"Sei sempre bravo a suonare, e poco a parlare" ed io sorrisi perchè aveva ragione, non mi era mai piaciuto parlare tanto, mentre a lei si, tanto troppo forse. "Son fatto così". Probabilmente le sembravo distante o antipatico e mi dispiaceva, ma era diventata pericolosa. E avevo paura che questo sarebbe stato il suo turno di farmi impazzire e poi lasciarmi. "Non capisco perché tu sia qui". Ecco, questa mi era uscita bene. Era una frase semplice, e l'avevo detta con un tono abbastanza pacato da non sembrare offensivo. Ma mi era sfuggito quando fosse permalosa lei, che si alzò come bruciata e disse un solo "Niente" e prese ad andarsene. No, non l'avrei lasciata andare così. Se voleva tornare nella mia vita, dovevo esser certo che non mi avrebbe ferito, anche al costo di far altro male a lei. Mi misi a suonare una delle sue canzoni preferite, sapevo l'avrebbe cantata. L'avrebbe sempre fatto, se sente una canzone che conosce lei la canta. Inizia con la prima strofa, le viene bene. Ed è la sua parte preferita. "Where does the good go". Iniziai a cantar con lei, fino a finire la canzone. E poi un'altra, ed un'altra ancora. La nostra voce non si stancava, e poi era l'unico modo per star vicini senza ferirci. Ad uno stacco tra una canzone e l'altra mi tolse la maglietta. E sfiorò la scritta, mi faceva male sapere che l'aveva anche lei. Era come se ci fossimo marchiati, e poi lei aveva quella A. Era da pazzi, non scherzavo quando dicevo che era un tatuaggio da idiota, lo pensavo davvero. Ma su di lei era tremendamente sexy. Da una parte pensavo di farmi tatuare una S da qualche parte, per compensare, ma poi ragionai sul fatto che mi aveva visto nudo di recente, e l'avrebbe notata. A pensare a quella sera mi irrigidii, mi aveva toccato e guardato come se avesse visto altri cento corpi. Non è mai bello sapere che una ragazza abbia fatto di tutto e di più, se poi è il tuo primo amore ancora meno. "Con quanti sei stata?". Non volevo chiederglielo davvero così, ma so che mi risponderà lo stesso. E lei saprà che non l'ho fatto con cattiveria. "Non mi conosci più Alexander". Odiavo quando usava il mio nome, voleva dire che era incazzata, o che voleva chiudere il discorso. Ma sentire il mio nome sulle sue labbra detto così, come un'offesa mi fece venire voglia di litigare, e pretendevo l'avesse anche lei. "Ti ho solo chiesto con quanti sei stata, dato che dai segni che hai sul collo mi sembra tu ci sia stata anche di recente. E scommetto non quello dell'altra sera". Lei rise mentre si alzò in piedi, era divertita e cattiva "Mi stai dando forse della poco di buono Alexander? Tu, proprio tu? Il primo che a diciannove anni andava a puttane? Sempre lo stesso Alex, stiamo insieme da un mese."
So che un mese a ventidue anni è una cazzata, e niente di serio. Io lo so, ma so che mi fa infuriare a immaginarla con un altro. "Spero ti scopi bene". Lei rise ancora di più, e a me si chiuse ancor di più la vena "ed io spero che tu abbia scopato da quando lei è morta".
La odiai, le avrei spaccato la faccia se solo non fosse stata una ragazza. Anzi, se solo non fosse stata lei. Se ne era andata con quella frase, sapendo di ferirmi. Lo faceva apposta e lo faceva sempre. Ad ogni lite, se ne andava con una cattiveria. Lasciandomi sbollire la rabbia da solo o bevendo o spaccando cose. E iniziai a prendere a pugni la colonna della veranda, e poi entrai in casa.
Non lo faceva per ferirmi, lo faceva perché era nel suo carattere.
Ma era ancora nel suo carattere, o stavolta era stata una vera offesa?
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Capita e poi Passa
RomanceLei da bambina a donna, mentre lui non c'era. Lui completamente in bilico, un'assidua paura di perdersi. Un amore incondizionato, che dura da una vita. Si leggevano dentro, e si amavano. Ma basterà a tenerli insieme, o si perderanno, anche questa vo...