perso, poi bussai ancora prima di lasciare una lettera sotto la fessura della porta ed andarmene.

Passa un giorno, passa un altro e io continuo, busso e aspetto.
Da allora non feci altro che tentare e tentare, senza esito fino all'attuale presente... passa un giorno, poi un altro...
Via a via è sempre meno il tempo che dedico a quel portico, mentre le lettere spariscono del tutto.




Un giorno aprirai la porta e guarderai quella panchina vuota.

Con la porta spalancata ti siederai su quella panchina in cui mi sedevo io e guarderai verso l'inizio di quella strada alla ricerca di qualcosa... Anzi... Qualcuno.

Qualcuno che non arriverà mai.

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