Hope Rides Alone

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Il mondo bianco attorno a Jack si spezzò, come una finestra rotta da una pietra. Era inginocchiato, con la testa rivolta all'indietro, come a guardare il cielo tra le fronde degli alberi. Riprese quasi subito conoscenza, e si guardò intorno alla ricerca di Toby. Si alzò in piedi di scatto, mente tutti i suoi muscoli urlavano di dolore. Si voltò e la vide: la figura di pietra, ciò che rimaneva dell'incubo della foresta, ciò che rimaneva dello Slender; attaccato alla scultura v'era Toby, che colpiva con pugni deboli e stanchi la statua di pietra. Quell'immagine era disturbante, e triste, poiché i pugni risultavano lenti come carezze, come se il ragazzo volesse accarezzare gli ultimi rimasugli del suo vecchio "padre", come se non riuscisse ad abbandonare il passato. Jack non riuscì a contenere la rabbia: si avvicinò alla statua e la distrusse  con un calcio, polverizzando l'ultimo ricordo del mostro. Toby si guardò attorno frastornato, non trovando più sotto le sue braccia l'idolo di pietra. Sembrava confuso, come se si fosse appena svegliato in un luogo a lui sconosciuto; volse lo sguardo verso Jack, ansimante e sanguinante, e verso le macerie della chiesa dietro di lui, per poi mettersi a ridere di gusto: erano, molto probabilmente, gli ultimi rimasugli del controllo mentale che lo aveva soggiogato al volere dello Slender. Dopo che la sua gola cominciò a bruciare dal dolore, e le lacrime gli cominciarono a cadere dagli occhi, Toby svenne, lasciando che quella risata così fragorosa si spegnesse nelle luci albeggianti di quel nuovo giorno. Jack si mise in ginocchio vicino al ragazzo e, con uno sforzo immane, lo sollevò sulle sue spalle, quasi cadendo in avanti nel farlo: era stanco, molto, troppo stanco, ma doveva compiere quell'ultima azione, e sarebbe stato libero, finalmente. Si alzò in piedi lentamente, reggendo il corpo esanime di Toby, e cominciò a camminare verso l'uscita dal bosco, lasciando che il vento portasse via le ceneri della statua del dolore dello Slender, cancellando quell'ultima testimonianza del suo passaggio in quell'universo.

Anaiss aveva aspettato tutta la notte sveglia, sotto il porticato in legno della casetta di campagna, e fu più o meno alle cinque di mattina che Jack uscì camminando dal folto del bosco, con Toby sulle spalle, svenuto e sanguinante, mentre lui era visibilmente stanco e affannato. Toby fu portato dentro casa, e messo sopra quel che rimaneva del divano della sala, anch'essa in macerie. Anaiss e Jack non si scambiarono neanche un parola, ed il silenzio incombeva nella casa, tranne quando, durante le medicazioni, Toby gemeva di dolore nel sonno. Jack stava appoggiato al muro, mentre guardava Anaiss lavorare: era sempre stato quello il sogno della ragazza, aiutare chi ne aveva bisogno, essere ricordata come una salvatrice, un'anima buona utile a qualcuno. Dopo averci ripensato, Jack si guardò le mani e si chiese cosa volesse essere lui, ora, cosa potesse essere lui, in quel momento. Si guardò attorno, e, sbuffando tristemente, si diresse verso la porta della casa, e la aprì, pronto ad andarsene, a lasciarsi indietro tutta quella storia, tutta la sua vita. Una mano lo fermò prima che potesse scappare; una mano candida, soffice: la mano di Anaiss. -Perché?- domandò lei, con la voce spezzata dal pianto. Jack la sentì tirare col naso, e si girò verso di lei e la prese per le spalle, fraternamente: -Tornerò- le disse, -Te lo prometto- ma mentiva, non sarebbe tornato, non li avrebbe tormentati ancora con la sua presenza. -No, non tornerai- disse la ragazza stringendo la presa, -Lo so che non tornerai, e tu mi lascerai qui, da sola... Come se non fossi mai stata niente per te!-. Jack si sentì preso da un'angoscia gigantesca, ma lui doveva andarsene, per non far soffrire più nessuno. Strinse Anaiss in un abbraccio fraterno, asciugandole dolcemente le lacrime: -Su, non piangere, lo sai che tornerò... E se non mi credi spera che torni, dopotutto...- e si fermò di colpo, perché stava per dire un'altra bugia più grande della prima, e di qualsiasi altra avesse mai detto, ma non poteva fermarsi, non lì, doveva dire quella frase, e definire il finale di tutta la faccenda: -... la speranza è l'ultima a morire- disse, amaramente, vedendo Anaiss stretta a lui, piangendo le ultime lacrima che lui avrebbe mai visto da lei. Jack si staccò dolcemente dall'abbraccio, e diede un bacio in fronte alla ragazza: -Spera Anaiss, non piangere, ma spera, la speranza è l'unica cosa che ci mantiene vivi, lucidi, che ci rende umani. Non piangere perché me ne sto andando, ma spera che io ritorni-. -La speranza è l'ultima a morire...- questo lo aveva detto la ragazza, tra le lacrime, anche se adesso era più calma, ed il pianto non era così dirompente. Anaiss lo guardò dolcemente con i suoi occhi diamantini, e lo spinse un poco fuori: -Allora va, io spererò che tu possa un giorno ritornare, e che io ti possa ancora abbracciare-. Detto questo indietreggiò, e lasciò che Jack se ne andasse per la sua strada. Chiuse la porta di casa, mentre il ragazzo faceva dietrofront per andarsene, seguendo la strada. Lo spiò a lungo dalla, mentre scompariva all'orizzonte illuminato dalle luci dell'alba. Quella scena aveva qualcosa di speranzoso: sì, sarebbe tornato da lei, e lei non si sarebbe fatta abbattere, perché, ora come non mai, la speranza sarebbe stata l'ultima a morire.

Hope rides alone ~Eyeless JackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora