Capitolo nove.

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Non so di preciso quanto tempo sia passato, se sia ancora notte o giorno. Apro gli occhi lentamente e mi accorgo che non è un brutto sogno, ma soltanto la mia triste realtà.
Per un attimo ho scordato tutto.
Per un attimo ho scordato di stare rinchiuso in questo buco.
Mi metto a sedere sulla branda e mi guardo attorno. Questo è un inferno.
Mi alzo e comincio a camminare avanti e indietro nella cella come se mi aiutasse a pensare, ma non è così. Mi sento come un animale in gabbia. Un fottuto animale. Non so come riuscirò a sopportarlo.
Quelli che sembrano minuti in realtà sono ore, non scorrono così facilmente e sembra che il tempo si sia fermato.
Mi alzo, mi siedo. Mi metto a pensare. Cammino, penso. Mi risiedo e penso a lei.
Cosa sta facendo. A cosa pensa. Perché vuole distruggermi. Mentre sono preso dai miei pensieri sento il manganello battere contro la porta blindata.
“Guerra” urla la guardia.
Mi alzo e vado vicino alla porta. “Che succede?” domando con trepidazione.
“Hai una visita” mi informa.
Apre la porta e mi avvicino piano. Come la solita procedura mi infila le manette e mi trasporta per tutto il corridoio.
“Carne fresca” ulula un tipo dietro alle sbarre.
“Ma che bel bocconcino” ridacchia un altro.
Ascolto tutti questi chiacchiericci da cortile mentre continuo a camminare. Dio mio, dove sono capitato?
Vengo perquisito nuovamente e poi portato in una stanza. Non appena entro, la guardia invece di togliermi le manette mi spinge in avanti. Brutto idiota.
Suppongo che dovrò tenerle.
Un tizio in giacca e cravatta se ne sta seduto ad un tavolo. Sembra molto giovane.
La porta viene chiusa e noi rimaniamo soli.
“Louis Guerra?” chiede.
“Si..” mormoro.
“Molto piacere, Nate Martinez. Il tuo avvocato” mi informa. “Siediti” mi indica la sedia.
Faccio come mi viene detto e prendo posto di fronte a lui. “Cosa?” sussurro.
“Si, io ti rappresenterò nella causa per la tua accusa di omicidio” spiega.
“Non ne sapevo niente..” farfuglio.
“Non sono stato scelto dalla tua famiglia, sono un avvocato difensore d’ufficio. Ascoltami, la difesa è un diritto inviolabile e la legge mette a disposizione dei detenuti un avvocato privato quando possono pagarlo. Ritieniti fortunato perché andremo presto in tribunale. Qualcuno si sta già muovendo.”
“Chi?” domando.
“Questo non lo so. E ora voglio che mi racconti come sono andate veramente le cose. Voglio la verità. Ho bisogno della tua fiducia. Da me può dipendere che tu resti in carcere o che tu riacquisti la tua libertà..” mormora.
“Sono stato aggredito. È quello che ho detto al commissariato ma non mi hanno creduto” borbotto.
“Tu mi nascondi qualcosa. Non mi stai dicendo tutta la verità..” sussurra.
“Perché pensi questo?”
“Ti conviene essere franco con me Louis, è assolutamente necessario che tu mi dia la tua completa fiducia.”
“Io non lo conoscevo nemmeno, camminavo per cavoli miei quando mi ha aggredito alle spalle e mi sono soltanto difeso, quello che è successo è stato un incidente. Io non sono responsabile di nulla..” spiego.
“Adesso ho risposto a tutte le tue domande?” alzo un sopracciglio.
“Va bene, tu mi hai detto che non avevi niente contro il tuo aggressore, che tra voi non c’era nessuna vecchia ruggine, allora perché ti ha aggredito?”
“Te lo ripeto, io non lo conoscevo” ribadisco.
“Ma certo, non lo conoscevi.. e allora perché ti ha aggredito?”
“Non lo so..” farfuglio.
“Era una rapina?” suppone.
“Non credo, forse.”
“Era solo?” chiede.
“No, c’era un altro” rivelo.
“Quindi erano due. E cosa è successo all’altro?”
“È fuggito” ribatto.
“E questo lo hai dichiarato alla polizia?”
“Si..” biascico.
“Un'altra cosa… erano armati?”
“Quello che è morto aveva una pistola” confermo.
“E dov’è finita quest’arma? L’hanno presa le autorità?”
“No, l’ha presa quel altro” dico bruscamente.
Sto davvero iniziando ad innervosirmi.
“Tu sospetti quale sia stato il motivo dell’aggressione?” chiede di nuovo.
“No, non lo so..” mento.


LANA POV.

“Allora perché non volete che lo faccia? Sinceramente non capisco il motivo della vostra opposizione..” sbuffo mentre cammino nel salone.
“Lana ma per quale ragione vuoi immischiarti in questa storia? Perché vuoi andare in tribunale ad accusare quel ragazzo sapendo chi è?” chiede mio padre.
“Lui è il colpevole della morte del figlio della signora Margaret. Tutto qui” sussurro sicura di me.
“Ma andiamo tesoro, perché non lasci che un altro avvocato si occupi di questo caso?” mi implora mia madre.
“Ho già iniziato la procedura per essere nominata avvocato della parte civile. Sono stata in tribunale e ho parlato con il giudice, ho tutte le carte in regola” ribatto. “Ho già cominciato a lavorare. Chi può impedirmi di continuare per la mia strada?” borbotto.
“Io” si intromette mio zio Jack entrando nel salone. “Dal mio punto di vista è impossibile che ti presenti in tribunale come avvocato di parte civile, questo non te lo permetterò mai” dice con tono duro.
“Perché zio?” alzo un sopracciglio.
“Ho le mie buone ragioni” ribatte.
“Qual è la ragione che mi impedisce di rappresentare la parte civile contro Louis Guerra?”
“Una ragione molto importante” borbotta.
“Quale?”
“Vuoi forse che qualcuno tiri fuori in tribunale la storia della violenza che hai subito?” alza la voce.
“A lui non conviene che le autorità ne vengano a conoscenza. Per quanto sia villano si renderà conto che oltre a processarlo per omicidio lo processerebbero anche per violenza carnale” scrollo le spalle.
“Potrebbe farlo il suo avvocato” suggerisce.
“Il suo avvocato sarà il primo a consigliargli di stare zitto.”
“Si, però vedi.. Lana” gli impedisco di parlare.
“I tuoi timori sono del tutto infondati e poi zio Jack mi sorprende moltissimo che tu cerchi di farmi desistere dai miei propositi utilizzando un argomentazione che manca completamente di senso” sogghigno.
“Lana non essere testarda. Lascia che se ne occupi un altro. Domani come prima cosa ne parlerò con un penalista.”
“Non parlare con nessuno perché io ho già deciso di assumere l’accusa” alzo di poco la voce.
“Te lo proibisco categoricamente.”
“Tu non hai il diritto di proibirmi niente perché tu non sei mio padre” urlo.
“Tocca a te Omero” fa una risata nervosa.
“Cerca di esercitare la tua autorità e levale dalla testa questa pazzia” aggiunge.
“Lana, tuo zio ha ragione. Levati dalla testa…”
“Per favore papà, d’ora in avanti dovrai trattarmi come una donna perché sono cresciuta. Dovete farvene una ragione” ribatto.
“Lana, come sei diventata dura” piagnucola mia madre. “Io non ti riconosco più.”
“Si, sono cambiata molto. E voglio usare questa durezza per punire la persona che mi ha ridotto nello stato in cui sono adesso.”
E ci metterò tutta me stessa affinché io ci riesca.



Un’altra mattinata è volata a forza di studiare tutti i testi che il professore mi ha dato. Spero soltanto che le accuse vengano formulate al più presto in modo che possa iniziare il processo. Megghi mi ha chiesto più volte com’era Gabriel. In realtà so poco su di lui, non aveva una faccia angelica e inoffensiva ma sta di fatto che ha perso la vita. Mi da molto da pensare tutto l’accaduto, tutte le coincidenze. Ma l’unica cosa che devo tenere presente è che la vittima è morta per colpa di una persona violenta e aggressiva e che rappresenta una minaccia per la nostra società. Il mio dovere è quello di far condannare questa persona affinché non rappresenti più un pericolo.
“Ciao” mi interrompe mia madre. Si avvicina e mi da un bacio sulla fronte. “Ciao” la saluto a mia volta.
“Da questa mattina non sei mai uscita” mormora.
“No, sono molto impegnata.”
“Sono molte ore che stai lavorando, dovresti riposarti almeno un po’” mi consiglia.
“Devo ancora consultare questi testi” dico sfogliando le pagine.
“Dammi retta, fermati un attimo.”
“Non posso” la ammonisco. “Non posso mamma, perderei il filo di quello che sto facendo” borbotto.
“Scusa Lana e che volevo parlare un po’ con te..” sussurra dispiaciuta.
“Dopo mamma, adesso non mi distrarre per favore” ribatto.
“Hai già pranzato?” mi chiede.
“Cazzo, queste leggi sono così contorte che dovrò prendere degli appunti. No, non ho pranzato” biascico.
“Ma dovresti mangiare qualcosa.”
“Non ho fame mamma. Un po’ di caffè magari, portami un po’ di caffè. Per favore” aggiungo.
“Va bene, torno subito” sussurra mentre si chiude la porta alle spalle.
Dove ero rimasta? Ecco. Per questo motivo non voglio fermarmi assolutamente.
Mi porto il cappuccio della penna alla bocca e ripenso all’ultimo incontro che ho fatto. Per un attimo ho davvero creduto che fosse innocente.
Quanto è contorta tutta questa situazione? E quanto sono contorta io? Mentre lo guardo negli occhi, e vedo la bestia che mi ha portato via la mia innocenza non riesco a non vedere anche la sua bellezza. La sua sensualità, i suoi occhi blu. Le sue mani. Odio me stessa per concedermi il lusso di pensare ai particolari del suo viso. Agli zigomi alti e al naso a punta. Ai suoi capelli corvini e alle labbra carnose.
“Lana” mi chiama mia madre strappandomi dal mio stato di tras.
“Che succede?” ansimo.
“C’è una visita per te” mi informa.
“Di chi si tratta?” chiedo.
“Di un certo Nate Martinez. Dice di essere l’avvocato difensore di quel ragazzo” spiega.
Nate Martinez, questo nome non mi è nuovo.
“Fallo passare” dico mentre metto a posto sulla scrivania di mio padre.
Non appena la porta si apre, un giovane uomo mi appare davanti con completo elegante.
“Ciao, piacere. Nate Martinez” mi tende la mano.
“Lana Ferrari” la stringo.
“Siediti, per favore” gli indico la poltrona.
“Sono appena stato in carcere e ho avuto una lunga conversazione con il tuo uomo” mormora sedendosi.
“Ho appena parlato con Louis Guerra. Immagino tu saprai chi è, no?” alza un sopracciglio.
“Sì, certo. Lo conosco perfettamente. Ma perché ti riferisci a lui come il mio uomo?” chiedo allarmata.
“Scusa ma non è il tuo caso? Il tuo primo caso?” precisa. “Sono rimasto molto sorpreso quando ho chiesto chi era l’avvocato della parte civile e mi hanno dato il tuo nome. La figlia di Omero Ferrari. Perché proprio questo caso?” chiede.
“Con questo vorresti dire che saremmo rivali in campo professionale?” scherzo deviando la domanda principale.
“In un certo senso, ma vorrei sapere cos’è che ti ha indotto a scegliere questo caso..”
“In qualche modo dovevo iniziare” scrollo le spalle.
“Ma immagino avrai avuto altre ragioni” sogghigna.
“Sì.”
“Cioè che la vittima era l’autista di tuo zio..” specifica.
“Si, questo mi ha influenzata.”
“Dunque hai agito per motivi sentimentali. Eri affezionata a quel ragazzo?” chiede.
“Non lo conoscevo granché, ma sua madre la conosco bene. È una povera donna” mormoro.
“Io vorrei che tu non vedessi alcun motivo personale in quello che faccio. Semplicemente io odio la violenza. E credo che.. tutti coloro che la esercitano sopra gli essere innocenti meritano di essere castigati senza pietà. Cosa ti ha raccontato di me il tuo cliente?” chiedo in panico.
“Veramente non mi ha detto nulla. Quando gli ho domandato chi era l’avvocato dell’accusa mi ha risposto che eri tu, Lana Ferrari. Tutto qui. Forse, quel ragazzo mi è sembrato un po’ complicato..” ammicca.
“Secondo me è un essere primitivo, animalesco.”
“Questa potrebbe essere un attenuante” aggiunge.
“Cosa?”
“Vedi.. le persone privilegiate come noi che hanno avuto la fortuna di avere una buona istruzione, non possono accanirsi contro la gente che non ha avuto la stessa sorte. L’ignoranza è la fonte di moltissimi mali e tra questi c’è anche la delinquenza” spiega il suo punto di vista.
“L’ignoranza non è una patente che permette ad individuo di commettere qualsiasi crimine impunemente. Nessuno deve trasgredire la legge e usare come scusa la propria ignoranza” ribatto.
“Non volevo dire questo..” farfuglia.
“È comodo, no? Un uomo uccide, ruba o violenta e non è condannato perché non è andato all’università” faccio una risata amara.
“Non volevo dire questo, mi hai frainteso..” replica.
“A me non interessa, l’unica cosa che ti assicuro è che quel soggetto è pericoloso e aggressivo.”
“È il tuo primo caso lo so, a me è successa la stessa cosa. La prima volta uno ci mette tutte le proprie forze, il proprio impegno.. perciò è normale che tu ti senta nervosa” sogghigna. “E capisco che tu voglia vincere la causa perché è la prima e che farai di tutto per poter vincere” aggiunge.
“Sono sicura di vincere la causa” ribatto.
“Questo sarà da vedere, io riuscirò a dimostrare che il mio cliente è innocente” replica.
“Lui non è innocente” biascico.
“Un indiziato è innocente finché non si dimostrerà il contrario.”
“Questo sarà vero in altre circostanze. Qui, invece è colpevole finché non si dimostra il contrario” dico sicura di me.
“Sì, certamente. Vedo già che stai acquistando la malizia dei più esperti cara collega. Ma non importa. Sei andata a trovare Louis, vero?”
“Si, sono andata da lui.. dovevo verificare certi particolari dell’omicidio.”
“E che ti ha detto?” chiede.
“Mi dispiace, ma quello che so lo tengo per me” alzo le mani sorridendo.
“Si, ma la sua prima dichiarazione ufficiale non era completa. È stato aggredito da due uomini e quel tale, Gabriel.. a quanto pare era armato, capisci?”
“Questa è una bugia.”
“Forse, ma ho avuto l’impressione che Louis non fosse stato sufficientemente sincero con me, come se mi stesse nascondendo qualcosa” si gratta il mento.
“Forse..” farfuglio.
“Allora ci rivedremo in tribunale e ci affronteremo con correttezza. È stato un piacere conoscerti, Dottoressa Ferrari” marca le ultime parole. Si alza e viene verso di me.
“Ti avverto che ho intenzione di distruggerti Dottor Martinez” ribatto dandogli la mano.
“Staremo a vedere. Ricordati che io ho già un anno di esperienza cara collega e che gli avvocati sono meglio delle avvocatesse” sorride mentre mi stringe la mano.
Certo, staremo a vedere. Che idiota. Ti mangerò vivo.



“E così Nate sarà il nostro avversario” sussurra Megghi. “Ma perché è venuto?”
“Per dirmelo. E con la scusa mi ha fatto molte domande” spiego.
“Ma tu non gli hai detto niente, vero?”
“Non ho detto niente, ho capito subito dove stava cercando di arrivare.”
“Ti avverto che Nate Martinez è davvero un ottimo avvocato, molto intelligente e soprattutto abile” mormora.
“Si, ma questa la perderà” sussurro. “Deve perderla” aggiungo mentre improvvisamente ho una fitta all’addome. Mi piego sul letto mentre Megghi si avvicina a me.
“Lana che ti succede?” chiede allarmata. “Che cos’hai?”
“Niente, non preoccuparti. È il solito malessere. Solo un po’ di nausea” la rassicuro.
“Vuoi che chiami tua madre?”
“No, lascia stare” farfuglio. “Di solito mi passa. Mi sento molto debole, molto stanca. Pensa che volevo vestirmi per essere pronta a riceverti, ma non ce l’ho fatta..” sussurro con il broncio.
“Mi sono sdraiata sul letto e mi sono riaddormentata.”
“Non sarai anemica?”
“Non lo sono, è il bambino.. lo sai” dico sotto voce come se fosse il mio piccolo segreto.
“Dovrei fare il controllo dal medico, la mia prima ecografia” spiego.
“Già, l’avevo dimenticato per un attimo. Perché sei così brava a nasconderlo..”
“Mi sento meglio” dico improvvisamente mettendomi seduta.
“Perché non ti sdrai sul letto e riposi?”
“No, dobbiamo continuare il nostro lavoro..” ansimo. “Sai cosa ha detto Nate?” cambio discorso.
“Cosa?”
“Che gli avvocati sono meglio delle avvocatesse” sputo.
“Che sfrontato” sorride.
“È un maschilista. È un uomo dopo tutto..” mormoro.
“Lana conserverai questo odio per gli uomini per tutta la vita?” scherza.
“Io li detesto, li odio. Non li sopporto. Non c’è nessuno che meriti la mia stima” borbotto.
“È normale, ma tu hai subito un trauma..” sussurra.
“Megghi non darmi lezioni di psicologia, è meglio che tiri fuori tutto quello che sai di diritto. Quello deve essere condannato, altrimenti non mi chiamo più Lana Ferrari.”

Passare tutta la notte in bianco non mi ha aiutato per niente. Sono snervata, psicologicamente a pezzi. Fisicamente, non ne parliamo.
So soltanto che devo studiare, studiare e studiare fin quando tutti questi codici e queste leggi obsolete entrino a far parte del mio cervello. Sto distesa sul letto quando la porta si apre improvvisamente.
“Sei qui Lana..” farfuglia mia madre.
“Tesoro, perché non vai fuori in giardino o in piscina? Dovresti prendere un po’ di sole, sei così pallida..”
“No, non mi va. Non posso” rispondo.
“Per favore, hai intenzione di passare un’altra mattinata rinchiusa nella tua stanza?” si lamenta.
“Certo mamma, il giorno intero se è necessario..” borbotto.
“Ma non stai scomoda nel lavorare sul letto?”
“No, non mi sento molto bene e quando mi viene un attacco di nausea mi sdraio qualche minuto, così quando mi passa posso riprendere il mio lavoro senza perdere tempo” spiego.
“Non credi di esagerare? Non mi sembra necessario tutto questo impegno..” farfuglia.
“È indispensabile mamma, sto studiando tutti i minimi dettagli del processo, e quando la causa avrà la sua prima udienza voglio essere ben preparata, devono essere pronti tutti gli elementi dell’accusa” spiego.
“Per favore piccola, secondo me stai mettendo troppa passione, troppo ardore in questa causa. Temo che danneggerai la tua salute” bofonchia.
“Non mi succederà niente, a parte quel leggero malessere che comunque è normale nel mio stato, io mi sento bene” ribatto continuando a guardare i vari appunti sparsi sulla trapunta.
“Veramente io non mi riferisco al fisico, mi riferisco ai tuoi sentimenti. Alla tua pace interiore.”
“Questa pace non potrò mai recuperarla finché non vedrò quel uomo in prigione per il resto dei suoi giorni” borbotto.
“E tu credi di avere esperienza sufficiente per riuscirci?” alza un sopracciglio.
“Proprio perché non ce l’ho, per questo motivo devo lavorare di più. Devo metterci tutto il mio impegno se voglio ottenere dei risultati.”
“Lana mi spaventi, che ne sarà della tua vita? Dove credi di arrivare seguendo questa strada? Dove ti porterà quest’ostinazione?” piagnucola. “Hai intenzione di consacrare tutta la tua vita al rancore e alla vendetta? Non puoi fare così, devi dimenticare, pensare alla tua gioventù. Cosa ne sarà dei tuoi sogni? Delle tue illusioni di ragazza?”
“Non ho più illusioni ormai” ribatto.
“Non puoi dire così, non puoi distruggerti in questo modo. Devi dimenticare, devi pensare a trovare uno scopo nella tua vita…”
“Il mio unico scopo è la vendetta” alzo il mento.
“Lana, tesoro mio. L’odio è una passione malvagia, è un veleno. Fa male a chi lo prova!”
“Non è certo colpa mia se lo provo” sbotto.
“Comunque tu hai il dovere di reprimerlo Lana, se non per te ma per l’essere innocente che porti in grembo e che già soffre senza averne colpa.”
“Io non voglio sacrificare la mia vita, i miei sentimenti e le mie decisioni a questa creatura” mento. “È già troppo che gli permetta di nascere” dico con un groppo in gola.
Se mi stai sentendo, sappi che è per il tuo bene.
“Non parlare così” mi ammonisce.
Oh, mamma. Quanto vorrei poterti dire tutta la verità. Ma temo che tu non possa capire.
“Tu pensi sempre a tutti meno che a me” la accuso.
“Non è vero, io penso a te.”
“Proprio per questo allora, dovresti sentire un’avversione profonda per quel essere che mi ha fatto tanto male. Dovresti essere la prima a desiderare che lo puniscano” esclamo.
“Certo che lo voglio Lana, ma non voglio che sia tu ad occuparti di questo compito così triste.. perché non lasci fare a Dio?”
“Dio ha scelto me per farlo, io sono lo strumento di Dio” ribatto.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 07, 2016 ⏰

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