Capitolo sette.

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Non ci dormo più la notte.
Di giorno la penso e quando dormo la sogno.
È diventato come un incubo.
Convivere con l’angoscia e l’ansia che possa succedere qualcosa di irreparabile da un momento all’altro è terribile. E se lo fanno per davvero?
Se la portano lontana e non me la lasciano vedere più?
È una settimana che tento di parlarle ma non è mai uscita di casa. E questo mi fa impazzire.
Proprio in questo momento la sto seguendo. Mi domando come mai sia uscita da sola e perché sta camminando nel parco senza nessuno che la controlli.
Ad ogni modo non me importa un cazzo, devo parlare con lei. Non voglio spaventarla, ne farla fuggire ma devo tentare tutto.
La raggiungo con passo svelto mentre cammina con aria pensierosa.
“Lana” la chiamo mentre mi avvicino.
Si gira e mi guarda spaventata. Inizia a correre come una dannata e mi tocca seguirla. Ma che diavolo..
“Lana” la afferro per un braccio.
“Aspetta, fermati. Non dovresti correre nel tuo stato” ansimo.
“Che ci hai qui?” borbotta.
“Volevo parlarti..” sussurro lasciandola.
“Di cosa?” urla.
“Come di cosa? Del bambino” tento di toccarla.
“Non mi toccare” sputa.
“Okay, va bene. Non ti tocco.. ma possiamo parlare?” chiedo.
“Ma cosa vuoi da me? Non capisci che non voglio più vederti?” grida.
“Hai abortito?” chiedo in ansia.
Mi guarda e soppesa se rispondermi o no.
“No..” sussurra.
“Oh grazie al cielo..” sospiro mentre cerco di avvicinarmi.
“Ho pensato ad un sacco di cose. Credevo che ti portassero via o che ti facessero togliere il bambino..” spiego.
“Questo non ti riguarda..”
“Certo che mi riguarda.. sono il padre di questo bambino..” mormoro.
“Ti hanno fatto fare qualcosa contro la tua volontà? Ti hanno toccata?” le accarezzo il viso mentre lei si ritrae.
“Pensi forse che i miei familiari siano dei mostri?” sbotta.
“Si, ne sono convinto. Loro ti tengono chiusa in una torre d’avorio, controllano tutti i tuoi movimenti.. ti mettono le cose in testa” spiego.
“Lana andiamocene via. Sposiamoci e scappiamo lontano. Ti prometto che sarò un buon padre e soprattutto un buon marito. Decidi tu dove vuoi andare, ho dei soldi da parte…” parlo a raffica.
“Tu sei pazzo” sussurra.
“Credi davvero che io mi sposerei con te? La persona che mi ha rovinato la vita? Quella che ha distrutto i miei sogni e che ha violato la mia intimità? Sei pazzo?” si mette ad urlare.
“Si.. sono pazzo di te” rivelo sotto voce. “E voglio che tutti lo sappiano. Voglio che cresciamo il nostro bambino insieme.. perché lo terrai vero?” chiedo ancora una volta.
“Il bambino nascerà ma tu non hai nessun diritto su di lui.. non è una cosa che ti riguarda..” sputa.
“Che cosa vuoi fare?” chiedo con tono serio.
“Il bambino nascerà ma non lo voglio. Non voglio tenerlo..” borbotta.
“Che?” spalanco la bocca.
“Lo darò in adozione..” aggiunge.
“Non puoi fare una cosa del genere.. sei impazzita? Vuoi consegnare nelle mani di sconosciuti il nostro bambino?” urlo.
“Questo bambino è soltanto mio. Io e te non siamo niente. La creatura che si trova dentro di me appartiene soltanto a me e sarò io a decidere del suo futuro..” mormora mentre tenta di andarsene.
“Lana, ti prego” la fermo. “Non puoi farlo. Ti prego” sussurro.
“Tu preghi me? Ti sei dimenticato di quando ti pregavo io affinché la smettessi? Eh? Ti sei dimenticato di quando ti imploravo ma tu continuavi a scoparmi senza un briciolo di umanità? Perché io non lo dimenticherò mai..” biascica.
“Ma come puoi abbondare tuo figlio?”
“Non è mio figlio. Non lo voglio e non lo vorrò mai. Devi accettarlo.”
“No, io non accetto un bel niente..” la prendo per un braccio. “Prova solo a fare del male a mio figlio e te la faccio pagare” dico sotto voce.
“Mi stai minacciando?”
“Si. E di alla tua famiglia che mi lascino in pace” sputo. Le lascio il braccio e me ne vado.
Se crede che la farò vincere si sbaglia di grosso.


LANA POV.

Non so esattamente cosa si prova ad essere una mamma. Ma so che per il bene del proprio figlio deve fare delle scelte. Ed io ho fatto la mia. La mia famiglia mi sta continuamente con il fiato sul collo, ho detto loro che non appena avrò avuto il bambino lo darò in adozione. Tutti, compresa mia madre è convinta di questo. Ho bisogno che loro credano a questo, ho bisogno di andare via, fuggire dalla mia vita. Ricominciare da capo.
Questo bambino non l’ho voluto ma me lo tengo per diritto. Perché è mio, e nessuno me lo può portare via. Mio. Soltanto mio. E nonostante lui abbia certe pretese non glie lo farò vedere mai.
Non ha nessun diritto su di lui.
Nessuno.
“Io spero che tu non faccia caso a tutte queste chiacchiere. Tu sei al di sopra di cose simili.. e poi sono passati soltanto due mesi. Vedrai che presto tutti se ne dimenticheranno..” mormora Megghi mentre mi riempie un bicchiere di succo.
“Vorrei mandarli tutti al diavolo” borbotto.
“Ma non puoi parlare così. Tu devi pensare ad andare avanti..” dice mentre mi porge il bicchiere.
“A noi donne non è concesso andare avanti” farfuglio mentre giocherello con la cannuccia.
“Ma come fai a dire questo? Proprio tu, una ragazza così moderna, brillante e studiosa..”
“E a che cosa serve se poi sono stata emarginata perché un ragazzo mi ha preso con la violenza? La gente per bene storce il naso ma nello stesso tempo si diverte. Le mie amiche mi trattano come una lebbrosa e il mio fidanzato mi ha lasciata..” sputo.
“Il tuo ex era un coglione, le tue amiche sono invidiose e diaboliche e la tua famosa alta società e solo una grande ipocrisia. Per nessuna di queste cose vale la pena stare male, è la vita” ribatte.
“Non scherzare con queste cose perché sono i valori in cui credevo, le cose che io ho sempre rispettato e ora tutto questo è crollato” farfuglio.
“Allora costruisciti un altro mondo. Meno brillante. Ma più giusto, più solido.. non un castello di sabbia.”
“E quello che sto cercando di fare, ma non è facile.. credimi” mormoro.
“Tutto adesso mi è contro. Io sto crollando, ho paura di non farcela.”
“Ma tu non puoi crollare, cerca di tirare fuori la forza” ribatte.
“Ma come faccio?” alzo di poco la voce.
“Io non sopporto questo atteggiamento da vittima che hai Lana.. perché è molto facile dire adesso tutto mi è contro. Invece quello che devi fare è reagire e farti forza. E se senti dei pettegolezzi alza le spalle e vattene via. Dimentica le critiche..” borbotta.
“Dovrei essere fatta di ferro.. non sentire, non avere paura. E nemmeno pietà” sussurro.
“Adesso cerca di non esagerare” ribatte.
“Io non ho più nessuno che valga la pena di amare” aggiungo distratta.
“Questo lo dici adesso ma vedrai che un giorno ti innamorerai di nuovo.”
“No. Mai. Dopo questa esperienza l’amore mi sembra una cosa orrenda” sbotto.
“Non dire queste cose Lana..” mi ammonisce.
“Dovrei trasformarmi e diventare una specie di robot. Io devo essere forte” ribatto. “e ho cercato di esserlo in questo periodo.. davvero, ma è solo una facciata. Quando sono sola e mi sdraio sul letto piango come una stupida, come una stupida sentimentale” rivelo.
“Tu dici che non hai nessuno da amare, ma una cosa ce l’hai.. hai tuo figlio..” sussurra accarezzandomi la mano.
“Perché non fai di lui la tua ragione di vita?”
“Megghi.. mi devi aiutare” sussurro.
“E come Lana?”
“Io ho deciso di tenere il bambino” rivelo.
“Si, questo già lo so..”
“Ho detto a tutti che una volta partorito lo darò in adozione.. ma non è così..” spiego.
“Cosa?” sgrana gli occhi.
“A te lo posso dire, sei la mia migliore amica e devo avere una persona fidata che mi possa aiutare in qualsiasi caso. Ho detto ai miei genitori che darò il bambino in adozione, ma io non voglio farlo. Una volta partorito me ne andrò lontano con lui e non tornerò mai più a Caracas..” spiego.
“E lui lo sa?”
“È proprio per lui che ho inventato questa bugia, perché non voglio che abbia niente a che fare con noi. Non lo voglio vicino a me. Lo odio, lo odio con tutta me stessa e non lo vedrà mai. Questa sarà la sua punizione, non conoscere mai suo figlio.. Gli farò credere che ho abbandonato il bambino e così ci lascerà finalmente in pace..” sussurro.
“Sei una pazza.. Ma come ti è venuta in mente una cosa del genere?”
“È per il bene del bambino. Mi dici che futuro potrebbe avere con me che vivo ancora sotto stretta sorveglianza dei miei..?”
“Avresti potuto dire la verità. Che vuoi vivere con tuo figlio..” aggiunge.
“Conosci bene mio padre, sai come è fatto. È implacabile, non accetterà mai un nipote bastardo, soprattutto se è figlio di Louis.”
“In ogni caso puoi contare su di me. Ti voglio bene e ti coprirò sempre” dice abbracciandomi.

LOUIS POV.

“Louis, che fai? Esci?” mi chiede mia nonna.
“Si, vado a mangiare qualcosa fuori con Travis” la informo mentre predo le chiavi della moto.
“Mi raccomando Louis, cerca di non fare tardi. Non farmi stare con il pensiero..” mi accompagna alla porta.
“Nonna torno presto. Sta tranquilla” gli stampo un bacio sulla guancia.
Per questa sera decido di lasciar perdere la moto e faccio due passi a piedi. Per sentire il contatto dell’aria sulla pelle, per essere più normale.
Raggiungo Travis in poco tempo fuori ad un locale carino che si trova nelle vicinanze.
“Hey, amico” mi saluta.
“Hey.. come va?” chiedo restituendo il saluto.
“Bene e tu? Hai una certa faccia..” mormora mentre si siede al bancone.
“Come vuoi che stia? Sono incazzato nero, deluso.. arrabbiato con me stesso..” farfuglio.
“È ancora decisa a darlo via?” chiede.
“Si. E io non posso fare niente..” borbotto.
“Ma ti rendi conto? Quello è mio figlio, mio figlio.. capisci? E non posso fare niente..” dico incazzato.
“Ma perché fa così?”
“Mi vuole ferire perché sa che soffrirò a non poter vedere il bambino..” sputo irritato.
“È tutta colpa mia” mi passo le mani in faccia.
“Ma smettila..” mi spintona.
“Si, è colpa mia. Sin dall’inizio io sono stato il responsabile di tutto. Se mi fossi comportato diversamente ora non starei qui ad ubriacarmi” ribatto.
“Io la voglio. Voglio lei.. capisci?” farfuglio.
“Con tutte le ragazze sole che ci sono al mondo..” scuote il capo.
“Si ma lei è la madre di mio figlio.. e poi non sopporto l’idea di vederla con qualcun altro.”
“Ecco cosa succede quando ti innamori della persona sbagliata..” ribatte.
“Già..” sussurro.
“Senti amico.. ho una proposta da farti. So che non sei dell’umore adatto ma potrei sempre convincerti. Ho rimorchiato due ragazze e ci aspettano in un locale poco distante da questo.. vuoi venire? Ti farà bene distrarti..” spiega.
“Trav, ho messo incinta una ragazza e non mi vuole perdonare, secondo te una scopata mi risolleverebbe il morale?”
“No.. ma” sussurra.
“Vacci, tu..” faccio un sorriso. “Io me ne torno a casa, davvero. Sta tranquillo” mormoro.
“Davvero, amico?” chiede.
“Si.. vai. E.. pago io qui..” lo informo.
“Okay, amico. Grazie” mi da una pacca sulla spalla.
“Ci darò dentro anche per te” ammicca malizioso mentre si allontana.
Chiedo il conto e pago velocemente. Una volta fuori mi incammino verso la strada infilandomi le mani nelle tasche dei jeans.
La strada è semi deserta e i negozi sono tutti chiusi. Ci sono poche persone mentre in lontananza si sentono i rumori della città urbana. Ma nonostante questo sento che qualcosa non va. Come se ci fossero delle ombre. Mi giro ma non vedo nessuno.
All’improvviso una mano mi tappa la bocca mentre delle braccia mi tengono fermo. Vengo trascinato in uno squallido vicolo mentre cerco di divincolarmi dalla loro presa.
Non li vedo bene in faccia perché è buio ma uno mi tiene per le braccia mentre l’altro mi colpisce più volte con dei pugni violenti nell’addome.
“Louis Guerra..” sussurra mentre mi tiene fermo per i capelli. “Brutto figlio di puttana..” sputa mentre mi colpisce in faccia, ancora e ancora. Quell’altro mi lascia cadere a terra mentre mi assesta un calcio nelle costole. “Alzati, abbiamo ancora parecchie cose di cui parlare..” mi ordina l’altro.
“Che cazzo vuoi?” chiedo spuntando sangue.
“Tu non devi fare domande..” mormora mentre mi alza e continua a colpirmi.
“Pezzo di merda” farfuglia l’altro.
Quello più grosso mi prende per i capelli e mi sbatte con la faccia contro il cofano di una macchina.
“Ti piace la lezioncina che ti stiamo dando?” chiede mentre stringe la presa sui capelli e preme ulteriormente la mia faccia sul metallo dell’auto.
“Prendete quello che volete” ansimo.
“Non vogliamo il tuo denaro del cazzo. Tutto questo ti servirà per farti capire che non bisogna importunare le persone per bene” aggiunge lasciandomi andare. 
“Chi cazzo vi manda?” urlo mentre mi avvento su uno di loro. Riesco a colpirlo in faccia, cade a terra e gli do un calcio nell’addome. “Chi vi manda?” domando di nuovo prendendolo per la maglia.
All’improvviso sento una cosa metallica e dura premermi contro la schiena.
“Adesso sta fermo” mi ordina alle spalle.
Alzo le mani in segno di resa e mi giro per guardarlo in faccia. “Sta calmo..” sussurro guardando la canna della pistola.
Provo a disarmarlo dandogli un calcio sul braccio. La pistola cade a terra mentre quell’altro nel tentativo di buttarsi su di me spinge il suo amico che a sua volta batte la testa sul marciapiede. Quello più grosso guarda prima me e poi l’amico steso a terra. Poi fugge, lasciandomi solo con lui.
Mi abbasso e cerco di rianimarlo. “Andiamo, andiamo” sussurro mentre lo scuoto. Noto che il marciapiedi è sporco di sangue e porto le dita sulla gola. È morto, cazzo. E adesso che faccio? Chiamo qualcuno? Chi chiamo?
Nello stesso momento una signora si ferma a guardare e vede il ragazzo morto a terra.
Inizia ad urlare guardandomi con orrore. Chiede aiuto a squarciagola mentre io tento di farle capire che non c’entro niente, che non è colpa mia. Non voglio scappare perché non sono quel genere di persona ma del resto non me ne danno nemmeno il tempo dato che una macchina di polizia si ferma. Tre agenti di polizia escono dalla loro auto mentre si avvicinano a me con una pistola. “Alza le mani” mi ordina uno.
Cazzo.
Faccio come mi dice mentre mi viene vicino e mi perquisisce da cima a fondo. “Faccia a terra” dice mentre mi spinge verso il basso.
La mia faccia è spiaccicata sull’asfalto mentre mi blocca il corpo con il suo peso e mi ammanetta.
“Sta fermo” mi ordina.
Uno dei poliziotti va verso il ragazzo morto e lo tocca per vedere se è vivo. Fa segno a l’altro che è ha perso la vita mentre io in un secondo mi ritrovo in un mare di merda.
“Sei in arresto” dice mentre mi solleva di peso e mi trascina nell’auto. Attorno a noi si è creata una folla di gente che si chiede cosa sia successo.
Per tutto il tempo nell’auto non parlo.
Mi limito a respirare.
Non appena arriviamo al commissariato mi tirano per tutto il corridoio come se fossi una bestia da soma.
Ho lo sguardo basso e il viso ancora pestato.
Tutti gli agenti di polizia mi guardano e sussurrano qualcosa tra di loro.
Mi portano davanti ad una porta, la aprono mentre mi spingono dentro. Un uomo con un paio di baffi è seduto dietro la sua scrivania.
“Siediti” mi ordina in poliziotto spingendomi verso la sedia.
“Togliete le manette” ordina l’uomo. Mi tolgono le manette e mi strofino i polsi con le punte della dita.
“Qui ci sono i suoi effetti personali..” dice il poliziotto posando una busta trasparente con tutte le mie cose.
Il commissario la apre ed estrae i miei documenti.
“Guerra Louis, ventidue anni… nato a Caracas” legge quello che c’è scritto.
“L’uomo che abbiamo trovato a terra era morto, senza vita. Qualcuno ha detto che ha sentito delle urla..” spiega l’agente di polizia.
“Come sono andate le cose?” mi chiede.
“Mi hanno aggredito e mi sono difeso.. io non c’entro con la morte di quell’uomo, è stato quell’altro a colpirlo” spiego.
“Quale altro?”
“Erano in due quando mi hanno attaccato. Dopo che il suo amico è morto è fuggito via..” sussurro.
“E li conoscevi?”
“No” ribatto.


LANA POV.

Ripenso a tutto quello che ho detto oggi a Megghi mentre siamo seduti tutti a cenare.
Il mio sguardo è perso nel vuoto mentre giocherello con il cibo nel piatto. Non ho voglia di mangiare nulla.
“Scusatemi un attimo” dice mio zio mentre prende il suo cellulare dalla tasca.
Mio padre cerca di capire cosa è successo mentre mia madre e mia zia continuano a parlare tra di loro.
“Allora? Che succede?” chiede mio padre.
“Hanno ucciso Gabriel” farfuglia.
“Cosa?” domanda mia zia.
“Non può essere. Ma chi è stato?” domanda in stato di shock.
“Non conosco i dettagli ma sembra che Margaret, quando le hanno telefonato ha capito che si trattava della polizia e ha dato questo numero di telefono..” spiega. “Il commissario mi ha detto che quella donna è davvero disperata” aggiunge.
“Una cosa veramente incredibile” sussurra mio padre.
“Ma chi è stato?” domando.
“Non lo so.”
“Selenia io vado a riprendere la mia macchina, perché l’aveva Gabriel e adesso l’hanno sequestrata..” spiega.
Mi alzo di scatto e prendo l’iniziativa.
“Aspetta zio, voglio venire anche io..” prendo la mia borsa.
“No, ma perché Lana?” borbotta.
“Margaret mi fa molta pena, vorrei farle compagnia” aggiungo.
“Non ti devi preoccupare” mormora.
“Ti prego, insisto. Voglio venire” ribatto mentre prendo la mia giacca.
Non conosco Gabriel da moltissimo tempo ma posso dire che era un bravo ragazzo e soprattutto un lavoratore. Era l’autista personale di zio Jack e conosco sua madre da poco tempo. Mi immagino cosa stia passando. Per questo ho deciso di andare al commissariato anche io.
Non appena arriviamo con un taxi io e zio Jack ci fiondiamo direttamente al primo piano, dove troviamo Margaret seduta su una panchina a piangere.
Mi avvicino a lei e la abbraccio.
“Grazie cara per essere qui..” piange tra le mie braccia.
“Me l’hanno ucciso. Hanno ucciso il mio ragazzo e ora sono sola..” singhiozza mentre tento di calmarla.
“Coraggio signora si deve calmare.. non può fare così. Deve rassegnarsi” sussurro.
Un agente di polizia esce da una stanza e si avvicina a noi.
“Dottor Macedo può venire per l’identificazione dell’accusato?” chiede.
“Certo” risponde mio zio.
“Aspetta zio” lo fermo. “Voglio vederlo anche io e voglio sapere perché ha fatto una cosa del genere” mormoro mentre mi alzo e lo seguo.
Non appena l’agente apre la porta e ci fa entrare la richiude subito dopo. La stanza è poco illuminata mentre un tizio di spalle sta seduto.
“Buonasera” saluta mio zio.
“Buonasera dottor Macedo” risponde il commissario.
“Commissario Lopez ai suoi ordini.”
“Prego, accomodatevi” aggiunge indicando una sedia.
Non appena il tizio si gira per poco non mi viene un infarto. È lui. Rimango pietrificata mentre i suoi occhi si spalancano. Non dice una parola ma il suo sguardo mi implora.
“Non credo sia necessario commissario, staremo solo per qualche minuto giusto per sbrigare le formalità” ribatte zio Jack.
“La pattuglia ha trovato queste chiavi di un’auto addosso alla vittima. Attraverso il numero della targa abbiamo appurato che appartiene a lei” spiega.
Prende un foglio dal suo cassetto mentre io continuo a guardare Louis. L’aria è satura e tesa.
“Mi mette una firma qui?” chiede.
“Si, certo” sussurra mentre firma il pezzo di carta.
“Mi hanno detto che la vittima lavorava al suo servizio” aggiunge il commissario.
“Si, era il mio autista.”
“Tenga questi documenti” gli porge il foglio. “Se vuole può ritirare la sua macchina” lo informa.
“Molte grazie, posso andare ora?” chiede nervoso.
“Si, un attimo solo. Prima che vada via avrei un paio di domande da farle..” sogghigna.
“Questo ragazzo è il presunto responsabile della morte del suo autista. Lei è in grado di identificarlo? Lo conosce?” chiede mentre il mio cuore batte forte.
“No, io non l’ho mai visto. Non so chi sia” mente.
“Io so chi è” dico all’improvviso. “Posso identificarlo” aggiungo mentre lui mi guarda sconvolto.
“Non occorre. Sappiamo già qual è il suo nome signorina. Si chiama Guerra Louis, carta di identità numero quattro. Quello che mi interessa sapere è che relazione intercorreva tra il sospettato e la vittima” chiede nuovamente.
“Che io sappia non c’è nessuna relazione commissario” si intromette zio Jack.
“Glie lo garantisco” aggiunge.
“Quello che non capisco è come mai la signorina conosce l’indiziato..”
“Le chiedo scusa commissario ma mia nipote non ha niente a che fare con questo ragazzo” borbotta.
“Allora non mi resta che interrogare l’indiziato sperando di avere da lui le informazioni relative al caso.”
“Molto bene, allora domani mi metterò in contatto con lei per avere notizie sull’andamento delle indagini” conclude mentre Louis non smette di guardarmi. È stato picchiato, la sua faccia è piena di lividi e sangue e mi domando chi sia stato a fargli una cosa del genere. La sua shirt grigia è piena di macchie di sangue mentre se ne sta seduto in silenzio.
“Arrivederci e buonanotte” saluta mio zio prendendomi per il gomito. Guardo per un ultima volta nella sua direzione mentre la porta mi si chiude in faccia.
“Zio Jack.. quello è il ragazzo..” ansimo.
“Calmati Lana” mi ammonisce.
“Ma non..”
“Ora andiamo a casa e parleremo li.”


LOUIS POV.

“Tu accetti la responsabilità del fatto? Se ti dichiari colpevole devi firmare la tua confessione..” spiega mentre io sono ancora stordito dalla bellezza di Lana.
Ma che ci faceva lei qui? Avrei voluto dirgli che non è colpa mia quello che è successo. Che sono innocente.
“No” ribatto.
“E allora?” alza un sopracciglio.
“Io non ho fatto niente. Sono innocente” sbotto.
“Se tu non l’hai ucciso allora chi è stato? C’eravate solo voi due quando è successo il fatto.”
“Le ho già detto che c’era un'altra persona..” biascico.
“Ah, si certo. Un misterioso amico della vittima che è scappato dal luogo del delitto e che tu ovviamente non conosci..” mormora.
“Si” sussurro.
“Come è iniziata la lite? Sei stato tu a dargli il colpo mortale?”
“Io l’ho colpito ma per difendermi. Mi hanno aggredito, cosa avrei dovuto fare?” borbotto.
“Ce l’hai un avvocato?” chiede.
“No.”
“Ti conviene cercarne subito uno perché adesso sei indiziato di omicidio colposo e ti devo trattenere..” spiega. Chiama la guardia e la fa avvicinare con le manette.
Cazzo, non è possibile. Perché tutto a me? Cazzo. Cazzo.
“Portalo giù, nelle celle” gli ordina mentre mi rimette le manette e io mi sento già soffocare.

Ciao bellissimi, spero vi stia piacendo questa storia.
Qualche commento? Sono pronta a rispondere tutti.
Baci, C. ❤

 ❤

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PAURA DELL'AMORE. (Miedo Al Amor) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora