Di quel momento lui ricordava tutto, nei minimi dettagli: il fuoco, le urla, le lacrime, il dolore, troppo dolore; se si concentrava, riusciva ancora a sentire i tendini delle gambe rompersi, bruciati dalle fiamme, ed il sangue che ribolliva crudele all'interno delle vene, rodendogli il cuore come roccia fusa. Si coprì le tempie con le mani martoriate: odiava ricordare la sua vita mortale, prima di diventare un dio, prima di diventare lo Slender, ma ora era debole, e i ricordi erano le uniche immagini che lo tormentavano. Urlò, correndo per la chiesa abbandonata. Era simile ad un animale in preda al panico, e si comportava come tale: si muoveva su quattro appoggi, mani e piedi, i tentacoli rimanenti lo seguivano nei suoi movimenti, sembravano morti, tanto che sembravano creare una lunga criniera nera che partiva dalle scapole. La bestia stava sbattendo la testa contro un muro quando lui entrò, buttando giù la porta in legno della chiesetta con un calcio. Era lì, fermo, con la maschera blu sul viso, il cappuccio alzato e le mani semichiuse, come se fossero state artigli, pronti ad attaccare.
Lo slender si girò verso Jack. Aveva una lieve crepa nel cranio, che, dalla fronte, scendeva fino ad arrivare al grosso squarcio che gli costituiva la bocca. La bestia lo guardò, come inebetito, poi si allontanò grugnendo qualcosa di incomprensibile. Il ragazzo alzò un attimo lo sguardo dal mostro, notando una figura, sanguinante, in un angolo del presbiterio: Toby. Jack strinse con forza le mani, e si avviò verso il mostro, prendendolo per un tentacolo, e rigettandolo contro il gigantesco ulivo della chiesa: voleva vedere quella creatura soffrire, patire, morire sotto i suoi colpi. Una miriade di foglie e fiori bianchi caddero addosso al mostro, come neve che cade inesorabile sulla terra distrutta dal gelo. La bestia senza volto aveva colpito il tronco con la nuca, ed una striscia di sangue ricopriva il legno dell'albero secolare; non si muoveva, ma era davvero bastato solo quel colpo per finirlo? Jack guardava con disprezzo il mostro, ma poi volse lo sguardo verso Toby: sanguinava, varie ferite, un po' dappertutto, soprattutto sul petto e le braccia, ciò voleva dire che aveva cercato di combattere per difendersi, ma la bestia era incontrollabile, era completamente regredito ad un animale impazzito. Il ragazzo toccò la spalla a Toby, scuotendolo un poco, cercando di svegliarlo. Fu quando vide che si stava svegliando che sentì un crepitare alle sue spalle. Jack fu rapido, e riuscì a prendere con le mani il grosso blocco di pietra che gli era stato lanciato addosso. Il ragazzo spaccò la roccia a metà, e notò, sul fondo dell'unica navata, vicino alla porta, lo Slender: in piedi, la bocca aperta in un sorriso macabro, i tentacoli strascicavano sul terreno, sporcando il pavimento di nero, sangue, che colava copioso dalla grossa ferita sulla nuca. Jack non poteva vedere la lacerazione sulla nuca del mostro, ma, a giudicar dalla chiazza di sangue sul tronco dell'albero, e dal liquido che scendeva copiosamente fino a terra, doveva essere molto più profonda di quando non si sarebbe immaginato. La bestia ora ansimava, forse stanca, o anche semplicemente iraconda, sta di fatto che sembrava fissare Jack con odio, come se lo stesse sfidando, tanto che si rimise per terra, su quattro appoggi, pronto ad attaccare, ad artigli sguainati. Il ragazzo non era spaventato, bensì sorpreso: quella creatura era più resistente e veemente di quanto si aspettasse, benché fosse ormai chiaro che il mostro sarebbe morto, per mano sua o per natura. Jack si mise in posizione, pronto a colpire, pronto a squarciare, distruggere, uccidere. Si leccò le labbra pensando alla morte di quella bestia: aveva un bisogno mostruoso di massacrare lo slender, farlo soffrire, per poi ucciderlo atrocemente. Toby si alzò a fatica, mettendo una mano sulla spalla di Jack: era ancora vivo, ma non poteva combattere. -Io sono con te...- gli disse con voce stanca, quasi spenta, porgendogli una delle sue accette. Jack lo guardò per bene, squadrandolo da capo a piedi: no, non era capace nemmeno di reggersi in piedi, figuriamoci se poteva correre. Il ragazzo imprecò mentalmente, ma provò comunque. -Mentre lo distraggo... Tu riusciresti a scappare?-. Neanche Jack era convinto di ciò che stava dicendo, ma Toby doveva vivere. -F...Forse, m... ma poi?-. -Poi torni da Anaiss e ci rimani-. Così disse e si voltò verso il mostro, ma questo era come sparito, non si sapeva dove fosse finito. Jack si guardò attorno, e fece in tempo a sentire lo spostamento d'aria e fendere un colpo diretto ad un braccio della bestia, che urlò con dolore, allontanandosi di scatto, in preda alla rabbia. Grugnì gutturalmente, girando attorno al ragazzo con l'accetta, pregna del sangue nero della creatura. Il ragazzo teneva lo sguardo fisso sul mostro, guardando Toby, che cercava di allontanarsi il più velocemente possibile, con la coda dell'occhio. Doveva tenere quel mostro occupato, mentre l'altro ragazzo scappava. Toby era a metà navata quando il mostro provò a saltargli addosso, mossa che Jack non si aspettava, tanto che dovette fare appello a tutta la sua forza per spingere via il mostro mentre saltava. I due si andarono a scontrare di nuovo contro il gigantesco ulivo secolare, che scricchiolò sotto il peso dei due corpi, mentre un'altra miriade di foglie e fiori cadeva sul pavimento della chiesa. Jack si alzò di scatto, cercando l'accetta con lo sguardo: l'aveva persa mentre si buttava contro il mostro, e ora non la riusciva a trovare. Vide Toby con la coda dell'occhio: era salvo, fuori dalla chiesa. La creatura attirò di nuovo la sua attenzione, era stremata, e a malapena riusciva ad alzarsi. Jack le si avvicinò, e la spintonò contro l'albero con un calcio. Lo Slender lo guardò con odio, ed in quel momento sembrò essere pervaso da una nuova forza. Jack si sentì preso per una gamba e scaraventato contro una delle panche. Non fece in tempo a rialzarsi: la creatura era sopra di lui, pronto a graffiare e mordere. Jack si divincolò con un calcio diretto allo stomaco, ma il mostro non si arrese: cominciò a scagliargli addosso pezzi di legno, pietra e anche corteccia, caduta dall'albero. Il ragazzo non si sentì sopraffatto, e anche le ferite che il mostro gli aveva inferto erano superficiali; Jack si sentiva carico, adrenalinico: la morte di quel mostro avrebbe solcato la sua vita con un marchio indelebile, ma sarebbe stata un ricordo grandioso da avere. Il ragazzo si ritrovò sul presbiterio, e notò un luccichio vicino al crocifisso spaccato a metà: l'accetta. Sorrise di gusto e si gettò sull'arma, lanciandola contro il mostro. La lama si conficcò nella spalla della bestia, lasciandola urlare di dolore. Jack fu rapido e, prima che lo Slender riuscisse a liberarsi dell'arma, prese la metà del crocifisso che si trovava per terra, e gliela scaraventò addosso, facendo sbattere il mostro contro una parete, facendo sì che la lama si conficcasse ancora di più nella carne. La bestia si scrollò il crocifisso di dosso e, zoppicando, saltò sull'albero, per cercare di uscire dal tetto dell'edificio. Il ragazzo sentiva che il mostro faceva fatica ad uscire, così ne approfittò, avvicinandosi al tronco del maestoso ulivo e cingendolo per metà con le braccia. Scricchiolii, radici che si staccavano dal terreno, e la terra che cadeva dall'albero sradicato. Il rumore scricchiolante, dell'albero che veniva sollevato dal terreno, ricordava a Jack il suono delle ossa delle vittime, mentre si rompevano sotto i suoi colpi. Il ragazzo tornò in sé e, stringendo la presa sul tronco, abbatté il tetto della chiesa con un solo fendente. Il mostro si aggrappò ad un ramo, e Jack ne approfittò: cominciò a girare vorticosamente, distruggendo i muri della chiesetta. La bestia volò contro una sequoia, abbattendola col proprio corpo. Finì a terra, mentre Jack lasciava cadere l'albero dalle proprie mani, esausto. Forse aveva finalmente sconfitto il mostro, una volta per tutto. Cadde a terra, in ginocchio, pronto ad urlare di gioia, ma non fece in tempo: il mostro gli saltò addosso, prendendolo per il collo, cercando di strozzarlo. Il corpo del ragazzo non rispondeva, era troppo stanco per contrattaccare, e nemmeno Chernobogh sembrava rispondere. Aveva veramente faticato per niente? Fu quando si stava per arrendere del tutto che sentì la presa dello Slender allentarsi, fino a svanire. Vide un'immagine sfocata alle spalle del mostro: un ragazzo, disarmato, zoppicante, sanguinante. Mentre l'immagine riprendeva lucidità, riuscì a vedere che quel ragazzino era Toby; era riuscito a conficcare l'altra accetta nella spalla ferita del mostro, e ora le due armi sporgevano sia da una parte che dall'altra. Jack si alzò a fatica, ansimando per la stanchezza. Un urlo squarciò la notte, e non era l'urlo del mostro, ma quello di Toby. La bestia aveva perforato, da parte a parte, con una mano, la spalla di Toby, prendendo l'osso, lasciando uno squarcio gigantesco nella spalla del ragazzo, che cadde a terra, esanime. Jack fu pervaso da un'ira incontrollabile: Toby doveva vivere, doveva farlo per Anaiss. In quel momento si senti come risvegliato da un lungo sonno, e si scaraventò contro la bestia, prese entrambe le accette, e con forza, le spinse a fondo, verso il cuore del mostro, squarciandolo a metà. Un urlo mostruoso, che si spense dopo poco. Una luce invase l'intera radura, bruciando l'erba, e uccidendo qualsiasi piccolo animale nei dintorni. Quella era la fine dello Slender, la fine di un terrore.
Jack si ritrovò immerso in quella luce bianchissima, davanti a sé lo Slender, in ginocchio. Lo vide, scosso da alcuni tremiti, colto da piccoli spasmi alla testa, i tentacoli che si attorcigliavano, come presi da nuova vita: era disgustoso, ma Jack non poteva fare a meno di guardarlo soffrire. Fu in quel momento che il ragazzo vide che la mano del mostro stava prendendo un colore rosastro, come quello della pelle umana. La bestia sembrò sorridere, ma la sua espressione si tramutò in orrore quando vide che il rosa della pelle era seguito da una scia grigia, che seguiva le vene della sua mano. Era a petto nudo, e Jack poteva vedere il radiale cambiamento della sua pelle: da bianco a rosa, per poi diventare grigia, di roccia. Fu quando la striscia arrivò alla spalla che il rosa divenne nero: pelle bruciata. Il mostro sembrò preso da un dolore improvviso, perché incominciò ad urlare, mentre il resto del suo petto mostrava i segni di bruciature. Provò ad alzarsi, ma altro dolore lo costrinse a buttarsi per terra. Si girò più volte su se stesso, come se volesse spegnere il fuoco, ma la pena divenne sempre più forte, ed il dolore sempre più insopportabile. Jack guardava con un sorriso sul volto: la sua vendetta si stava compiendo, in un modo più doloroso di quando si sarebbe aspettato. La bestia si rimise in ginocchio, e cercava di strapparsi la pelle del collo, per impedire al dolore di salire fino in cima, ma si procurò solo altro male. Mentre la pelle diventava grigia, ed il viso si colorava di nero, Jack riuscì a vedere una sola cosa: gli occhi di quell'uomo, angustiato dal dolore fisico. Occhi azzurri, quasi bianchi, che lo guardavano con terrore, che chiedevano perdono e aiuto. Fu proprio quando un ultimo urlo uscì dalla bocca dell'uomo, che anche gli occhi divennero pietra, come una statua, una scultura del dolore. Jack si guardò attorno, e proruppe in una risata cattiva, mentre quel mondo bianco si sgretolava attorno a lui. Aveva finalmente vinto. Quella storia era finita, lui l'aveva finito. Si lasciò cadere a terra, mentre la statua dell'uomo lo guardava con tristezza e paura. Il ragazzo si lasciò andare ai raggi tenui dell'alba: era l'inizio di una nuova era per il mondo, era l'inizio di una nuova era, per lui.
STAI LEGGENDO
Hope rides alone ~Eyeless Jack
FanfictionUn demone intrappolato nel corpo di un ragazzino che cerca, in tutti i modi, di vivere in un mondo pieno di scompiglio, che non appartiene a lui.