6. WISH YOU WERE HERE

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Avevano decorato la spiaggia con candele colorate, striscioni, tavoli pieni d'alcol, una festa americana in piena regola. C'era chi suonava, chi beveva o fumava, chi stava poco più in là insieme al proprio partner a far le loro cose: niente di brutto, niente di bello. Stava sorseggiando un drink, ed era da sola. Niente Trevor, niente molestatori. Era ancora più bella del solito, era sportiva e sensuale allo stesso tempo. Mi sorrise e poi volse lo sguardo altrove, ed io ne fui felice. Iniziai a divertirmi con i miei amici come ho sempre fatto, iniziammo a raccontare storie e a suonare qualche canzone. Arrostimmo marshmellow, e mi ricordai di quanto li amava, i miei li davo a lei: io li odiavo. Eravamo in una città dall'altra parte del mondo, con nuovi amici, con una ragazza morta sulle spalle: ed un angelo seduto a soli due posti da me. "Ehi, ragazzi facciamo un bagno?". Solo lei, poteva uscirsene con una domanda del genere, solo lei poteva amare abbastanza l'acqua da fare un bagno nell'oceano sporco e freddo alle due di notte. Solo lei poteva proporlo, e solo io potevo accettare. Mi sarei aspettato che avrebbe riso e avrebbe rinunciato a far quel bagno tanto desiderato, ed invece saltò in piedi. E mi aspettò ansiosa sul bagnasciuga: una bambina che aspetta le frittelle al Luna Park. Si levò la maglia e restò in intimo "ti muovi". Arrivai, e mi tolsi la maglia, cercando di non guardarla ma come ovvio non ce la feci, mi guardava il petto e si leccava le labbra. Mi buttai nell'acqua gelida "Mi vuoi male Sarah". Si buttò anche lei, e mi schizzò "Questo si sapeva". Iniziò a nuotare con qualche bracciata, e continuò per tanto: girandomi intorno mentre io la guardavo e ridevo. Mi afferrò l spalle e cercò di affogarmi ed io l'affogai prendendola per le gambe. Nessuno a riva ci guardava più, mentre lei mi guardava sempre di più. Avvolse le gambe intorno ai miei fianchi e stese la schiena. Si lasciò cullare dall'acqua, e io presi ad accarezzarle le gambe. "Sei bellissima" si alzò e mi sorrise appoggiando il mento sulla mia spalla. "Siamo ripartiti male" io mi divincolai dalla sua stretta, dolcemente "Non siamo mai andati bene." Riprendemmo a nuotare, un po' di qua, un po' di là. Ad un certo punto si appoggio alla mia schiena, e diede piccoli baci sul collo. Io volevo mandarla via, lo giuro. Ma non potevo, era eccitante ed io l'amavo. "Che stai facendo?"

"Non ti ho mai dimenticato Alexander"

Mi girai, e la baciai.

Lasciammo la spiaggia, ed io presi la moto ancora bagnato fradicio: "Sali con me, così non bagni la macchina". Acconsentii ed io decisi di portarla in giro. Non so cosa stessi facendo di preciso in quei momenti, la volevo lì con me, non pensavo ad il resto. Avevo paura che tempo qualche minuto e si sarebbe volatizzata via, mi dicevo che non l'avrebbe mai fatto, ma mi stava dando troppo per una sera sola. "Dove andiamo?" me lo urlò in un orecchio, ed io sorrisi.

La portai semplicemente in un'altra spiaggia, più piccola e più pulita. "Eccoci" ci sedemmo, io avevo bisogno di sedermi se non volevo svenire. "Non ti ho mai dimenticato neanche io, avrei voluto. Mi sarebbe piaciuto svegliarmi la mattina e non vederti più nei miei pensieri, nella folla. Sei stata il mio inferno senza volerlo, ma quando ti sognavo, cazzo Sarah, eri il paradiso". L'amavo, ma non gliel'avrei detto. Penso di non aver mai smesso di amarla da quei dieci anni prima, tutto ciò che c'era stato in mezzo erano solo piccoli errori di percorso, eravamo destinati fin dall'inizio. Ci saremmo ripresi sempre. "Perché ti sei trasferito?" ora avrebbe iniziato con le domande, e se non gli avessi risposto sarebbe andata avanti per ore e ore. "L'Italia mi stava stretta, i miei si sono separati del tutto e Laura voleva studiare moda. Ho fatto l serali, ci siamo trasferiti qui, ed ho iniziato a studiare botanica.". Non amava quando parlavo di Laura, glielo si leggeva negli occhi, ma era stata una parte importante della mia vita e non potevo tralasciarla. Mi disse che aveva capito, e si appoggiò alla mia spalla "Io non so perché sono partita. Non so neanche se me la sento di finire l'università qui". E a quel punto mi resi conto che io non sapevo perché lei fosse lì, e allora gli chiesi della facoltà, e dei suoi sogni. Mi parlò di medicina, del desiderio di diventare un'oncologa pediatrica e poi mi disse che aveva paura di non farcela, di fallire. "Non fallirai Sarah, non hai mai fallito. Sei sempre stata il sole, hai lottato per ogni cosa. È solo un'altra piccola battaglia". Mi sorrise, e mi diede un leggero bacio sulle labbra. Siamo stati lì per ore, abbiamo visto l'alba e ci siamo rincorsi nella sabbia. Era sorridente, e felice, lo vedevo e mi faceva impazzire. "Vieni da me a pranzo oggi" mi guardò sorpresa, e poi alzò gli occhi al cielo sbuffando "Vengo subito, così mi faccio una doccia".

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Capita e poi PassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora