Capitolo otto.

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Non appena arriviamo al piano sottostante la guardia mi trascina per tutto il corridoio e giungiamo davanti ad un gabbione enorme.
“Faccia alla sbarre” mi ordina mentre apre la cella.
Mi apre le manette e mi ordina di entrare dopodiché la richiude. Mi porto le mani ai polsi e me li sfioro leggermente.
Ma che cazzo ho fatto per meritarmi tutto questo?
Sono sconvolto, impaurito. Non so che fare e nemmeno come comportarmi. Nella grande cella c’è solo una panchina di ferro e un gabinetto. Mi siedo sulla panchina guardandomi attorno. Sulle mura ci sono diverse scritte.
E adesso che faccio? Come ne esco fuori da questo casino? Che cazzo faccio?
Mi tolgo la giacca di pelle e la appallottolo. La sistemo sulla panca e mi stendo appoggiando la testa sopra.
Guardo il soffitto e penso.
Lana. Lana… Lana mia. 

LANA POV.

“È stato lui? Ha commesso anche questo delitto? Ma perché ha ucciso proprio Gabriel? Io non capisco, che motivo aveva…” domanda mia zia.
“Nessuno che io possa supporre è stato una semplice coincidenza” ribatte mio zio.
“No, non può essere. In questa storia c’è qualcosa di strano.”
“Ascolta Selenia.. la gente dei quartieri bassi frequenta spesso gli stessi posti.”
“Si, ma perché lo avrà ucciso?”
“Avranno litigato per qualche cosa, sappiamo bene che quel ragazzo è un aggressivo, un violento. È una pura coincidenza ma non c’è altra spiegazione.”
“Ma perché hai detto che non lo conoscevi?” chiedo.
“Ma di fatto io non lo conosco affatto, non l’avevo mai visto in vita mia..” aggiunge.
“Però sapevi chi era” preciso.
“Ah, si. Quando il commissario mi ha detto il suo nome ho capito tutto.”
“Ma hai mentito. Hai fatto finta di non sapere niente di lui” borbotto.
“E cosa volevi che gli dicessi Lana? Volevo evitare di entrare nei dettagli. Comunque tu hai fatto una grande sciocchezza a dire che potevi identificarlo, hai corso il rischio che il commissario ti interrogasse per farti dire come e dove l’hai conosciuto.”
“Per questo mi hai fatto stare zitta?”
“Si, è preferibile che il tuo nome non entri in relazione con quel ragazzo. In nessun modo Lana.”
“Okay. Sentite adesso me ne vado in camera mia. Non mi sento molto bene. Buonanotte” li congedo.
Salgo velocemente le scale che portano in camera mia e mi precipito in bagno. Infilo la testa nel gabinetto e vomito tutto quello che ho mangiato a cena.
Odio la nausea.
Mi stendo sul letto sfinita.
Perché mi hai rovinato la vita?

Stamattina mi sono svegliata presto perché ho in mente di fare qualcosa. Non posso sopportare l’idea che un crimine così brutale rimanga impunito.
Mi vesto velocemente per fare colazione e vado in salone per mangiare qualcosa.
“Quale miracolo ti porta qui a quest’ora?” sorride mia zia.
“Vorrei parlare con te zio Jack.”
“Va bene, allora? Dimmi..” sussurra.
“Poco fa ho chiamato in commissariato e mi hanno detto che il detenuto si è dichiarato innocente” rivelo.
“Ah, si?”
“Ancora non l’hanno trasferito in carcere” mormoro.
“È ancora presto” ribatte.
“Il prossimo passo sarà quello di presentare la denuncia e far si che i documenti arrivino al tribunale..”
“Non ti preoccupare, piccola. Non c’è alcuna fretta e questi processi spesso rimangono fermi per mesi a volte addirittura anni. Si perdono nei meandri della burocrazia.”
“È mio preciso interesse che il processo si svolga al più presto. Tu puoi farti carico dell’accusa?” chiedo.
“No, io no” mormora.
“Perché no? Tu sei il più adatto, perché no?” sbotto.
“Scusami Lana ma in primo luogo io non sono un penalista, in secondo luogo non voglio farmi carico di procedimenti legali che non siano legati strettamente alla mia attività” spiega.
“Ma quel poveretto che è morto era il tuo uomo di fiducia, il figlio della signora Margaret. La tua reazione mi sorprende molto ero sicura che te ne saresti occupato tu” borbotto.
“Infatti, lo farò. Ma ufficialmente ne rimarrò fuori, voglio dire che.. voglio nominare un avvocato, un amico disposto ad agire sotto le mie direttive.”
“Ma perché non farlo di persona?”
“Ascoltami Lana, questo tipo di processo non è alla mia altezza, cerca di capire” farfuglia.
“Si, ma.. un altro avvocato si sentirà meno coinvolto, non metterà la stessa passione, lo stesso interesse. Per favore zio fatti carico dell’accusa” lo prego.
“Lo vorrei Lana ma io personalmente non posso comparire in quel processo.. mi dispiace” sussurra.
“Va bene” ribatto alzandomi.
“Ma dove vai?” mi chiede mia zia.
“A occuparmi da sola di questa storia..” sbotto prendendo la borsa. 


LOUIS POV.

Vengo bruscamente svegliato dal continuo battere del manganello vicino alla sbarra del gabbione.
Cazzo.
Mi metto seduto quando mi accorgo che è mattina ormai. Ho la schiena a pezzi e mi sento uno straccio.
“Guerra” mi chiama la guardia. Mi alzo e controvoglia vado vicino a lui. “Che succede?” domando.
“Hai una visita” mi informa.
Oh grazie a Dio, spero che sia un avvocato pronto a tirarmi fuori da questo buco di merda.
Attendo intrepidamente mentre mi mette le manette di nuovo e vengo trascinato al piano di sopra.
Mi sento un vero schifo.
Non appena arriviamo davanti alla porta mi toglie le manette e mi spinge nella stanza.
Dapprima sono girato di spalle ma poi mi giro e la vedo.
Lei.
Bella come non mai.
Il mio cuore perde un battito.
Dopo averla sognata tanto intensamente stanotte eccola che mi appare davanti.
“Sei venuta” sussurro con l’ombra di un sorriso sul volto. “Credevo fosse l’avvocato” aggiungo.
“Io sono un avvocato, quasi. Ci sto arrivando” parla piano con le mani appoggiate sul tavolo.
Indossa una maglia larga bianca e un paio di pantaloni neri aderenti.
“Come?” sussurro aggrottando la fronte.
“E rappresento la parte civile. Tu sarai il mio primo caso” aggiunge con tono serio.
“Che dici?” farfuglio incredulo.
“Sono stata così chiara. Ma siccome il tuo cervello non brilla certamente per intelligenza te lo spiegherò meglio. Nella mia università c’è un tirocinio formativo per giovani come me, il mio professore di legge mi ha permesso di occuparmi di questo caso. Rappresenterò la signora Margaret nel processo che si svolgerà per la morte di suo figlio Gabriel” spiega.
“Sarò il rappresentante per l’accusa privata e farò in modo che ti condannino” aggiunge.
No, non può essere vero. Non può fare una cosa del genere.
“Perché mi fai questo?” sussurro sconcertato.
“Perché?” ripete.
“Perché? Non puoi essere così crudele e ingiusta..” farfuglio.
“Non venirmi a dire che ora fai la parte della vittima, sarebbe il massimo della faccia tosta dopo quello che hai fatto” mi accusa.
“Lana io non ho fatto niente..”
“Hai ucciso un uomo” ribatte.
“Non è vero. Te lo giuro. Sono innocente” mi giustifico.
“Innocente? Ma qual è il tuo codice morale? La tua coscienza? Che razza di animale sei tu, eh? Per te non significa nulla violentare una ragazza e assassinare un uomo? Già, chi pretendi di ingannare? Me?” fa un sorriso amaro.
“Con me non ci riesci, ti conosco troppo bene. I giudici? Molto difficile, io mi incaricherò personalmente di far capire che razza di uomo sei tu. Allora? Cosa è successo? Voglio sapere dell’accaduto e di come si sono svolti i fatti?” ribatte con tono acido. 
Lana non puoi essere così dura con me. Non adesso che dentro di te porti nostro figlio.
“L’ho già raccontato” borbotto.
“Ma la prima dichiarazione mi sembra incompleta. Ho bisogno di alcuni dettagli” mormora.
“Tu non hai nulla da chiedermi. Non c’è bisogno di dettagli perché io non ho fatto nulla..” sbotto.
“Ti rifiuti di rispondermi?”
“Era quello che cercavi, vero? Vendicarti?” alzo la voce.
“Vendicarmi no, voglio che la giustizia ti punisca come meriti, non come stupratore ma come assassino. Perché tu sei un assassino.”
“Non è vero” ribatto.
“Pensavi di poter uccidere così, eh?” ride amaramente.
“Questo non è vero..” sussurro.
“Non vorrai usare lo stesso pretesto di quella notte che non sapevi quello che stavi facendo? Ma tu credi che si possa andare in giro a fare del male dicendo poi ‘non sapevo quello che facevo” imita una voce strana.
“Quella notte è successo, ma questa volta no.. devi credermi” mormoro.
“Pagherai tutti i tuoi debiti insieme. Dovrai marcire in carcere per molti anni..” sussurra con una certa incertezza.
“Ma come è possibile che tu mi odi tanto? Come ci riesci?” sputo.
“È meglio che ti cerchi un buon avvocato” aggiunge.
“Non ho un avvocato ma tu non riuscirai a distruggermi” le punto il dito contro.
“Non minacciarmi. Mi hai distrutto la vita, hai capito? E ora io distruggerò la tua” urla mentre si agita. “Pagherai per tutte le sofferenze che mi hai fatto passare” aggiunge mentre all’improvviso la vedo chiudere gli occhi e barcollare.
“Lana” la prendo a volo prima che cada. “Che succede? Ti senti male?” chiedo preoccupato.
“Lasciami” protesta. “È stato solo un capogiro” ribatte.
Certo, perché sei incinta del mio bambino.
“Guardia” urla all’improvviso.
Il secondino entra nella stanza e mi ammanetta di nuovo.
“Portatelo via” sussurra.
“Lana, ti prego. Devi credermi. Non è stata colpa mia. Non sarei capace di fare una cosa del genere, ti prego devi credermi” sussurro mentre mi trascinano via.
La porta si chiude mentre la guarda mi tiene per un braccio.
“Guerra sei fortunato” ridacchia. “Abbiamo appena ricevuto il permesso di trasferirti nel penitenziario. Ti stanno aspettando a braccia aperte..” mormora con divertimento.
Vaffanculo. Lo guardo storto mentre un'altra guardia si aggiunge a lui per scortarmi nella camionetta.
Ma siamo seri? Tutto questo per cosa? Non ho fatto niente.
Nella camionetta è tutto buio, le guardie con le mitragliette sono sempre in allerta e mi sento uno straccio. Un bersaglio facile, un animale in gabbia.
Non appena arriviamo mi trascinano giù di peso.
L’entrata fa quasi paura, i muri sono altissimi e il filo spinato ne circonda i bordi in alto. Sorpassiamo il primo cancello e percorriamo un viale lungo una decina di metri.
La guardia bussa al cancello di apertura e fa uno strano rumore. “Entra” mi ordina.
Entro nel ingresso del carcere e altre guardie sono li ad aspettarmi. “Liberatelo” dice l’agente di poco prima.
Una guardia piuttosto muscolosa si avvicina e mi toglie le manette.
“Passa qui sotto” mi indica il metal detector. Ci passo attraverso e non risulta nessun suono.
“Alza le braccia” mi ordina. Faccio come mi dice e mi tasta all’altezza del busto.
“Okay, adesso va dentro e spogliati. Esci quando hai fatto” spiega indicandomi la porta di metallo di una stanza.
Vado dentro e socchiudo la porta. Mi spoglio velocemente rimanendo solo in boxer. Esco fuori e mi metto davanti a loro.
“Su le braccia” dice di nuovo mentre una guardia mi perquisisce per tutto il corpo.
“Adesso vestiti” dice dandomi una pila di indumenti.
Vado di nuovo dentro e mi infilo la tuta blu con la maglia bianca. Metto le scarpe che mi hanno dato e mi riavvio i capelli.
Prendo un ultimo respiro ed esco fuori, mi ammanettano e mi portano lungo un corridoio.
“Cella singola. È pericoloso” mormora l’agente.
Non sanno più cosa inventarsi.
Arriviamo davanti ad un cancello. “Su passa” mi ordina mentre lo richiude.
“Nuovo detenuto” urla mentre dalle celle iniziano a venire fuori strane voci.
Camminiamo lungo il corridoio mentre il mio sguardo è fisso sul davanti.
“Ne arriva uno” mormora. “Guerra. 94 941” aggiunge sbattendo il manganello contro la grata.
“Entra” mi ordina.
Non appena si chiude il cancello alle spalle mi ordina di camminare. Mi sento spaesato, confuso. Non so cosa cazzo sta succedendo.
“Fermo” mi blocca improvvisamente.
“Faccia al muro” mi ordina mentre si ferma vicino ad una cella. Prende il suo mazzo di chiavi e apre la porta blindata. Mi toglie le manette mentre la mia faccia è rivolta al muro.
“Entra” dice e poi mi sbatte la porta in faccia mentre sento le mandate della porta.
Mi sfrego i polsi per il fastidio delle manette. La cella è piccolissima, poco illuminata. C’è una piccola brandina, un gabinetto e un lavandino di metallo.
Mi sento già mancare l’aria.
Mi siedo sul letto e mi guardo attorno impaurito.
Come faccio a sopravvivere in un posto del genere?
Oh mio dio, non riesco ancora a crederci.
Le lacrime mi scendono sul viso mentre quasi mi strappo i capelli. Voglio uscire, uscire da questo posto.


LANA POV.

“Ho un lavoro per te. Un caso di omicidio” ammicco.
“Sul serio? Di che si tratta Lana?” mi chiede curiosa.
“Lo sai chi è l’imputato Megghi? Louis Guerra” spiego.
“A me interessa che il processo si faccia il più presto possibile” aggiungo.
“Approfitta delle tue conoscenze, no?”
“No, Megghi. Tu adesso mi devi aiutare” la prendo per le spalle facendola sedere.
“Ai comandi generale” scherza.
“Prendi la cosa seriamente, per favore” la ammonisco.
“Questo processo è di vitale importanza. È il mio primo caso e voglio vincere. Devo vincere” mormoro.
“Ma scusa Lana, hai pensato a come ti sentirai dopo che avrai fatto condannare il padre di tuo figlio?” borbotta.
“Adesso non sto pensando a questo..”
“Mi sembri troppo dura Lana” ribatte.
“Figurati che lui mi ha chiesto il bambino, come se ne avesse il diritto. Come se dopo tutto quello che fatto volesse convincermi del fatto che è in grado di amarlo e di proteggerlo” farfuglio.
“E se fosse vero?”
“Non è possibile. Lui è un irresponsabile, primitivo e ignorante che si lascia trascinare dall’istinto come gli animali” borbotto.
“Ma è in quel istinto animale che si trova l’amore” sussurra.
“Sei la mia collaboratrice Megghi, non puoi difendere quell’individuo. Quello che devi fare è aiutarmi per farlo condannare.”
“Va bene” ribatte. “Ma dimmi una cosa, quello che ti spinge è il desiderio di giustizia o la voglia di vendicarti?”
“Non mi va di pensarci, non mi interessa affatto” borbotto. “Non so ancora se è colpevole o no dell’omicidio di quel uomo. Può darsi che sia soltanto una serie di coincidenze, ma forse è il destino che ha messo nelle mie mani lo strumento per punire chi mi ha fatto del male e allora in questo caso io devo farlo. E lo farò” ribatto sicura.

PAURA DELL'AMORE. (Miedo Al Amor) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora