L'intonaco era saltato via e sotto vi era disegnata una linea nera a forma di gancio al contrario o magari poteva essere anche una esse un po' allungata, non lo sapevo.
Non riuscivo a togliere gli occhi da quel che avevo supposto fosse un simbolo, mi dava l'impressione di averlo già visto un milione di volte perché mi era familiare ma al tempo stesso estraneo perché non sapevo cosa significasse.
Ad un tratto la mia vista si annebbiò, tutto apparve confuso, solo il segno risaltava scuro sul fondo sfocato.
Un flashback mai vissuto mi comparve nella mente.
C'era una bambina con i capelli marroni-rossastri lunghi fino alla vita che stava camminando su una spiaggia bianca.
Mi riconobbi subito nella bambina perché aveva un occhio verde cristallo e l'altro verde scurissimo, quasi marrone. Ero nata con l'eterocromia e ne ero sempre stata molto entusiasta perché mi faceva sentire diversa dagli altri, speciale insomma.
Stava ridendo, sembrava felice, raccoglieva delle conchiglie bianche e le scagliava con forza sulla superficie del mare dove si inabissavano velocemente.
Correva saltellando sul bagnasciuga con le braccia alzate verso il cielo terso, il vento che le sollevava i capelli come fruste che sferzavano l'aria.
Sorrisi spontaneamente, godendomi quell'immagine così bella e pura.
Ad un certo punto però si sentì un tuono, il cielo diventò improvvisamente plumbeo e cominciò a piovigginare leggero. La bambina continuava a correre come se non si fosse accorta del cambiamento del tempo e lasciava delle impronte ben visibili sulla sabbia bagnata.
Si stava allontanando.
Continuai a seguirla con lo sguardo quando ad un certo punto cadde sulla sabbia.
Aspettai che si rialzasse ma non avvenne. Così cominciai a preoccuparmi. Vidi un lampo schiantarsi là vicino.
Urlai.
Di conseguenza mi misi a correre. I piedi battevano veloci sulla sabbia, il mio corpo si stava surriscaldando per lo sforzo ma sentivo l'adrenalina che circolava nelle vene.
Forse la consapevolezza di essere io quella bambina e il fatto che sembravo morta mi facevano correre con tanta potenza come mai avevo fatto in passato. In una manciata secondi aveva già fatto quasi cento metri e comunque non ero stanca.
Non credevo che si fosse allontanata così tanto.
Mano mano che correvo però cominciai ad avere il fiato corto poiché non ero abituata a fare grandi corse. Sentii il cuore martellarmi sempre più velocemente nel petto mentre mi avvicinavo.
Mancavano più o meno duecento metri quindi impiegai tutte le mie forze in un ultimo scatto e arrivai nel punto in cui era caduta.
La bambina era sdraiata su un fianco con i capelli che le ricadevano in una massa scompigliata sulla faccia, pieni di granelli di sabbia bianca.
Avvicinai la mano un po' esitante al suo viso e le scostai con gesti abbastanza impacciati il grumo di capelli. Aveva gli occhi chiusi ma dalla bocca dischiusa usciva un respiro lieve. Una ferita grande ma poco profonda troneggiava sulla sua fronte, evidentemente aveva battuto la testa.
-Ehi, tutto a posto?- le chiesi con un tono di voce dolce ma che risultò allo stesso tempo abbastanza insicuro.
Lei emise un piccolo gemito e aprii leggermente le palpebre. I suoi occhi mi guardarono sorpresi. Doveva aver notato la nostra somiglianza.
Richiuse gli occhi lentamente, poi sussurrò : -Chi sei tu?-.
Speravo che non me lo avesse chiesto perché ancora non riuscivo a capire come tutto ciò fosse possibile e come lei potesse somigliarmi così tanto da essere me.
-Io mi chiamo Zahira Orbrest e ho otto anni- annunciò lei debolmente vedendo che ero persa nei miei pensieri e che non le rispondevo.
La fissai per un po'. Allora avevo ragione, lei era me nove anni fa. Ma come era possibile?
-Io mi chiamo Zahira Orbrest e ho diciassette anni- dissi facendole un sorriso.
Non sembrava sorpresa più di tanto, quindi anche lei aveva capito che c'era una connessione tra noi.
Restammo in silenzio per un po' ,poi lei
chiese timidamente:-Sarò così bella tra nove anni?
Arrossii per la domanda schietta e anche lei vedendo la mia reazione mi seguì a ruota. Ora eravamo molto simili , con le guance rosse e gli occhi curiosi.
Stavo ancora sorridendo quando improvvisamente i suoi occhi persero colore e si riempirono di un grigio argenteo che la faceva sembrare disumana.
Si alzò meccanicamente in piedi e cominciò a correre di nuovo anche se questa volta era molto più precisa nei movimenti, non frivola come prima.
La seguii preoccupata e dopo poco si fermò di colpo. Prese un bastoncino e cominciò a disegnare a scatti un segno sulla spiaggia.
Era lo stesso che avevo visto sul muro.
Il mare provava a cancellarlo con la risacca ma esso rimaneva disegnato lì sulla sabbia come se fosse inciso su un marmo.
La bambina cadde di nuovo a terra e questa volta fu presa da qualche spasmo ma poi si bloccò.
Aveva gli occhi aperti, pieni di quel grigio che le dava un'aria sbagliata, non sembrava più la bambina di poco prima.
La pioggia leggera divenne più intensa e cominciò a tirare un forte vento.
Mi inginocchiai vicino a lei e cominciai a scuoterla per farla svegliare ma lei rimaneva ferma immobile come una marionetta.
Il mare si stava increspando e un'onda la colpì in pieno viso lasciandole tanti minuscoli granelli di sabbia sulla faccia ma lei continuava a giacere immobile.
Smisi di guardarla e fissai il simbolo che si trovava ancora nella sabbia bianca bagnata dal mare.
Feci passare le dita nel solco che Zahira aveva fatto con il bastoncino e sentii uno scatto di rabbia improvviso. Quel segno aveva fatto cadere in trance la bambina ,mi stava facendo fare questo strano sogno che però sembrava avessi già vissuto e mi stava incasinando e confondendo la vita più del dovuto.
Cominciai a provare a cancellarlo con le mani e le unghie, sfregandoci sopra il braccio, ma lui restava lì, nemmeno scalfito.
Mi alzai in piedi e lo calpestai. Per quale cavolo di motivo non veniva via?
Odiavo quel coso, mi faceva stare male e la cosa più frustrante era che non sapevo cosa significasse.
Le lacrime uscirono veloci dai miei occhi e sentii che la faccia mi si infiammava. Continuavo a pestarlo, era più forte di me, quel segno doveva cancellarsi.
Dopo un po' mi mancarono le forze e caddi lentamente in ginocchio vicino a Zahira, le accarezzai il volto mentre guardavo il cielo che ormai era diventato grigio scurissimo e il mare che infuriava spinto dal vento.
La stavo ancora carezzando quando sentii bagnarmi la mano. All'inizio pensavo fosse semplicemente l'acqua del mare ma poi sentii un lieve pizzico e vidi che le mie dita erano sporche di un liquido argenteo.
Le guardai gli occhi e notai che le lacrime argentate che le stavano uscendo ripulivano l'occhio da quella sostanza. La mano mi bruciava ma non ci feci caso poiché ero troppo impegnata a cercare di capire se lei stesse bene.
Alzai la testa e vidi che aveva smesso di piovere e che il sole era riuscito fuori. Mi soffermai a guardare il paesaggio di nuovo calmo e mite quando venni accecata da una luce potente.
Poi il flashback finì.
STAI LEGGENDO
A trail of ash
Khoa học viễn tưởngIn un futuro distopico, dove niente é come sembra, Zahira, sedicenne introversa orgogliosa e indipendente, scopre di essere completamente diversa da ciò che ha sempre creduto. Quando viene portata a forza in un istituto di ricerca chiamato Verlame l...