Capitolo sei.

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Non riesco a smettere di pensare a lei.
Posso sembrare pazzo, lo so. Ma è così.
Nella mia testa continuano a frullare tutte le cose che mi ha detto. Che sono un malato, un degenerato.
Non riesco a smettere di pensare ai suoi occhi  mentre mi guardavano, al calore che emanava il suo corpo, alle sue labbra perfette. Non riesco a togliermi dalla testa il suo profumo, la morbidezza della sua pelle. Per un attimo soltanto, quando le mie dita si sono incrociate alle sue, ho pensato che stesse provando le mie stesse emozioni.
Lei mi piace, e tanto.
Questo mi porta a pensare che sono completamente andato, dato che ho fatto un sacco di cazzate per lei.
Sto mandando la mia vita a puttane per lei.
E non mi sono mai sentito così in vita mia.
Sempre pronto a dimostrare quanto valgo per riuscire a conquistare qualcosa che voglio con tutte le mie forze.
È sbagliato, lo so. Ma è più forte di me.
Sono solo incazzato con me stesso per essere stato così un idiota. Sono entrato nella sua vita con troppa irruenza, con troppa violenza. Forse se ci fossimo conosciuti in un'altra circostanza avrei potuto conquistarla diversamente. A modo mio, con le cose più semplici; un fiore.. una passeggiata, una cena sulla spiaggia e poi l’avrei portata a ballare.
Forse lei si sarebbe lasciata corteggiare da uno come me.
Esco dalla doccia e mi asciugo rapidamente. Guardo quell’idiota nel riflesso mentre pulisco lo specchio con la mano. Che figlio di puttana che sei.
Lei non ti perdonerà mai.
Mi friziono i capelli con l’asciugamano e mi vesto molto velocemente. Non appena esco dal bagno sento bussare alla porta.
Vado ad aprire e mi ritrovo il mio migliore amico coglione che gironzola nella mia cucina.
“Allora?” dice mentre chiudo la porta.
“Vuoi una birra?” chiedo andando in cucina.
“Si, grazie amico.”
Apro il frigo ed estraggo due birre, una per lui e una per me.
“Senti amico..” inizia a parlare mentre io gli porgo la birra. “Sei il mio migliore amico, e per questo ti voglio bene. Ma stai facendo un sacco di cazzate.. Non voglio che ti metti nei guai per quella ragazza” mormora.
“Credi che sia così idiota da mettermi nei guai?” faccio un finto sorriso.
“Loro hanno il potere di fare tutto ciò che vogliono. E lo sai perché? Perché sono ricchi da far paura.. e possono comprare qualsiasi cosa. Persino le persone, se vogliono.”
“È che..” farfuglio. “Non lo so, c’è qualcosa che ancora non so. E mi preoccupa” rivelo appoggiandomi sul bancone della cucina.
“Come fai a sapere che non lo sai?”
“Perché l’altro giorno me l’ha detto la sua amica. Ha detto che la famiglia sa qualcosa di importante..” spiego.
“Forse ha scoperto le umili origini della tua modesta famiglia. Che sei un pezzente..” ridacchia.
“Un pezzente?” ripeto facendo una smorfia.
“Si, che non hai tutti i soldi che hanno loro” ribatte.
“No, è qualcosa di più importante. Ne sono sicuro.”
“E che mi dici di lei?” beve un sorso di birra.
“In casa eravamo soli. E c’era una strana atmosfera, dopo un po’ ha iniziato a parlare anche se per insultarmi..” sussurro.
“Ma tu sei contento anche di questo.”
“C’è stato un momento in cui l’ho afferrata, era così vicina a me.. e sentivo il suo calore. Il suo profumo, e stavo sul punto di baciarla.. e in quel momento ha cominciato ad offendermi e a strillare” borbotto.
“Certo che il fatto è strano, come mai non si è sposata? Io comunque continuo a pensare che la storia con questa ragazza non può andare avanti..” mormora.
“Si ma se non sbaglio a quest’ora doveva essere sposata con un altro e guarda caso non è così” faccio una smorfia.
“La cosa che mi preoccupa è cosa può essere che non so. Qualcosa che lei mi tiene nascosto..” parlo tra me e me.
“E cosa?” alza un sopracciglio.
“Mi ha detto che è una cosa che si porterà dietro per tutta la vita e che per questo mi odia..”
“Quella ragazza è un mistero..” farfuglia. “Lana” dice facendo un segno con la mano. “anche il suo nome è sintomatico. Ti fa capire subito che è una ragazza con un carattere forte. Deve somigliare ad una belva..” ridacchia.
“Ma che cazzo dici?” sbotto.
“Questa femmina è un pericolo. È come una tigre e prima o poi ti sbranerà fratello.”
“Ma che diavolo dici.. si vede che non la conosci..” sussurro.
“Ah no? E tutte le cose che mi hai raccontato? Tutti gli insulti che ti ha rivolto?”
“Ha tutte le ragioni per trattarmi così, di maltrattarmi e di umiliarmi in continuazione.. anche se quando mi guarda con odio, i suoi occhi dicono altro. Io credo che sia buona..” affermo.
“Certo, come no. Ma glie l’hai detto che tuo padre è venuto qui a picchiati?” chiede.
“Non ha nessuna importanza e poi non posso lamentarmi. Se avessi avuto una figlia anche io avrei fatto la stessa cosa, se non di peggio. Anche se.. se devo essere sincero.. non mi è piaciuto come mi ha umiliato davanti alla mia famiglia e non mi piace nemmeno come ci ha definiti. Ma credimi, stanne sicuro.. me la pagherà per quello che ha fatto.”
“E cosa vorresti fare?”
“Prendermi Lana. Lei è la mia proprietà..” sussurro facendo oscillare la mia birra contro la sua.
“Ah, ma allora.. la tua è un ossessione.. fortuna che domani non dovrò vederti” ridacchia.
“Perché no?” chiedo.
“Il capo ha deciso di tenere chiusa l’officina per un paio di giorni, ha detto che ha delle cose da sbrigare fuori città” spiega.
“Finalmente una buona notizia” ribatto.
“Già, ma non approfittartene. Se fai qualche cazzata ti prendo a calci in culo” mi da una pacca.
“Si è fatto tardi, devo andare ad un appuntamento” mi fa un occhiolino.
“Ci si vede amico” mi saluta mentre lo accompagno alla porta.
Vado dritto in camera mia e chiudo la porta. Mi fisso nello specchio e mi passo una mano sulla spalla, quella che ha graffiato mentre la prendevo selvaggiamente.
Figlio di puttana.
Bastardo.
Degenerato.
Depravato.
Violento.
Forse ha ragione lui, forse lei non mi vedrà mai per quello che sono. Mi vedrà sempre e soltanto come quel pazzo di quella notte. Mi tocco le labbra che hanno sfiorato le sue.
Stupratore.
Animale.
Delinquente.
Maniaco sessuale.
Disturbato.
Queste parole mi rimbombano nella testa. Cado sul letto di schiena e chiudo gli occhi.
Sperando che le voci nella mia testa smettano di tormentarmi.

“Louis, tesoro.. non fai colazione? E perché non sei andato al lavoro?” chiede mia nonna mentre mi infilo il giubbotto.
“Nonna, oggi non è giornata” la ammonisco.
“Non vuoi mangiare qualcosa?”
“No, grazie” ribatto mentre prendo le chiavi della moto sulla credenza.
“Ma dove vai?” chiede.
“Esco. Ci vediamo più tardi” la informo e in pochi secondi sono già fuori, che scendo gli scalini rapidamente. Apro il garage ed esco la moto fuori.
So che non dovrei farlo, ma è più forte di me.
Mi attrae come una calamita.
Devo sapere come sta e perché non si è sposata.
Infilo il casco, metto in moto e con tanti pensieri che mi girano per la testa mi ritrovo fuori casa sua.
Mi nascono dietro al cancello per non farmi beccare. Una macchina parcheggia fuori casa e dal suo interno esce la bionda che sta sempre con lei.
Quanto la odio quella. Sta sempre attaccata a Lana, qualsiasi cosa lei faccia. Sembra la sua balia.
Lana esce di casa con la sua bellezza innocente e viene sorpresa da sua zia. La tira per un braccio contro voglia e la fa infilare nella sua auto.
Stringo forte la mano attorno al manubrio, fino a farmi sbiancare le nocche.
Ma perché si lascia trattare così? Perché fa tutto quello che gli ordinano? Mi fa rabbia tutto questo.
Vorrei tanto sapere dove la sta portando.
Mette in moto e io le seguo, attento a non farmi scoprire. La signora bionda sembra essere un vero fenomeno alla guida, dato che ha evitato tutti i semafori. Ha fretta e vorrei sapere perché.
La sua auto si ferma fuori ad una clinica.
Perché sono venute qui?
Forse Lana sta male.
Parcheggio a mia volta e decido di seguirle fino e su.

LANA POV.

Non so per quale motivo io mi sia fatta trascinare fino a qui. Sembra che tutta questa storia sia soltanto una faccenda per loro e niente più. E pretendono che io la risolva al più presto.
Mia zia crede che tutto questo sia cosa di poca importanza. Crede che fare una cosa del genere sia come estrarre un dente cariato.
Ma io non sono così.
Andiamo, un aborto è una cosa spregevole.
È un omicidio silenzioso, senza firma.
Io non sono così, sebbene non mi piaccia l’idea di portare in grembo il frutto di una violenza, non vuol dire che io sia tanto cattiva e spregiudicata da volerlo ammazzare.
La testa quasi mi scoppia e il cuore mi martella forte nel petto. Sto per fare una cosa che non mi piace per niente e che non voglio fare.
“Siediti” mi ordina. Faccio come dice e ho lo sguardo perso nel vuoto. “Vado ad avvisare che siamo arrivate. Se è già entrato qualcuno dovremmo aspettare” sussurra accarezzandomi i capelli. Sono incapace di parlare, di emettere qualsiasi suono.
Se ne va, lasciandomi da sola. Persa. Nel mio silenzio.
Le parole di mia madre mi rimbombano ancora nella testa.
Questa creatura è innocente.
Non ha nessuna colpa.
Non voglio essere complice di un omicidio.
È un peccato mortale.
Te ne pentirai in futuro.
Mi fa orrore quello che pensi.
Mi guardo attorno nella stanza e penso a ciò che devo fare.
Mi alzo e mi avvio alla porta.
Lana, sei sicura di ciò che stai per fare?
Prendo un bel respiro e afferro la maniglia.
La apro e improvvisamente compare lui. In tutta la sua altezza e mi sta davanti, mi scruta con volto interrogativo. E adesso cosa faccio?
In un attimo sono fuori al lungo corridoio e scappo lontana da lui ma mi sta dietro. Con movimenti agili del corpo mi afferra per un braccio e mi tira verso di lui.
“Lana fermati. Sta calma” dice mentre io cerco di liberarmi.
“Voglio solo parlarti. Perché sei dal medico? Stai male?” chiede preoccupato.
“Vattene” lo respingo.
“Voglio solo sapere cos’hai..” sussurra.
“Non ho proprio nulla e se avessi qualcosa non ti riguarda e non ti deve riguardare” sbotto.
“Invece mi importa” ribatte mentre io mi divincolo e riesco a scappare.
Il cuore batte forte mentre continuo a correre.
“Aspetta” mi afferra nuovamente il braccio.
“Lasciami” mi dimeno. “Ma perché continui a perseguitarmi? Fino a quando dovrò continuare a vedere la tua faccia? Per me tu sei solo un bastardo, un maniaco, un essere schifoso. Un animale..” urlo.
“Un animale” ripeto mentre corro verso le scale. Scendo velocemente qualche scalino e mi afferra di nuovo.
“Aspetta, fermati” dice.
“No. No” urlo scuotendo la testa.
“Va bene. Va bene. Non mi vuoi più vedere? Mi odi allora? È questo che volevo sapere, volevo esserne sicuro” sbotta all’improvviso.
Mi afferra e mi strattona mentre la sua faccia arrabbiata è a pochi centimetri dalla mia.
“Io sono un animale, un figlio di puttana. Sono un pezzente per te, vero? Ti faccio schifo? Non ho tutti i soldi che avete voi. Quando i tuoi amici passano il loro tempo a studiare io mi faccio il culo. Io non ho avuto una vita facile, ho sempre dovuto lavorare. Non ho mai avuto un padre e una madre che pendevano dalla mia bocca per soddisfare ogni mio fottuto capriccio. Vuoi sapere una cosa?” urla furioso mentre mi sbatte contro il muro e imprigiona entrambe le mie mani con le sue contro di esso.
La sua faccia è vicino alla mia e riesco a percepire la sua rabbia.
“Sono un depravato, un perfetto bastardo e tu non mi dimenticherai finché andrai avanti con la tua cazzo di vita. Ma cosa pensi di essere?” urla furioso.
Mi lascia le mani ma sono come pietrificata dal suo sguardo di fuoco.
“Cosa pensi di essere, eh? Sei soltanto una fottuta ragazzina viziata ed orgogliosa, una puttana di classe, una ragazza superficiale e materiale, capace solo di spendere o di girare nelle camere di qualche ricco del cazzo” abbaia.
Involontariamente, queste accuse mi bruciano. Comincio a colpirlo dappertutto.
“Sta ferma” mi ordina mentre mi risbatte contro il muro. Le mie mani sono imprigionate dalle sue molto più grandi e forti.
“Non continuare a provocarmi” ringhia.
“Ho capito di che razza sei, avrei voglia di strapparti e buttarti via come si fa con l’erba cattiva. Perché sei come un veleno. Un veleno che mi scorre dentro le vene” urla.
“Lasciami” urlo cercando di togliermelo di dosso.
“Sta zitta” ringhia. “Non ti preoccupare, fra poco ti lascerò stare per sempre ma lo farò quando ne avrò voglia io” ribatte.
“Io sentivo altro per te, avrei voluto vivere di te. Ma adesso mi sparerei piuttosto. Non sento più nulla” mormora. “Non sento più nulla. Solamente lo stesso disprezzo che tu provi per me. Disprezzo” dice con tono gelido.
All’improvviso fa una cosa del tutto inaspettata.
La sua bocca è sulla mia, violenta e spietata. Le sue labbra morbide mi baciano con insistenza mentre mi divincolo. Mi preme addosso tutto il suo corpo e sento ogni millimetro del suo essere. Mi afferra per i capelli e la mia bocca si schiude lasciando il via libero alla sua lingua che mi bacia senza ritegno.
Così schifosamente sensuale.
Ad una piccolissima parte del mio corpo piace la sua lingua così esperta mentre il mio cervello odia lui con stessa intensità con cui io odio me stessa.
La sua bocca si stacca dalla mia e con il petto che va su e giù si porta il dorso della mano sulla bocca e si pulisce le labbra.
“Questo perché tu si senta umiliata. Perché ti senta disprezzata” dice con affanno. “Contenta?”
“Sei contenta?” urla. “Ora vattene” mi indica le scale.
Sono completamente pietrificata, riesco soltanto a guardarlo mentre il cuore mi batte ancora forte. Spiaccicata ancora al muro, tento di scendere lo scalino. Ma inciampo e rotolo per tutta la gradinata di scale. La mia testa batte a terra ed è tutto buio.

LOUIS POV.

Mi guarda con occhi terrorizzati come quella notte. Mi fa male, ma mi sento fottutamente libero.
È la verità, lei è soltanto una ragazzina orgogliosa e viziata. E potrò umiliarmi altre centinaia di volte ma non cambierà mai nulla per lei.
Le ordino di andarsene anche se mi pento per il tono che ho usato.
Ancora attaccata al muro, tenta di scendere lo scalino ma non so come inciampa e rotola per tutte le scale, battendo la testa a terra.
“Lana” urlo in sua direzione.
Scendo le scale velocemente e prendo il suo viso tra le mani.
“Lana” tento di svegliarla.
La prendo in braccio e salgo di nuovo le scale. Un infermiera non appena mi vede con lei in braccio mi chiede cosa è successo e le dico che è caduta. La posiziono sulla barella e la vedo scomparire lungo il corridoio.
Prendo a pugni il muro maledicendomi per averle detto quelle cose. E se le succedesse qualcosa? Se le succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai.
Tento di calmarmi e di prendere la situazione in mano.
È passata all’incirca mezz’ora da quando Lana è entrata in quella stanza e ancora non ho ricevuto nessuna notizia.
Decido di fare di testa mia.
Mi dirigo verso la porta e non appena ci arrivo l’infermiera di poco prima esce sorridendomi.
“Allora? Come sta?” domando.
“Sta bene. Puoi entrare se vuoi” mi informa.
Okay, adesso cosa faccio? Fanculo tutto.
Entro piano e mi chiudo la porta alle spalle.
È stesa sul lettino pallida in volto, i capelli arruffati e il viso contratto. È bellissima. Soprattutto quando sta zitta.
Mi avvicino a lei e rubo questo momento per accarezzarla. La pelle del suo viso è morbida e liscia sotto le punte delle dita. Gli sfioro la curvatura della guancia, la mascella e il labbro inferiore.
Prendo una delle sue piccole e graziose mani e ne bacio il dorso, sentendo il profumo della sua pelle sotto le labbra.
Sono completamente andato.
Catturato.
Preso.
“Non avrei mai voluto che succedesse” sussurro accarezzandogli i capelli.
La porta improvvisamente si apre e il padre di Lana entra con una donna, quella che credo sia sua madre.
“Lana figlia mia” si avventa su di lei.
“Che ci fai tu qui?” viene verso di me.
“Che cosa hai fatto a mia figlia?” urla.
“Non ho fatto niente, è stato un incidente” spiego.
“Esci di qui immediatamente o non rispondo più di me” mi ordina. “Fuori” urla.
“Va bene, me ne vado. Stia più tranquillo, potrebbe avere un attacco di cuore” lo derido mentre mi sbatte la porta in faccia.
Bei modi del cazzo.
Non posso andarmene, devo rimanere e sapere se va tutto bene. Non posso lasciarla così, senza avergli detto che mi dispiace per tutte le cose che gli ho urlato contro.
Devo escogitare qualcosa, fin quando i suoi genitori saranno qui io non potrò vederla.
E chi sono loro per impedirmelo? 
Mi nascondo nella hall della clinica con la speranza che prima o poi vadano via.
Dopo un’ora circa li vedo uscire dall’ingresso principale. Non so se sono andati via definitivamente o se ritorneranno, e non mi importa.
Devo vederla. Mi affretto a salire le scale e corro per tutto il corridoio. Ho il cuore in gola.
Fermo un’infermiera con la speranza di avere sue notizie.
“Mi scusi, vorrei sapere come sta la paziente del 305” chiedo passandomi una mano tra i capelli.
“L’hai portata tu qui?” chiede.
“Si..” sussurro.
“Sta molto meglio, l’hanno dimessa..” mi informa.
“Dimessa” ripeto.
“Si, è stata molto fortunata. Per fortuna non ha perso il bambino” dice.
“Il bambino?” chiedo come rincretinito.
Quale bambino? Oh mio dio, sto per svenire.
“Non sapevi che fosse incinta?” sorride.
“No” dico con tono confuso mentre tutto si riduce alla parola “Incinta”.
“Si, la ragazza è incinta da circa un mese. Con permesso” dice e mi rimane da solo.
Incinta. Incinta. Incinta. Non posso crederci, aspetta un bambino. È incinta.
È incinta.. quindi se io… oh cazzo.
Tutto attorno a me gira ma non ha importanza.
Corro da lei con il cuore che mi martella nel petto come un tamburo.
Apro la porta e la richiudo dietro di me. È seduta sul lettino con le gambe penzoloni, le agita mentre si guarda nello specchietto che ha in mano. Un piccolo livido gli si è formato sotto l’occhio.
Ma non è stata mai così bella per me.
Non appena mi vede sgrana gli occhi.
“Sei incinta?” chiedo con stupore. “È mio?” mi avvicino.
“Come l’hai saputo?” borbotta.
“Me l’ha detto l’infermiera. Ma perché non me l’hai detto?” sorrido.
“Io non sono tenuta a dirti niente” ribatte.
“E perché no se sono il padre?” farfuglio. “Mi dispiace un sacco per quello che ti ho detto e per la caduta. Se penso che ti saresti potuta fare male tu o il bambino.. potevi perderlo” mormoro.
“Smettila. Smettila. Non mi tormentare più” sussurra mentre inizia a piangere. Mi avvicino a lei e mi siedo al suo fianco.
“Ma perché piangi?” chiedo prendendole il mento tra l’indice e il pollice. “Dovresti tranquillizzarti” sussurro mentre dai suoi occhi scende una lacrima. La raccolgo con il pollice mentre le accarezzo una guancia.
“Non posso credere che aspetti il mio bambino” sussurro mentre gli accarezzo la pancia ancora piatta. Tento di avvicinare la mia bocca alla sua e nello stesso momento la porta di spalanca. Ma che cazzo.
“Ancora tu” urla suo padre contro di me. Viene verso di noi e tira Lana per un braccio facendola scendere dal lettino. “Ascoltami bene, se continui ad infastidirla.. ti faccio arrestare” mi punta il dito contro.
“Signore, mi ascolti io..” tento di spiegarmi mentre mi avvicino a loro.
“Non mi interessa affatto quello che desideri tu. Meriteresti una bella lezione. Andiamo via” urla mentre tira Lana per il braccio.
La mia mascella si serra. “Non la tratti così” borbotto.
“Non sei tu che devi suggerirmi come trattare mia figlia. Stammi bene a sentire, fai in modo di sparire dalla nostra vita” mi minaccia. “Andiamocene” tenta di uscire ma chiudo la porta con la mano.
“Un momento” mormoro. “Non si può liberare di me così facilmente..” aggiungo arrabbiato.
“Ma che dici?” fa una smorfia.
“Lana è incinta e quel bambino è mio. Io sono il padre” la indico.
“Puoi anche dimenticartelo. Mia figlia non terrà mai quel bambino. Mi hai capito?” urla.
“Che?” aggrotto la fronte.
“Se non ti fossi intromesso sarebbe già tutto sistemato. E non cercare di pretendere dei diritti che non hai. Questa creatura non nascerà mai..” grida.
Lana ha gli occhi bassi, come mortificata. Mi avvicino a lei. “Non puoi fare una cosa del genere” sussurro con dolore mentre con le punte delle dita sfioro le sue.
“Sta lontano da lei” urla suo padre e mi colpisce forte in pieno viso.
“Non hai il diritto di immischiarti” urla per l’ultima volta. Lana mi guarda e poi sono fuori mentre io mi asciugo il labbro con il dorso della mano.
Prendo a calci qualsiasi cosa mi sia davanti.

“È incinta. Di mio figlio.”
“Ne sei sicuro?” fa una faccia strana.
“Ovvio, me l’ha detto l’infermiera” scrollo le spalle.
“No, dico.. sei sicuro che il bambino sia tuo?”
“Michael ma che dici? E di chi?” socchiudo gli occhi.
“Del fidanzato forse..” ribatte.
“No. È impossibile. Lei non è mai stata con nessuno, nemmeno con lui. Solo con me, capisci?”
“Questo bambino è mio” sussurro andando avanti e indietro.
“Cazzo Louis. Aspetta che lo scopra papà..” mormora con disappunto.
“Sono sorpreso, sbalordito… e” sussurro.
“E?”
“Nello stesso tempo sto male. Il fatto di avere un bambino in una maniera così.. brutale” aggiungo disgustato.
“Ascolta Louis. Tu hai commesso una brutta azione però ti sei pentito. Lei prova un grande rancore nei tuoi confronti, questo è sicuro. Ma poi le passerà con il tempo..”
“Magari.”
“Lei adesso sta aspettando un bambino tuo. Ma te lo immagini quando tuo figlio ti dirà papà..”
“Tu credi che succederà?”
“Nonostante tutto, tu hai il diritto di avere tuo figlio, di amarlo e di lottare per lui..”
“Hai ragione. Chi sono loro per impedirmelo? Io voglio lottare per lui anche se non è ancora nato. Nemmeno tutto il potere che ha quella gente riuscirà a togliermelo” ribatto.


LANA POV.

Mio padre mi ha riportata a casa, mi ha trattata come se fossi un pacco.
Ovvio, certamente.
La signorina Ferrari non deve comportarsi in questo modo. La signorina Ferrari non può prendere decisioni, non può decidere da sola. La signorina Ferrari deve sempre dar conto a qualcuno. Mi sono stancata di tutto questo.
“Come stai tesoro? Come ti senti?” mi accoglie mia madre.
Come in prigione, ecco come mi sento.
“Ma che le prende?” chiede mia zia.
“Quel disgraziato stava la..” le informa mio padre.
“Come?”
“L’ho trovato in camera insieme a lei. Ma fino a quando quell’individuo continuerà a perseguitare mia figlia? Adesso è ancora peggio, comincia a pretendere di avere dei diritti” sbotta.
“Già lo sa?” chiede mia zia.
“Me l’ha gridato in faccia” ribatte mio padre.
“Lana glie l’hai detto tu?” mi chiede zia Selenia.
“No” sussurro.
“E allora? Come l’ha saputo?”
“È stata l’infermiera” mi giustifico.
“E sarà già sulla bocca di tutti a quest’ora” mormora mio padre.
“Dobbiamo fare qualcosa.”
“Smettetela di assillarla” urla mia madre. “Tesoro, vieni in camera con me. Megghi ti sta aspettando..” sussurra prendendomi la mano.
Mi allontano dal caos totale per rinchiudermi nella mia stanza.
Megghi non appena mi vede mi abbraccia forte e mi sussurra parole rassicuranti.
“Ma cosa è successo?” chiede.
“Mi ha detto che io non lo potevo fare. Era una specie di imposizione. Come se avesse dei diritti su di me..” borbotto.
“Fino ad un certo punti li ha non credi?” fa una smorfia.
“Ma che dici?” sbotto.
“Lui è il padre del bambino Lana. E anche se questo ti umilia lui ha dei diritti tanto quanto te.”
“È la stessa cosa che ha detto lui. Ma non gli permetterò assolutamente di intromettersi in questa cosa..” ribatto.
“Lana ma cerca di capire….”
“Non gli permetterò di entrare nella mia vita. Questo non lo posso accettare.”
“Ma non si tratta solo della tua vita. C’è un'altra vita” tenta di convincermi.
“Di questo io non ho colpa e non avrei mai immaginato di rimanere incinta” borbotto.
“Nessuno se l’aspettava. Ma è successo” esclama.
“Perché proprio a me? Non merito una cosa del genere..” brontolo.
“Adesso tutti si preoccupano per questo bambino. Tutti lo vogliono far fuori. Mia madre ha detto che è un peccato e che questo bambino è innocente..” dico toccandomi il ventre.
“Ed ha ragione. Questa creatura non ha nessuna colpa. Non puoi negargli il diritto di venire alla luce” ribatte.
La porta si apre e mia madre entra.
“Che succede?” domando.
“Lana di là c’è Oliver. Ha detto che vuole parlarti..” mi informa. “E tu l’hai fatto entrare?”
“Si, ha detto che vuole chiederti una cosa importante..” aggiunge.
“Okay, rimanete qui. Me la sbrigo da sola” sussurro arrabbiata. Vado diretta nel salone. Ho proprio voglia di sentire cosa ha da dirmi.
Lo trovo seduto sul divano e mi siedo al lato opposto, creando distanza.
“Come va?” mi chiede.
“Bene.”
“Possiamo parlare?” mi chiede.
“Si, certo.”
“Come ti senti? Mi hanno detto che sei caduta. Pensavo saresti stata di più in ospedale. Sai ci ho pensato molto in questi giorni. È un vero peccato che il tuo problema non sia ancora stato risolto. Sarebbe stato meglio per te, suppongo” inizia a parlare.
“Si, sarebbe stato meglio per me suppongo” ripeto.
“Bene, ad ogni modo se vuoi stare con me bisognerà risolverla. Tua zia me ne ha parlato. Ha detto che domani andrete di nuovo dal medico..” spiega.
“Domani” sussurro.
E perché io non ne so niente?
“Si, a te non l’ha detto?”
“No.”
“Bisognerà fare in fretta Lana. Ti ho detto che sono disposto a sposarti però bisogna risolvere questo problema adesso. È l’unica condizione” ribatte.
“Quando intendi prendere una decisione?”
“L’ho già presa, e proprio in questo momento” ribatto sicura di me.
“Cioè?”
“Questo bambino nascerà, voglio tenerlo.”
“Ti rendi conto di quello che stai dicendo?” fa una risata amara.
“Certo e non voglio interrompere questa gravidanza.”
“E ti rendi conto di quello che significa? E di quello che fai?”
“Si, e per la prima volta da quando è cominciata questa storia sono sicura. Sono stata una pazza accecata dalla mia sfortuna, mi hanno trattata come un burattino, mi hanno persino dato degli ordini. Adesso invece so cosa voglio..” spiego.
“Tanto vale..” tenta di alzarsi.
“Io non voglio mettere in pericolo la vita di questo bambino. Ne sono sicura.”
“E cosa farai quando tutti si accorgeranno che ti cresce la pancia? Dimmelo. Eh? Cosa farai? Perché io non ho intenzione di prendermi la responsabilità…” farfuglia.
“Non preoccuparti tesoro, tu non ti devi preoccupare. Non attribuirò a te la paternità di mio figlio” sbotto.
“E allora che spiegazioni darai alla gente? Perché naturalmente vorranno sapere, no? Le tue amiche moriranno dalla curiosità. Che cosa racconterai Lana? La verità?” sogghigna.
“Racconterai che ti hanno violentata?”
“Non mi importa, non mi importa. Che lo sappiano. Ne ho abbastanza dei segreti, di bugie e di inventare cazzate, che lo sappiano tutti” sputo.
“Che si divertano pure a sparlare di me e che dicano tutte le cattiverie che vogliono” urlo.
“Sei un isterica” scuote il capo.
“Sono soltanto disperata e tu hai contribuito più di tutti a farmi arrivare a questo” sputo indignata.
“Pensa a quello che rinunci in cambio di niente. Alla tua reputazione, alla tua felicità accanto a me.”
“Non ne voglio più parlare. Ho già preso la mia decisone” ribatto convinta.
“Vuoi perdere me per un..” mi indica la pancia.
“Il fatto è che non voglio più stare con te Oliver..” rivelo.
“Come?” spalanca la bocca.
“I tuoi sentimenti valgono poco per me. Perché vedi.. ormai il tuo amore è diventata una cosa da niente, non ha più valore…” spiego.
“Ma di che mi stai accusando?”
“Di non essere quello che mi aspettavo. Di non essere stato al tuo posto accanto a me. Sei un meschino, hai perso valore davanti ai miei occhi. Hai perso l’occasione di essere un uomo buono e generoso.”
“Stai scherzando?”
“Ti saresti dovuto mettere al mio posto amore caro, comprendere la mia tragedia, il mio dolore. Avresti dovuto aiutarmi senza condizioni, senza superbia.. senza il tuo falso orgoglio maschile..” sputo.
“Avresti dovuto proteggermi, capire quello che provavo. Capire la mia sfortuna e dividerla con me. Questo deve fare un uomo se è veramente un uomo. Certo se la ama, se ama veramente la sua donna” aggiungo.
“Ho già fatto abbastanza perdonandoti.”
“Tu non avevi proprio niente da perdonare.”
“Come no? Ti avrei sposato ugualmente dopo tutto quello che è successo..” mormora.
“Grazie Oliver, grazie. Grazie tante” dico con tono sarcastico. Mi alzo dal divano e vado verso la porta.
“Non voglio avere più niente a che fare con te. Tieniti pure il tuo cognome, il tuo matrimonio e il tuo anello” borbotto sfilandomelo e gettandolo a terra.
“Puoi riprendertelo” mormoro con le braccia incrociate.
“Sei impazzita Lana? Pensa bene a quello che fai” alza la voce.
“Non voglio più discutere.”
“Attenta” mi ammonisce venendo verso di me. “Potresti pentirtene!”
“No, io non me ne pentirò. Tra noi due è finita..” mormoro.
“Credevo che tu volessi sposarmi” urla.
“Il prezzo che avevi stabilito era la vita del bambino. E io non voglio ucciderlo” ribatto.
“Ma tu sei impazzita” urla.
“Che succede? Cosa sono queste urla?” interviene mia madre. “Oliver perché gridi?”
“Perché sua figlia è una pazza. Ecco perché. Vuole tenere il bambino.”
“Mamma ho preso la mia decisione e vi chiedo di rispettarla. Voglio tenere il bambino. Informa la zia che disdica l’appuntamento per domani e digli che non provi a dissuadermi perché ho già deciso” spiego.
“Oliver?” lo chiamo mentre sta andando via.
“Dimentichi l’anello” sussurro.
Torna indietro e si abbassa per raccoglierlo, poi va via come un fulmine.
“Sono orgogliosa di te” sussurra mia madre.
Già, vorrei sentirmi anche io orgogliosa di me stessa.



“Ho comunicato a papà la tua decisione. Puoi immaginare come ha reagito ma non ti preoccupare.. gli passerà” mi informa mentre chiude la porta.
“Sono orgogliosa di te, sei una ragazza molto coraggiosa. So bene che sarà difficile, proverai tanto dolore e dovrai sopportare anche tante umiliazioni. Dovrai pensare a tutti i momenti faticosi che ti aspettano. Ma non ha importanza, ce ne saranno altri talmente dolci che ti ricompenseranno. Quando nascerà il tuo bambino.. e poi quando lo vedrai crescere..” sussurra.
“Io non lo vedrò crescere mamma.”
“Perché?”
“Non voglio vederlo. Quando nascerà voi lo porterete via.”
“Lana” mi ammonisce.
“Intendo farlo adottare” mento.
“Ma che stai dicendo? Che assurdità è questa..” sussurra.
“Non è un assurdità, io ci ho pensato bene mamma. Al contrario credo che sia il modo più ragionevole e umano per risolvere questo problema..” farfuglio.
“Ti vuoi privare della tua creatura e affidarlo così a delle persone estranee?” sbotta.
“Quelle persone gli daranno una casa, gli daranno affetto.. cose che io non potrò mai offrirgli.”
“Questo è assurdo. Non riesco a credere che tu stia parlando sul serio..” piagnucola.
“Il bambino nascerà” tento di camuffare il mio tono. “In questo tu avevi ragione. Sarebbe un crimine impedirgli di nascere.”
“E allora perché non lo vuoi tenere?” grida.
“Il bambino nascerà mamma, te l’ho promesso. Ma non mi chiedere di più” mi giro di spalle.
“Come puoi rinunciare a lui? È tuo figlio” urla.
“Non è mio figlio” biascico.
Per quanto mi faccia male mentirgli è una cosa che devo fare. Per il mio bene, e quello del bambino.
“Questo come osi dirlo?”
“Un figlio è qualcosa che si desidera. Un figlio è frutto di un amore, che nasce dall’unione di un uomo e una donna. Dove c’è tenerezza, dove c’è amore vero. L’essere che si sta formando nel mio ventre per me sarebbe come un estraneo, non lo voglio tenere.”
“Ma Lana..” mormora.
“È stato concepito contro la mia volontà, con la forza. È il frutto di un istinto sudicio, basso e animale..” sussurro.
“Ti prego..”
“Mi ricorderà sempre quel momento di umiliazione e vergogna. Non lo voglio accanto, non potrei amarlo.”
“Mi fa orrore sentire queste cose” piange.
“Ma è la verità” ribatto.
“Come puoi rinunciare a lui che è carne della tua carne..”
“È il figlio di un uomo che odio. Che non avrei mai voluto conoscere. E quando verrà alla luce, voglio che lo portino via.”
So quello che faccio, d’ora in poi nessuno più mi comanderà. Tutti saranno all’oscuro. Tutti, per il suo bene.

LOUIS POV.

“Ma allora è proprio vero? Quella ragazza vuole abortire?” chiede mia nonna sconcertata.
“Si” sussurro.
“Ma come fa ad odiare suo figlio?”
“Non lo so nonna.. sto cercando di darmi una spiegazione logica ma non ci riesco..” sussurro.
“Forse perché è mio e lei mi odia. E avrà riversato tutto il suo rancore sul bambino.”
“Ma il piccolo è innocente..” bofonchia.
“Io vorrei evitarlo, sto cercando di farlo. Mi sono piazzato davanti casa sua ma oggi non è uscita. E ho l’angoscia che possa accadere qualsiasi cosa.. e il peggio è che non posso salvare mio figlio..” sputo irritato.
“Non fare così..” mi accarezza una guancia.
“Quel bambino è anche mio e deve capirlo..” ribatto.
“Louis, figliolo io vorrei aiutarti ma non so cosa fare..” dice mio padre.
“Lascia stare papà, non riesco a combinare niente io figurati tu..”
All’improvviso sentiamo bussare alla porta e mio fratello va ad aprire.
La signora bionda entra nella mia cucina e ci guarda.
Ma che cazzo ci fa qui? Dio, quanto la odio.
“Salve” ci saluta.
“Salve” risponde mio padre. “Cosa desidera?”
“Desidero parlare con lui” mi indica.
“Chi è questa signora Louis?” mi chiede mio padre.
“Sono venuta solamente per sapere quanto vuoi” mormora.
“Chi è lei?” chiede mio padre.
“Sono io che lo chiedo a lei.”
“Io sono il padre di Louis. E lei chi è che si presenta in casa mia in questo modo?”
“Io sono la zia della signorina Ferrari. E sono venuta a fare una proposta a suo figlio” spiega.
“Sono stata autorizzata ad entrare in trattative con te” si rivolge a me.
“Trattative?” faccio una smorfia.
“Dimmi quanti soldi vuoi per lasciare in pace Lana. Per scomparire dalla sua vita, per non cercare più di contattarla. Noi siamo disposti a regalarti del denaro a patto che tu non cerchi mai più di avvicinarla. Ne di avere a che fare con la storia del bambino..” aggiunge.
“Lei mi vuole comprare?” faccio una risata amara.
“Certo” esclama.
“Lei sta stabilendo il prezzo della vita di mio figlio?” mormoro.
“Sto solo stabilendo il prezzo del tuo silenzio e della tua discrezione..” bofonchia.
“Io lo so cosa state cercando di fare” la indico. “Volete togliermi di mezzo perché il bambino non nasca ma se è stata Lana a mandarla qui le dica che non si illuda.. perché io sono il padre di quel bambino..” alzo il tono della voce.
“Puoi smetterla di dire stupidaggini? Sono venuta qui perché mio cognato desidera porre fine alla tua intromissione..” gracchia.
“Mi intrometto perché ne ho il diritto” ribatto incazzato nero.
“Senti, non serve tutta questa commedia. Dimmi quanto è che vuoi o preferisci che ti faccia io un’offerta?” alza un sopracciglio.
“Ma che sta dicendo questa signora..” dice mio padre.
“Lei non si intrometta.”
“Io mi intrometto perché questa è casa mia e faccio quello che mi pare..” urla.
“Io sono una persona rispettabile” contrabatte.
“Rispettabile? E allora cerchi di continuare ad esserlo.”
All’improvviso apre la sua borsa ed estrae un pezzo di carta. “Prendi” me lo porge.
Sono tanti soldi.
“È un assegno già compilato. Mi sembra che sia una somma ragionevole..” sussurra.
“Ha ragione è una somma ragionevole ma..” straccio il foglietto in mille pezzi.
“Ma che fai?”
“Qui non si vende e non si compra nessuno. Siete quel tipo di persone che a forza di comprare non sapete più dare. Non sanno più chiedere e non sanno ricevere qualcosa in cambio di niente. Credete di comprare tutto non è vero?” sputo indignato.
“Ma perché non smetti di batterti i pugni sul petto, chi credi di impressionare con tutti questi bei discorsi da quattro soldi. Non dimenticare che io so di che razza sei, so quello che sei capace di fare..” mi punta il dito contro.
“Ho sbagliato e ho chiesto perdono. Mi sono pentito.”
“Meriteresti di essere in prigione, ti ci avremo potuto sbattere per parecchi anni e invece di farlo ti abbiamo offerto del denaro purché tu ti tolga dai piedi. Dovresti accettare l’idea e esserci grato.”
“Io non vi ho chiesto un cazzo.. e non pretendo niente. Adesso se ne vada o potrei cacciarla io stesso.”
“Va bene, me ne vado. Però ti avverto, non ti avvicinare mai più a mia nipote, ti accadrebbe qualcosa di spiacevole. Tu non ci conosci ancora abbastanza.”
“Neanche voi conoscete me.”

PAURA DELL'AMORE. (Miedo Al Amor) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora