2 novembre

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H 00:30
Ho paura mamma. Ho paura di perdere la partita che è diventata la mia vita. Prima vinco, segno il gol, poi vado in fallo.
Mi sento in bilico. Sospesa tra la vita e la morte.
Non esiste altro che questo. La costante paura di perdere. La costante sensazione di essere ingombrante, pesante ed insignificante.
La verità è che tutte queste tre cose mi compongono, e mi distruggono.
Ho paura di ferire Lauren, anzi, credo di averla già ferita quest'oggi. Sono una brutta persona, perché ho fatto del male all'unico essere umano a cui importa davvero di me.
Per non parlare di Amanda. Non ho idea di cosa provasse per me, ma io non ero la persona giusta per lei. Non avrei mai potuta essere l'amica di cui aveva bisogno.
Mi sento incapace di provare amore e gioia. Non ricordo nemmeno il significato di queste parole. Credo di non averlo mai saputo a dire il vero.

2 novembre
Giornata persa in un incubo. Ho smarrito la retta via.
Non mi resta più nulla.
Soltanto il dolore.
Ho fallito miseramente.

Questa mattina, come da programma, mi sono dovuta pesare. Non volevo. Ma ho DOVUTO. Perché devo collaborare in qualche modo. Solo se collaboro mi lasceranno uscire indenne e potrò essere libera di digiunare quanto voglio. 
Uscita da camera mia avevo il cuore a mille. Una terribile sensazione nel petto, una voragine che mi stava aspettando a braccia aperte. Ci sarei caduta di lì a poco.
Una volta salita sulla bilancia, ho ripensato a tutte le volte in cui ho compiuto quel gesto da sola, a casa, nel mio bagno. Abbassando la testa per guardare, ho sentito la testa vorticare sul collo. Il numero mi ha fatto piangere. Sono aumentata. Non lo scriverò, mi fa troppa paura, ma quando sono scoppiata a piangere davanti all'infermiera, lei mi ha guardata come se fossi impazzita.
Perché secondo lei io sono troppo magra, ma non è la verità.
Io soltanto conosco la realtà. E mi spaventa.
Sono uscita dalla stanza quasi correndo, in preda al panico, alla paura. Non sono riuscita ad andare nella stanza delle televisioni. Non volevo farmi vedere in quello stato da nessuno. Non volevo che lei vedesse il mio grasso.
Volevo annullarmi e porre fine a quel rovente dolore. Sono corsa in camera mia, mi sono gettata sul pavimento e ho iniziato a fare flessioni, addominali, sino a che non ce l'ho fatta più e sono crollata priva di fiato con la schiena sul pavimento.
Mi sono raggomitolata in posizione fetale e ho chiuso gli occhi, sperando di non svegliarmi più una volta aver perso i sensi.
L'ho sperato con ogni fibra del mio maledetto essere.

Delle mani delicate mi hanno sollevato da terra. Le ho sentite sul mio corpo, poi le braccia. Mi ha spogliata lentamente, dopo avermi trascinata nel bagno della mia camera. Ho sentito l'acqua tiepida sul corpo, la superficie della vasca, quelle mani accarezzarmi le braccia, insaponarmi lentamente, togliendo i brividi e il sudore.
Poi mi ha lavato piano i capelli, prendendomi poi in braccio di nuovo e avvolgendomi il corpo in un asciugamano.
Ho riconosciuto il volto di Lauren tra la nebbia causata dal dolore. Era lei che mi stava aiutando. Mi sono aggrappata a lei con le forze che mi restavano, e sono crollata sul letto. Lentamente lei mi aiutato a rivestirmi, e mi ha accarezzato i capelli.
Non riuscivo a parlare, la paura del fallimento mi ha immobilizzata.
Lei mi ha stretto forte a se.
Credo di essermi addormenta. Cullata dal suo profumo e dalle sue carezze delicate sulla guancia, tra i capelli.
Lei mi ha vista priva di abiti, senza più protezione.
Ma non mi importa più di niente adesso.

Quando ho riaperto gli occhi il buio mi ha accecata. Ho avuto di nuovo paura. Mi sono sentita smarrita.
Il mio stomaco ha iniziato a brontolare con forza.
Nel letto ero sola, mamma. Erano le 16 del pomeriggio. Lauren non c'era più, ma sul comodino ho trovato un vassoio con del cibo. Una barretta, una mela, una bottiglia d'acqua.
Avevo fame, come sempre, ma non ho toccato nulla.
Sono scivolata di nuovo tra le coperte.
Senza Lauren ho avvertito ancora più freddo.
È come se se ne fosse andata una parte di me. Sono esagerata nel dire questo? Non mi importa. È quello che sento.

La sera è stato il momento peggiore. Sono rimasta sola per tutto il tempo, non ho toccato nulla.
Nessuno è venuto a controllare le mie condizioni. Sono abituati a crisi del genere. Hanno troppi pazienti da controllare.
Alle 21 mi sono svegliata di nuovo, e la fame mi ha fatta strisciare quasi sul pavimento. Sono uscita di fretta dalla stanza, mi sono ritrovata in mensa, deserta a quell'ora, e non mi sono resa conto di nulla, solo delle mie dita che stringevano il pomello della credenza del cibo. Il cibo, le mie dita stringevano cibo, la mia bocca che masticava e masticava.
Mi sono resa conto troppo tardi di quello che avevo combinato, e quando sono corsa di nuovo in camera mia per vomitare tutto ho visto Lauren in piedi davanti alla stanza.
Era accanto al letto.
Era così piccola, indossava una felpa molto più grande di lei, i capelli neri raccolti in una coda alta ma che si stava disfando.
Lei era lì che mi fissava. Alla ricerca della ragazza che pensava di trovare.
Ho iniziato a piangere e mi sono lanciata contro la porta del bagno, ma lei mi ha immobilizzata, facendomi ricadere sul letto. Mi ha stretta fortissimo a se, impedendomi di correre in bagno, impedendomi di vomitare tutto quello che avevo nello stomaco.
Ho gridato, ho pianto, ho inveito contro di lei.
Poi ho iniziato a tremare, a guardala negli occhi sommersi dalle lacrime. Le ho chiesto scusa. Lei ha scostato un ciuffo dei miei capelli dal viso e ho visto il suo braccio pieno di cerotti.
Erano sporchi di sangue. Mi sono sentita morire dentro mamma.
<< Lauren...>> non riuscivo a parlare. Volevo il suo perdono, perché per colpa mia, di nuovo, si era fatta del male.
Lei ha scosso la testa e mi ha stretta più forte a se. Poi l'ho sentita piangere forte. Mi ha lasciata soltanto per scivolare sul pavimento e piangere in solitudine, la schiena appoggiata al letto. Io sono rimasta stesa tra le coperte, il cuore a pezzi, ad ascoltarla piangere.
È tornata da me, e dopo tutto il dolore che le ho arrecato mi ha abbracciata ancora. Vorrei darle la forza di cui ha bisogno ma sono troppo debole.
Vorrei aiutarla ma non so nemmeno cosa fare con me stessa.
Soltanto di una cosa ero sicura mamma.
Sono scivolata piano accanto a lei, ho scostato il suo braccio dal viso, si stava coprendo gli occhi, le ho accarezzato i capelli neri e mi sono avvicinata a lei.
Le mie labbra si sono fermate sulle sue, e tutto quello che sono riuscita a fare è stato restare immobile. Lei ha dischiuso le labbra, dandomi il via libera, e ci siamo baciate, senza fermarci. È stato il mio primo bacio. Non ho mai baciato nessuno in vita mia.
Mi sono sentita viva e così... amata.
Non voglio pensare al perché, l'ho soltanto fatto.
Poco dopo Lauren si è staccata piano da me, mi ha sorriso ed è tornata a stringermi a se.
Ci siamo addormentate l'una tra le braccia dell'altra.
Ancora una volta.
Per la prima volta ho sognato cose belle.
Ho sognato lei, poi tu, mamma, tu che mi abbracciavi e che mi dicevi che mi vuoi bene.
Peccato che sia soltanto un sogno.

La luce del sole illumina il suo corpo. Lauren sta dormendo. Nel mio letto. La sto osservando da ore. Non voglio perdermi più nulla di lei.
Non voglio perdere nulla mamma.
Sii felice per me, se ci riesci.
Sto provando per Lauren quello che tu avresti dovuto provare per me.
Amore.
Ti voglio bene, nonostante tutto

Camila

Ecco la lettera nuova ❤️ piccolagigante spero ti sia piaciuta *-* La prossima ci sarà a metà settimana :) Non manca molto alla fine comunque :( in ogni caso, buon martedì 😍❤️

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Ecco la lettera nuova ❤️ piccolagigante spero ti sia piaciuta *-* La prossima ci sarà a metà settimana :) Non manca molto alla fine comunque :( in ogni caso, buon martedì 😍❤️

14 giugno 2016
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Nonostante tutto, ti voglio bene Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora