Blurry

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Anaiss vissava quella cella: grigia, umida, con della muffa ad ogni angolo e una minuscola finestrella per far passare l'aria. All'interno c'era lui: il mostro che aveva ucciso le sue amiche, bruciato le tende e combattutto con qualcuno che la voleva solo aiutare. Lo guardava, fisso, attaccato ad una sbarra di ferro con delle manette. Non si era ancora svegliato, ed erano passate quattro ore dalla fine del corteo. La polizia lo aveva trovato svenuto, sdraiato a pancia in giù sull'asfalto. Anaiss era stata chiamata mentre lavorava: aveva trovato una coppietta di neo sposini che avevano bisogno di una babysitter per il loro bambino di tre anni: una peste di nome Liu. Suo nonno le aveva detto che non valeva aspettare altro tempo ad aspettare che "il maniaco" che le aveva attaccate si svegliasse, la polizia avrebbe pensato a tutto. -E se fosse morto?-, chiese Anaiss al nonno. -Tanto meglio, giustizia è stata fatta-. La ragazza si morse il labbro: quelle cose le voleva sapere da sè, voleva sapere perché quel pazzo aveva ucciso le sue amiche. Un movimento lento catturò la sua vista: si stava svegliando. Il ragazzo si stiracchiava lentamente, tirando le manette:sicuramente si stava domandando dov'era e che ci faceva lì. Anaiss ticchettò sulle sbarre della cella con un unghio, attirando l'attenzione del pazzo. La ragazza trattenne un conato di vomito appena vide le orbite di quel mostro: un liquido nero come il petrolio riempiva lo spazio assente lasciato dagli occhi. Non aveva la maschera che indossava la volta prima, e Anaiss non aveva notato quel particolare, pensava fosse solo un modo per nascondersi il viso per non farsi riconoscere. La ragazza si allontanò dalle sbarre, non voleva stare troppo vicino a quel... Coso. Il mostro sorrise, beffardo, giocoso, divertito, mostrando delle gengive con denti affilati come rasoi, gialli e pieni di tartaro e grumi di sangue. Con un colpo secco del braccio, la creatura spezzò le manette e ad Anaiss scappò un urlo spaventato: sapeva che la polizia aveva un budjet molto limitato, ma non si aspettava certo che le manette fossero così poco resistenti da spezzarsi con un colpo solo. Un poliziotto arrivò di corsa con la pistola di ordinanza in mano ed il manganello nella cintola. Puntò la pistola contro il mostro che si alzava, lentamente, dicendogli di non muoversi, altrimenti gli avrebbe sparato. Chiunque fosse quel maniaco sarebbe stato meglio morto che processato. La creatura si mosse di una passo ed il poliziotto sparò un colpo ben assestato alla giugulare. Il colpo fu fermato dalla mano del mostro stesso, che teneva il proiettile sull'ultima falange del pollice, con l'indice poggiato proprio dietro. Diede un colpo con l'indice e il proiettile fu lanciato alla stessa velocità di una pistola. Il poliziotto cadde a terra con un buco in fronte e sulla nuca. Anaiss era raggomitolata su se stessa per terra, spaventata, rotolava sulla schiena in preda al panico. La creatura forzò le sbarre della cella, piegandole abbastanza da creare uno spazio per passare. Anaiss era in preda ad un attacco di panico. Era stato proprio uno di quelli che aveva ucciso sua nonna cinque anni prima. Ora era sdraiata per terra, in preda alle convulsioni; il ramo familiare appartenente a sua nonna aveva per genetica questi attacchi nei momenti di paura, ed in quelli peggiori causavano anche crisi convulsive. L'ultima cosa che vide fu il mostro avvicinarsi a lei e tirarle la lingua per non fargliela mordere e poi premere il pulsante d'allarme per la fuga di un detenuto. Aveva notato qualcosa di strano in quel momento: un sorriso familiare, i quali denti non erano più affilati come prima, degli occhi marroni scuro, le quali pupille si allargavano di notte ed infine la pelle chiara, quasi bianca, non era più grigistra come prima. Sapeva chi era, lo aveva riconosciuto lui era... -Jack!-. La ragazza si svegliò nel bel mezzo della notte gridando il nome del suo compagno di corso: Jack. Entrambi avevano qualcosa in comune: adoravano alla follia i videgiochi horror. Alcuni giorni stavano ore ed ore assieme a giocare per finire i giochi appena comprati nel fine settimana. Erano migliori amici, fino a quando di lui non si seppe più nulla dopo il genocidio avvenuto nella grotta vicino l'università. Si continuava a ripetere che era impossibile che lui fosse diventato così, che lui fosse diventato un mostro

senza cuore in confronto al ragazzo gentile e impacciato che tendeva ad essere. Anaiss si massaggiò le meningi: tutta questa storia le stava dando alla testa, non poteva essere vera, o forse...

Eyeless correva per i boschi. Aveva rivisto la sua preda, ma non l'aveva uccisa, perché?! La sua parte umana era troppo debole per fare il lavoro sporco, serviva aumentare la propria forza mentale contro il ragazzo, così sarebbe riuscito ad avere sempre il controllo. Erano le prima luci dell'alba, e, tra le gigantesche sequoie rosse, passava un filo d'aria calda proveniente dai deserti ad est. Un rumore attirò la sua attenzione: uno strusciare metallico su una roccia. Si diresse verso il rumore: era curioso. Vide l'inaspettato: l'uomo alto che sospingeva il suo lacchè ad uccidere una vittima. Eyeless si preparò, salì su un albero e saltò giù, dando un calcio al mostro senza faccia, che cadde a terra con un tonfo. Il demone sentì uno spostamento d'aria alle sue spalle e riuscì a bloccare un'accettata in tempo. Prese l'accetta per il manico e diede un calcio a ragazzo con gli occhiali da sole, strappandogli l'arma dalle mani e buttandolo a terra. I tentacoli dell'uomo alto lo sfiorarono più volte, fino a quando Eyeless non ne tagliò uno, sentendo il grido straziato del mostro. Venuto da chissà dove, dato che non vi era bocca. Il ragazzino tornò all'attacco con un'altra accetta e i due cominciarono uno scontro a chi tagliava il braccio all'altro per primo. Il mostro senza viso si riprese dal dolore e intrappolò Eyeless con i tentacoli, tenendo il petto del demone ben esposto per un colpo decisivo da parte del suo lacchè. Appena il ragazzino con gli occhiali rotondi gli si avvicinò con l'accetta in mano, Eyeless si liberò dalla stretta dei tenatcoli sulle gambe e saltò, facendo una capriola all'indietro e dando un calcio sul mento del povero ragazzo, facendogli volare via l'ascia dalle mani e facendolo cadere di schiena su una roccia. L'accetta cadde sul tentacolo dell'uomo alto, tagliandoglielo. Il mostro gridò di nuovo e del sangue nero cadde dalla ferita, Eyeless prese il tentacolo ancora aggrappato al suo braccio e sbattè il mostro contro un albero, per poi dargli un calcio facendolo incastrare nel legno umido. Eyeless se ne andò saltando sui rami alti degli alberi, non valeva la pena uccidere quei due, ormai non erano un pericolo per lui, e poi lo aveva fatto solo per salvare una vittima indifesa... Salvare una vittima?! Che gli era passato per il cervello? Forse stare troppo tempo nel mondo degli umani lo aveva addolcito... Eyeless sbattè con forza la testa ad un albero, pensando che la violenza fosse l'unico modo per ritornare lucido. Ora che aveva ripreso lucidità aveva fame, e sapeva perfettamente che cosa sarebbe stato il suo spuntino. Tornò indietro alla ricerca dell'uomo alto e del suo lacchè, il quale era ancora nella radura, sdraiato sulla roccia, mentre l'uomo alto era svanito nel nulla, svanito nelle prime luci del mattino. Aspettò mentre il ragazzino si svegliava, voleva vederlo soffrire mentre lo squartava pezzo per pezzo. Poi, però, si ricordò di quello che gli aveva detto il ragazzino dopo la lotta contro il mostro senza faccia: "Mi dispiace". Il demone, quindi, per ricambiare il favore di non averlo cercato di uccidere, aspettò soltanto per poterlo ringraziare. Forse avrebbe potuto crearsi un nuovo ordine di credenti partendo da lui, dopotutto sembrava adatto al compito di adulato e di lacchè.

Hope rides alone ~Eyeless JackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora