Storia di un fiore che resiste e combatte

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Essere una pianta può essere difficile. Ovviamente dipende da quale pianta sei: ti accorgi di quanto sei fortunato o meno non appena ti rendi conto di essere un seme. Prendiamo gli alberi, ad esempio. Loro hanno una vita facile: sono grandi, alti, robusti, non si piegano per il vento. I fiori, invece, sono fragili, piccoli, deboli e indifesi. Io sono proprio un fiore, nato e cresciuto su una duna circondata da un recinto, in una spiaggia. Non sono bello quanto una rosa o elegante come un'orchidea o colorato quanto un garofano. Sono uno stupido fiore biancastro, cresciuto insieme ad altri stupidi fioracci nella stupida sabbia di una duna vicina a uno stupido mare. Sarei potuto essere una rosa o un'orchidea o un garofano, ma non è stato così. Ma lasciamo perdere le mie lamentele, perché devo raccontarvi una storia. Ed è qui che comincia.

Era iniziato da poco l'autunno. L'aria e l'acqua del mare cominciavano a diventare fredde. La spiaggia, che in estate veniva invasa dai bagnanti, a poco a poco si svuotava. Solo alcune persone continuavano a venire la domenica, per rubare le ultime giornate di sole. Un sabato sul tardi, quando la spiaggia era ormai deserta, vennero due giovani e si fermarono ai piedi della mia duna. Stesero gli asciugamani, poi la ragazza si diresse verso la riva, invitando il ragazzo a fare lo stesso. Lei si tuffò. Subito il giovane la seguì, tuffandosi anche lui e riaffiorando accanto a lei. Rabbrividirono per il freddo, sorridendosi come ebeti. Si schizzarono l'acqua, risero e giocarono. Li osservai divertirsi fino a quando il sole non tramontò. Fu allora che uscirono dall'acqua e corsero per prendere gli asciugamani. Dopo essersi asciugati, lui indicò la mia duna.

"Saliamo?" propose.

"Ma non è vietato?" chiese lei, guardandolo incerta.

Sì, è vietato.Fareste bene ad andarvene, pensai, leggermente irritato.

"E quindi? Non c'è nessuno che può vederci!" esclamò lui.

Oltre che a sorridere come ebeti, fare il bagno con l'acqua gelida, dovevano confermare la loro idiozia disturbando la mia quiete? A quanto pareva, sì. Salirono sulla duna e si sedettero accanto a me. Tra loro calò il silenzio, che fu rotto, poco dopo, dalla ragazza.

"Senti, è un po' di tempo che volevo dirti una cosa" disse lei, imbarazzatissima.

"Cosa?" chiese lui.

Non ci arrivava da solo, quello stupido umano? Era ovvio che voleva dirgli che era innamorata di lui!

"Credo... tu...insomma...." balbettò lei.

Lui sorrise per incoraggiarla.

"Mi piaci" buttò lei tutto d'un fiato.

Era ora. Con i tuoi continui balbettii, l'avrebbe scoperto l'anno prossimo, commentai tra me e me.

"Anche tu mi piaci" disse lui.

Perfetto. Bel finale. Adesso un bacio e filate a casa. Ma si può sapere perché dovevate venire fin qui per dirvelo?  pensai.

Lui la prese per mano e la baciò, sussurrando parole stupide e troppo dolci per i miei gusti. Tutta quella dolcezza smielata e zuccherina avrebbe potuto rendermi inutile la fotosintesi clorofilliana. Dopo il bacio finalmente se ne andarono. Ma la mia tranquillità era ormai compromessa. I due innamorati tornarono il sabato dopo. E quello dopo ancora. Aspettavano che la spiaggia fosse deserta, poi scavalcavano il recinto e si sedevano vicino a me, in cima alla duna. Una sera il ragazzo tese il braccio e afferrò il mio gambo. Il terrore mi invase, mentre tutta la mia vita mi scorreva veloce davanti. Ti prego, non staccarmi, ti prego, ti prego, ti prego!

"No, non farlo" esclamò lei, quando lo vide tentare di uccidermi.

"Perché?" chiese lui, allontanando la sua manaccia da me. Sentii un grande sollievo, il pericolo era cessato.

"Cresce nella sabbia, al caldo. E' un fiore che resiste e combatte" spiegò, "non è giusto staccarlo."

Lui la guardò senza capire, poi sollevò le spalle e si disinteressò a me.

"Ci conviene andare" disse "inizia a fare freddo".

Lei annuì e se ne andarono.

Il sabato seguente non vennero. Cominciai a chiedermi dove fossero finiti, prima di rimproverarmi di preoccuparmi troppo per due stupidi umani. Per tutta la settimana che seguì ripensai alle parole che aveva detto la ragazza.

Un sabato, il sole era già tramontato, dopo tre settimane che la coppia non tornava, vidi lei. Piangeva. Si diresse verso la duna, scavalcò il recinto, salì e si sedette. Scoppiò in un pianto ancora più disperato.

"Quel bastardo..."disse tra i singhiozzi, "mi ha lasciata... lasciata...". Cercò di asciugarsi le lacrime che scorrevano copiose. "Perché non sono così bella da poter... perché..." continuò, piangendo e parlando con frasi sconnesse.

"Perché non sono più bella?" si chiese.

In quel momento capii. Ci preoccupavamo tanto del nostro aspetto esteriore che avevamo dato per scontato le qualità che ci rendevamo unici. Non ero un bel fiore, lei non era una bella ragazza. Ma eravamo forti, resistenti. Io ogni giorno combattevo contro il caldo e l'aridità, non mi ero mai riconosciuto questa capacità. Lei era sensibile, appassionata, profonda ma non se ne era mai resa conto. Ciechi di fronte al nostro aspetto,avevamo ignorato ciò che eravamo dentro. Io vivevo in un posto inospitale per moltissimi bei fiori. Una rosa, un'orchidea o un garofano non sarebbero mai potuti sopravvivere. Io invece sì. Io, il fiore di un colore biancastro, riuscivo laddove altri non sarebbero riusciti. Durante la notte il pianto di lei si calmò, fino a spegnersi. Lei si asciugò le lacrime e sorrise. Non era uno di quei sorrisi luminosi che rivolgeva a lui, ma uno di quelli piccoli che increspano appena le labbra.

Il sole cominciò a fare capolino dal mare, mentre il cielo si schiariva. Fu alle prime luci dell'alba che noi, con un nuovo orgoglioso e felice sentimento, ci schiudemmo al mondo.

Note
1) Il fiore di cui parlo è il giglio marino (quello della foto in questo capitolo). Crescono tra le sabbie vicino al mare. Li trovo molto belli, tant'è che quando vado al mare con la famiglia ne colgo sempre un paio (perdonami, fiore!).
2) Questo racconto è del 2014, credo. L'ho scritto in occasione di un concorso di scrittura creativa indetto dalla mia scuola e la traccia che era stata data è quella che ho sottolineato. Così, se per caso vi interessa.
3) Non fate caso alle "battute umoristiche". Sono incredibilmente tristi. Gesù, non ho mai avuto un senso dell'umorismo decente. 

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