Masky era seduto su un tappeto, strappato e umido, a guardare il muro della piccola chiesa nel bosco.Prima non aveva mai notato l'erbetta che cresceva tra le fessure dei mattoni, rilasciando un aroma dolce di bagnato ogni mattina. Aveva sempre pensato che l'unica pianta che cresceva in quel luogo, abbandonato da qualsiasi creatura vivente, fosse l'ulivo secolare che si faceva spazio tra i grandi blocchi di pietra, che, un tempo, facevano da pavimentazione per quella minuscola chiesa. Solo una cosa lo ridestava dai suoi pensieri: il dolore bruciante delle sue ferite, sia esterne che interne, ferite infertegli dal suo padrone, che gli aveva promesso protezione e tranquillità, che gli aveva promesso una vita senza sofferenza alcuna e con dei veri amici ad affiancarlo. Un fondo di verità in quell'inferno c'era: aveva trovato un amico sincero, gentile e leale, che, anche in quel momento disperato, gli stava accanto cercando di tenerlo in vita, cercando di distoglierlo dal dolore che anche lui stava provando in quel momento: un dolore che proverebbe solo una persona innamorata; un dolore non fisico, ma puramente emozionale. Un dolore che si annida nel cuore e cresce a dismisura, per poi scoppiare lasciando vivi solo tristezza e rammarico. Masky non osava girarsi per guardare Hoodie. Odiava vedere il corpo del ragazzo martoriato ed insanguinato, che, anche se debole, cercava di farlo rimanere in vita, asciugandosi le gocce di sangue sulle mani. Stringeva i denti trattenendo i gemiti di dolore, chiudendo gli occhi per non piangere. Non voleva lasciare trapelare il suo dolore, nessuna emozione doveva uscire da dentro di lui, nessuna. Hoodie lo guardava triste, con gli occhi rossi quasi chiusi ed una benda che gli cingeva la fronte: sporca di sangue raggrumato ed infetta. Hoodie, finito di bendarlo con dei pezzi di stoffa trovati qua e là nei cassonetti dell'immondizia e lavati con l'acqua piovana, lo guardò con tristezza aspettandosi un grazie, ho un semplice movimento del corpo. Il ragazzo lo tirò un po' per la manica aspettandosi una risposta, ma niente, nemmeno il minimo segno di vita. Cominciò a tirare col naso, sperando che avrebbe notato quell'accenno di pianto, ma niente. Era come se Masky fosse morto all'interno, incapace di muoversi o parlare. Hoodie lo guardava ancora, affranto, distrutto, sull'orlo delle lacrime. Fece per andarsene, ma sentì una presa sul suo braccio, una presa salda, come per dire "non te ne andare, stai con me". Hoodie si sedette accanto a lui e lo guardò attraverso la maschera, cercando di scrutare le emozioni del ragazzo. Finalmente, Masky aprì bocca per parlare e Hoodie ne sembrava sollevato, quasi felice. -Io non voglio più vivere così- disse con rammarico. -Hoodie... Io non posso più vivere così-. Hoodie annuiva, anche lui non ne poteva più. -Mi manca il sogno che avevo di una vita libera, senza problemi, senza tristezza, con delle persone care che mi avrebbero amato qualsiasi cosa avessi fatto-. Hoodie lo guardava con gli occhi colmi di lacrime, con una grande tristezza nel cuore. -Manca anche a me...- Disse per rompere il silenzio creatosi. -Manca anche a me...-. Masky girò la testa verso l'olivo su cui lo Slender sonnecchiava con le mani ancora sporche di sangue, il loro sangue. -Hoodie, io non posso più combattere questa sensazione... Mi perseguita anche la notte, ho paura di chiudere gli occhi...-. -Che sensazione, Masky?- chiese Hoodie nella sua ingenuità. -Questa mancanza di libertà, questa sensazione di reclusione... E' come se sentissi che le mie ossa fossero una casa ed una prigione di cui non ho mai avuto le chiavi, una cosa di cui mi vorrei liberare, ma non posso...-. -E se scappassimo?- chiese il ragazzo con la voce spezzata dalle lacrime trattenute. -E' impossibile scappare da questo...- si portò le ginocchia al petto singhiozzando, nascondendo il volto tra le gambe -... Moriremmo anche prima di uscire di qui-. -Toby è scappato, però, ed era solo! Noi siamo in due! Dov'è il Masky temerario che conosco?-. -E' morto da tempo, Hoodie...-. Hoodie lo spinse sulla spalla facendogli perdere l'equilibrio. -Io so che è lì!- disse con voce spezzata. -Devi solo farlo tornare, non è morto...-. Masky alzò lo sguardo guardandolo, confuso, irritato, forse, ma soprattutto amareggiato. Hoodie si aspettava così tanto da lui che si sentiva una fitta al cuore nel non poterlo rendere felice, nel non poterlo liberare da quella prigionia, ormai durata anni. -Tu credi che...- disse Masky con insicurezza -... che ci sia ancora qualche barlume di forza in me?-. Il ragazzo sorrise dolcemente, guardandolo attraverso la maschera, e rispose: -Io non lo credo, Masky, io lo so per certo- così detto lo strinse a sé con forza, come se, malgrado tutto, non lo volesse lasciare andare via in nessun modo. Masky si rilassava tra le braccia del ragazzo, riuscendo a distogliere la mente dai pensieri di morte che lo assillavano, costringendolo a chiudere gli occhi per resistere alla voglia di piangere o di sbattere la testa al muro ponendo fine a quell'inferno che era la sua vita. La sua naturale giovialità ed il suo sorriso stampato in volto tornarono, e, dopo un poco, scosse Hoodie dicendogli: -Sì, ma ora lasciami, sto soffocando qua sotto-. Il ragazzo lo lasciò, asciugandosi le lacrime, per poi guardarlo incuriosito mentre si stropicciava il naso. -Sia maledetto il mio senso dell'olfatto... Quand'è stata l'ultima volta che ti sei lavato?-. Hoodie sorrise, un po' malizioso, e rispose: -Quando ti sei lavato tu...-. Masky arrossì di colpo, indietreggiando. -Tu... Mi stupisci. Eppure io non puzzo così tanto-. -Tsk, perché non riesci a sentirti, starti accanto è come stare vicino ad un maiale... Malato... In punto di morte... Con del fango sopra-. Hoodie interrompeva la frase per trovare qualcosa da aggiungere, tipico suo, non pensava a quello che diceva ed improvvisava sul momento, delle volte le frasi non avevano nemmeno un filo conduttore tra di loro, ma questo rendeva allegro l'altro, che sorrideva calorosamente, rendendo felice Hoodie, che, di ricambio, sorrideva anche lui, guardandolo dritto negli occhi, sperando di scorgere quella luce verdastra che tanto gli piaceva guardare. In quel momento fece lo stesso, ma i suoi occhi erano distratti dalle tante ferite che il ragazzo aveva sul corpo e lo rendevano così strano ai suoi occhi, ma lui sapeva che, sotto quella pelle martoriata, c'era il solito Masky: giocoso, scherzoso e anche un po' rincretinito, ma lui lo amava soprattutto per questa sua stupidità accennata e per il modo in qui la combinava alla sua indole giocosa. Si guardarono l'un l'altro e poi, come in tacito accordo, guardarono la porta della chiesetta: aperta, con la vista dell'erba illuminata dalla luce solare alta nel cielo. Si alzarono entrambi dai tappeti su cui sedevano e, silenziosamente, strisciando dietro le panche per non farsi né sentire né vedere, nel caso lo Slender si fosse svegliato, si avvicinarono alla porta. Masky sorrise, ma mentre stava per uscire, sentì un rumore alle sue spalle e sgranò gli occhi mimando un "ohi" con le labbra. Hoodie era immobile, sembrava non stesse nemmeno respirando. I ragazzi si girarono verso il grande ulivo, ma la bestia dal viso bianco non era più sul suo ramo. Hoodie si mise le mani sulle orecchie, come se avesse sentito qualcosa di fastidioso, e cominciò a darsi pugni sulla testa, come se volesse levarsi una stupida idea dalla mente. Masky gli fermò le braccia guardandolo negli occhi, confuso. Il ragazzo lo guardava scuotendo la testa e sussurrando parole incomprensibili. L'altro lo scuoteva, cercando di farlo tornare in sé, ma era come se qualcuno lo stesse... Controllando. I due si continuavano a guardare, ma Masky sentì qualcosa alle sue spalle, un respiro flebile. Si girò spaventato ed incuriosito, incontrando i grandi tagli sul viso dello Slenderman. Il ragazzo sgranò gli occhi terrorizzato e cercò di attaccare il mostro prima che lui facesse qualsiasi mossa, ma quella creatura gli incuteva un timore troppo grande per potersi anche muovere. Si sentì sollevato da terra e poi avvicinato allo sguardo assente del mostro. Cercò di liberarsi in tutti i modi, graffiando e tirando calci contro quell'essere spaventoso che, nemmeno infastidito da quella ribellione, lo scaraventò contro l'albero secolare, facendo cadere centinai di foglie per terra. Hoodie si riprese in quello stesso momento e sentì subito i rumori di una rissa. Alzò lo sguardo oltre panche e vide Masky combattere con tutte le sue forze contro il mostro dal viso bianco. Cercò di aiutarlo mentre il ragazzo teneva bloccata per terra la bestia, ma fu interrotto dalla voce, stanca e affaticata, di Masky, che gli disse, urlando: -Tu va, io ti raggiungerò-. Hoodie annuì, sicuro che Masky avrebbe mantenuto la promessa, lui le manteneva sempre. Mentre correva a perdifiato nel bosco un rumore lo scorse da quel sogno di libertà, un rumore agghiacciante: un urlo disperato, seguito poi da un rantolo che precedeva la morte. Hoodie, in cuor suo, sperava che l'urlo fosse del mostro, e che Masky l'avesse finalmente ucciso, ma lui sapeva a chi apparteneva quel grido... -Masky!- urlò Hoodie, accasciandosi al suolo, sbattendo i pugni sul terreno, per poi sussurrare tra sé e sé qualcosa che si sarebbe mai aspettato di dire: -Non hai mantenuto la promessa...-. E mentre i singhiozzi empivano la vuotezza del bosco, il corpo inerme di Masky, strappato a metà, giaceva in mezzo alla chiesetta distrutta, illuminato solo in parte dalla luce solare.
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Hope rides alone ~Eyeless Jack
FanfictionUn demone intrappolato nel corpo di un ragazzino che cerca, in tutti i modi, di vivere in un mondo pieno di scompiglio, che non appartiene a lui.