Capitolo 5 - Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

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Due settimane dopo...

La cosa stava cominciando a sfuggirmi di mano.
Erano passate due lunghe settimane dal mio sequestro, ed ero pallida come un cadavere, con due occhiaie violacee che scendevano tristemente dai miei occhi.
Ero dimagrita di un bel po' di chili, senza nemmeno volerlo.
Tutto perché il mio nutrimento, dipendeva da quanto godimento riuscivo a dare a Davide.

È tremendo.
Sono due settimane che devo praticamente guadagnarmi il cibo, utilizzando il mio corpo.
Anche se, sinceramente, non so cosa Davide ci trovi di soddisfacente.
Non riesco ad essere partecipe né a muovere un solo muscolo.
È come se fossi un sacco di carne senz'anima.
Sento solo un profondo fastidio, ma per il resto non emetto un solo verso di piacere e/o sofferenza.
Funziona così: lui arriva, tutti i giorni, ad ora di pranzo e cena, con il cibo.
Fa... Quello che deve fare, e una volta finito, mi da da mangiare.
Poi va via, senza dirmi una parola.
Ovviamente il pranzo rimane a metà, visto che dopo essere stata costretta a fare sesso da uno dei miei sequestratori la fame sparisce totalmente, e metto qualcosa sotto i denti solo perché so che va fatto.
E infatti, neanche questa sera ho finito la cena.
Mi stendo sullo scomodissimo letto che hanno messo a mia disposizione quei tre deviati, e, come ogni volta, faccio fatica a prendere sonno.
Comincio a vagare con la mente, e a farmi delle domande: che ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Possibile che attirarmi con delle semplici chiamate sia stato così facile per Filippo?
Non lo sopporto.
Mi ha preso in giro, e ora non ha nemmeno la forza di guardarmi.
Lo odio, ma il pensiero di quelle settimane passate a parlare con lui riescono a farmi tornare il sorriso.
Ma basta un attimo, perché questo svanisca.
Mi balza in mente ciò che mi ha effettivamente fatto, e quanto io sia stata stupida a fidarmi di uno sconosciuto.
Lentamente, chiudo gli occhi, e sento il sonno assalirmi.
Mi addormento, ma purtroppo il domani arriva fin troppo presto.
Lo capisco dal fatto che sento il forte rumore metallico della alla porta che si apre.
Sicuramente è Davide.
Anche se è strano, di solito salta dalla cena al pranzo, evitando la colazione.
Mi alzo, con il corpo teso dall'ansia, aspettando che apra.
Ma la figura che trovo davanti a me, non è di certo quella che mi aspettavo.

<<Colazione?>>

Mi dice, con un sorrisino quasi nervoso stampato sulle labbra.
Quella voce l'avrei riconosciuta tra mille.
Filippo.
Meriterebbe un calcio nel culo, ma io sono fin troppo buona e mi limito ad indietreggiare, lasciandolo entrare.
Mi siedo sul letto, e lui mi raggiunge.
Do uno sguardo al contenuto del vassoio: una colazione ricca, forse troppo.

<<O' Track sta rummenn... Quindi agg pnzat e t purtà a colazion.>>

<<Pcché?>>

Gli chiedo, cercando di rimanere fredda, ma in realtà sono più che altro curiosa.
Perché ora sta facendo il gentiluomo con me?

<<Ij o sacc chell ca t fa... E so che mangi poco, visto che quando si riporta indietro il vassoio, sta ancor tutt cos là. Allor agg pnzat e t fa mettr coccos rind a panz.>>

<<Grazie...>>

Mi limito a dire, accennando un sorriso, addolcita dalle sue parole.
No, Giulia. Non caderci di nuovo.
Vorrà sicuramente qualcosa in cambio.

<<Ja, c vaj truvann?>>

<<Eh?>>

<<Che vuoi da me? Pcché sta cos?
Tu sij comm a Davide, eh? Vuò sul chiavà. Non c'era bisogno di illudermi con la colazione, puoi farlo benissimo come fa lui, tanto ormai.>>

<<No, ij nun song cumm a iss. Ij c teng.>>

<<Ah sì? P chest m'e pigliat p cul p settiman? Mi hai fatto interessare a te, solo per portarmi qua. Quindi io non mi fido di te, non più.>>

Alone in my soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora