Iniziarono a scendermi le lacrime, non potevo nemmeno toccarmi per asciugarle perchè avebo gli occhi gonfi e indolensiti.
Andai a scuola di jennifer, con la speranza di potermi distrarre un pò.Ero un'ora in anticipo, erano ancora le 12:15. Poi vidi uscire una ragazza. Non riuscivo a vedere bene ma sembrava lei.
Rimasi immobile in mezzo alla strada, ero piena di dolori, poi vidi che iniziò a correre verso di me. Capii che era lei.
"Amore mio auguri!" Gridò da lontano.
Io rimasi lì, ferma in silenzio col trucco colato sulle guance.
Lei continuò ad avvicinarsi correndo e più si avvicinava, più si rendeva conto che ero distrutta."Porca troia. Chi ti ha ridotta così? Che ti hanno fatto?" Disse con un'aria spaventata.
"Mi hanno fatto gli auguri per il compleanno." Risposi fredda.
"Ti prego, lasciali stare. Ora ci sono, andiamo a casa e mettiamo del ghiaccio sugli occhi.
Io stavo venendo a prenderti a scuola, volevo farti una sorpresa, invece l'hai fatta tu a me. Ma come hai fatto a venire? Non dovevi essere a scuola?""No Jè, vado da sola a casa. Sono scappata da scuola. Mamma non sa che sono qui. Tu oggi tranquilla, vai dal dentista, tanto io resto a casa."
"Domani recuperiamo e festeggiamo, promesso."
Mi abbracciò forte. Avevo bisogno di quell'abbraccio, aveva anestetizzato tutte le parti doloranti, compreso il cuore.Tornai a casa a testa bassa, con le cuffiette nelle orecchie, camminando molto lentamente.
"Mamma sono a casa, oggi sto nel garage, suono un pò."
"Va bene amore ma non pranzi?"
"No mamma, ho già preso un pezzo di pizza fuori con Jennifer. A sta sera."
Mi sedetti al pianoforte e iniziai a suonare una serie di note a caso, per sfogarmi, per cacciare tutto quello che avevo dentro. Suonai per circa 30 minuti, con la speranza di sfogarmi un pò, ma non mi bastava.
Avevo bisogno di qualcosa di più forte.Chiusi gli occhi per tranquillizzarmi un pò. Improvvisamente li riaprii.
Mi alzai di scatto dallo sgabello del piamoforte e andai a prendere il taglierino nella cassetta degli attrezzi.Lo aprii facendogli fare uno scatto, appoggiai sul polso la parte con la lama, presi un respiro e tracciai una linea lunga circa 5 cm, immediatamente, ne feci un'altra.
Cadde una goccia di sangue per terra, io mi appoggiai al muro e mi sedetti strisciando con la schiena tutta la parete.
Restai lì, a terra, sorpresa da quello che avevo fatto, da quello che ero diventata, dal mostro che stavo diventando, dal fatto che con quel gesto, ero morta dentro. E fidatevi, non c'è cosa più brutta di morire dentro.