Capitolo II

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Non ero molto brava negli sport, le uniche materie che amavo erano quelle creative, l'ora di educazione fisica la preferivo soltanto perché potevamo staccare la mente e rilassarci. Non giocavo mai, preferivo andare negli spogliatoi e terminare i disegni incompleti. I miei compagni non avevano spirito di squadra, non prendevano il tutto come un gioco, ti azzannavano ogni volta che facevi cadere la palla oppure perdere un punto alla squadra, per loro era un vero e proprio torneo di Pallavolo, manco fossero alle Olimpiadi.

Justin entrò in palestra qualche minuto dopo di me, prese subito posto in squadra, anche se non lo conoscevo nemmeno, notai subito quanto fosse sicuro di se, delle sue capacità e del suo modo di essere, non era per niente timido, al mio contrario. Mi sedetti all'angolo della palestra, per osservare ogni movimento che i miei compagni compivano, il rumore della palla rimbalzava per tutta la stanza insieme alle urla di chi tra tutti voleva emergere per riuscire a fare un punto, e così avere i suoi piccoli secondi di gloria.

Justin era molto bravo, riusciva a schiacciare con forza e a saltare più in alto di tutti quando c'era bisogno di difesa, notavo i suoi muscoli tendersi e irrigidirsi ad ogni suo movimento, le goccioline di sudore che brillavano sulla sua fronte. 

Estrassi il mio sketchbook, era il piccolo quadernino dove disegnavo qualsiasi cosa mi ispirasse in quel momento, erano solo degli schizzi, nulla di così elaborato, ed in quel momento, lui mi ispirava tantissimo. 

Iniziai a far scorrere la matita sul foglio di carta ingiallito e  ruvido, la  sua punta sembrava danzare insieme alle sue gambe che si muovevano con scatti veloci e netti.  Ogni suo lineamento, ogni sua curva, erano perfetti, e nella mia testa pensavo che non avessi mai visto qualcuno di così bello.

La campanella annunciò di nuovo il cambio d'ora e con essa era arrivato anche il tempo dell'intervallo.

Passai l'intera mattinata a scuola con Anna, aveva così tanto da raccontarmi, mi disse che aveva conosciuto un ragazzo ma che non voleva nulla di serio. Lei era fatta così, uno spirito libero, ma che aveva anche bisogno di affetto e di qualcuno su cui contare. Era abbastanza confusa sul lato sentimentale, ma c'era una cosa su cui era decisa, voleva terminare gli studi e scappare via dall'Italia, voleva una vita piena e concreta.

Le sette ore passarono e finalmente tornai a casa, salutai mia madre che mi aspettava in tenuta casalinga, il grembiule consumato legato in vita, i capelli raccolti da un mollettone, era una bella donna, ma dopo il divorzio con mio padre aveva cominciato a trascurarsi. Si diresse verso di me con un piatto di pasta al sugo tra le mani.

"Vai a lavarti le mani che è pronto" mi disse con un sorriso forzato, notai quanto fosse stanca, lavorava come domestica e arrangiava anche con altri lavoretti per portare avanti la casa, ma nonostante questo non trascurava mai e me ed era sempre tutto pulito e ordinato.

Io le ubbidii per poi sedermi a tavola accanto a lei ed iniziare a pranzare

"Come è andato il primo giorno di scuola?" mi chiese mentre portava un boccone di pasta alla bocca

"Tutto normale, le solite cose." le sorrisi, terminammo il pranzo in compagnia delle solite telenovelas che mia madre adorava, la aiutai a sparecchiare e a sistemare la cucina. Mia madre andò a lavoro e mi salutò come suo solito, dandomi un bacio sulla fronte. Per me ormai era normale rimanere a casa da sola, mi piaceva, potevo fare tutto ciò che volevo e rilassarmi completamente.

Dopo aver finito di sistemare la cucina decisi di stendermi sul divano, afferrai lo sketchbook dalla cartella che avevo posato sul pavimento e iniziai ad esaminare il ritratto che avevo fatto di Justin, non potevo negarlo, ero davvero brava a disegnare, una delle poche cose che sapevo realmente fare e che amavo con tutta me stessa. Sono conosciuta per questo a scuola, tutti conoscono i miei disegni, ho già partecipato a molti progetti artistici nonostante io sia del secondo anno. Mi hanno sempre detto di essere di un livello superiore.  Molti mi chiamano artista, ma io non mi ritengo tale, anche perché l'arte non viene percepita ad occhi nudo, a volte non viene capita, ed alcune volte anche derisa, non tutti hanno il dono di poterne afferrare il significato. 

Continuai a notare ogni particolare di quello schizzo  a matita, per poi addormentarmi.

Il mio cellulare vibrò.


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