Non avevo voglia di andare in mensa. Avrei incontrato di nuovo tutti quei ragazzi che ormai ero sicura mi odiassero.
Mi alzai con fatica dalla sedia e aprii l'anta del grande armadio bianco.
Dentro vi erano molti vestiti piegati e perfettamente in ordine sugli scaffali. Non mi importava molto di come ero vestita dato che avevo molte altre cose a cui pensare, se fosse stato per me mi sarei lasciata i vestiti di prima.Presi un paio di jeans neri e un maglioncino rosso scuro che sembrava comodo. Decisi che non volevo sapere perché tutti i vestiti mi calzavano a pennello o perché mi lasciavano una scelta così ampia di cose da mettermi.
Entrai un secondo in bagno e mi guardai allo specchio. Avevo delle profonde occhiaie che incorniciano due occhi stanchi ma attenti. Le labbra erano spaccate dal freddo e se aprivo la bocca più di tanto mi sanguinavano.
Provai a pettinarmi i capelli con le dita ma dopo un paio di tentativi mi ero già annoiata quindi decisi di lasciar perdere.Appena uscii dalla porta trovai Jake appoggiato alla parete sinistra che guardava fisso per terra.
Schioccai le dita per disincantarlo e risi.
Lui alzò lo sguardo e sbatté le ciglia un paio di volte, colto alla sprovvista.
Dopo sorrise anche lui.-Su,andiamo- disse.
Chiusi la porta e notai che era contrassegnata da un numero dorato: 412.
I corridoi erano molto più eleganti di quelli che avevo percorso con Cliff , una moquette rossa era applicata sul pavimento e vi erano dei piccoli lumi attaccati alle pareti che rilasciavano una luce calda.
Camminammo in silenzio fino ad arrivare ad un ascensore.
Era molto spazioso e c'erano almeno una quarantina di tasti numerati. Da quello che riuscii a capire noi eravamo al ventiquattresimo piano e la mensa era al sesto.Jake si tormentava le mani e stava dritto immobile fissando le porte dell'ascensore. Non avevo argomenti di cui parlare quindi scese tra noi un silenzio imbarazzante; all'inizio ero a disagio poi decisi che non mi importava e cominciai a guardare i vari pulsanti che lampeggiavano a seconda del piano in cui eravamo.
Quando le porte si aprirono Jake mi spiegò che per arrivare alla mensa avrei dovuto girare due volte a destra e che poi mi sarei ritrovata davanti ad una porta nera di ferro con su scritto Mensa.
Seguii le indicazioni e arrivai davanti alla porta. Feci un respiro profondo ed entrai.
La mensa era una sala enorme. Vi erano moltissimi tavolini con delle sedie di legno chiaro, sulla parete sinistra c'era un lunghissimo bancone dove delle donne con un camice bianco ed una cuffietta servivano delle pietanze; sulla parete destra invece c'erano svariate finestre che mostravano un cielo grigio drappeggiato da nuvole bianche.
C'era un fila da rispettare se volevi prendere del cibo, così mi misi in coda dietro ad una ragazza che aveva dei capelli ricci corti color zucca.
Neanche dieci secondi dopo che stavo aspettando la ragazza con i capelli arancioni si girò verso di me con un sorriso stampato in faccia.
Era una ragazza molto carina anche se aveva un po' i lineamenti da bambina. Naso all'insù, grandi occhi marroni e labbra sottili dove stonava un piccolo piercing.
-Ciao, tu devi essere Zahira- esclamò continuando a sorridere.
Perché in questo posto tutti conoscevano il mio nome?!
Ah, forse ieri c'era anche lei nel giardino.
-Sì- risposi sforzandomi di fare un sorriso decente.
-Io sono Diane Nadmallory- disse lei continuando a sorridere.
Le opzioni erano due: o aveva una paralisi facciale o per pranzo c'era l'agnello stufato e in tal caso avrei avuto anche io quel sorriso dato che era il mio piatto preferito.
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A trail of ash
Science FictionIn un futuro distopico, dove niente é come sembra, Zahira, sedicenne introversa orgogliosa e indipendente, scopre di essere completamente diversa da ciò che ha sempre creduto. Quando viene portata a forza in un istituto di ricerca chiamato Verlame l...