Chapter 4 - Giusto Sconosciuto Compromesso.

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<< Mi stai dicendo che mi daresti un passaggio? >> La mia voce era confusa e il mio volto venne attraversato da un'espressione dubbiosa.

Mi stava davvero dicendo che lo avrebbe fatto?

<< Certo. Mi dispiace che tu abbia perso il pullman anche a causa mia, e sono qui. Quindi perché no? >> Il suo sorriso era insicuro, ma gli occhi sembravano veramente sinceri. Il mio cuore saltò per poco nel petto all'idea che qualcuno del genere mi volesse dare un passaggio; ma poi la mia testa gli diede un bello schiaffone interiore: due begli occhi e due bei bicipiti e due belle gambe e due.. Altro schiaffo interiore: niente di tutto ciò poteva rendere una persona bella veramente, bella per come ragiona e per come si pone col mondo e per tutto quello che ti può far provare.

Però rimaneva un bel ragazzo, questo sì. Un bel ragazzo che non conoscevo per niente.

<< Grazie ma.. non so neppure come ti chiami. Grazie per il tramezzino e per questo - qualsiasi cosa sia - ma non credo di poter accettare. >> Guardai un attimo in basso, e quando alzai lo sguardo lo trovai più vicino a me di pochi istanti prima - la mano tesa verso di me e i denti che spuntavano dietro un sorriso.

<< Jacob, sono Jacob Morgan. Studio ingegneria meccanica e le automobili sono la mia passione.
Sono nato a sud di Leicester, ma studio qui perché la mia famiglia ha una piccola casa nei dintorni ed è più comodo che prendere un appartamento in affitto a Londra. E poi qui le università non sono male. >> Il sorriso - mentre parlava e mi stringeva ancora la mano, facendola ondeggiare stupidamente - non abbandonò mai il suo volto.

Il vento muoveva le foglie e i nostri capelli, incorniciando la scena come in una bolla di sapone, che volteggiava piano e leggiadramente.

Gli strinsi con più decisione la mano. << Sono Marvilla Pouston, studio medicina e vorrei diventare un chirurgo. >> mi fermai, per poi proseguire con un poco di malinconia nella voce. << Mi sono trovata qui per caso, in realtà: ho un monolocale in affitto a Cromer, ma sono di Londra. E sì, qui le università non sono male. >> Conclusi accennando un sorriso.

Lui continuò a guardarmi con quella espressione da disgraziato anche dopo che le nostre mani si sciolsero.
Mi alzai in piedi e mi passai la borsa a tracolla, per poi ricambiare lo sguardo con un sorriso troppo audace per me.

<< Quindi, Marvilla.. >> Non lo feci concludere.

<< Marv, chiamami Marv. Non sopporto il mio nome per intero. >>

<< D'accordo, Marv >> disse il mio nome con notevole enfasi, alzando le sopracciglia << ora possiamo andare?>>

<< Verso l'infinito e oltre? >> Scherzai, ridacchiando subito dopo.

<< Molto oltre. Si punta solo in alto. >>

Più tardi, mentre eravamo nella sua vecchia berlina rimodernata e modificata, color rosso tramonto, pensai che, per quanto male mi sarebbero potute andare le cose, sembrava ci sarebbe potuto essere - comunque e in ogni caso - qualcuno a salvarmi.
Pensai anche che per quanto in alto stavo puntando, prima o poi i risultati si sarebbero visti. E mi rincuorai. Così, in quell'inizio pomeriggio ventoso e col sole che giocava a nascondino, mi abbandonai completamente alla piccola felicità interiore della mia nuova scoperta - un piccolo angelo custode lì su, da qualche parte.

Non fidarti degli sconosciuti, ci ripetevano le madri fin dalla nostra più tenera età.
Eppure lo feci - lo feci ingenua e bambina come ero - e anche se sarebbe potuto andare tutto a rotoli - si sarebbe potuto rivelare qualcuno di più terribile e spietato - questa volta andò bene, mi andò bene.
Non successe niente, se non tante risate e un pizzico di follia che aleggiava nell'aria.

Esistono sconosciuti e sconosciuti, allora pensai, a me è capitato quello giusto.

Un giusto sconosciuto compromesso.






231 - Numero di ribelle (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora