3. CALIFORNICATION

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Laura era stata la mia ragazza dopo Sarah, erano diverse ed io ero troppo idiota da accorgermi quanto male stessi facendo a quella ragazza che mi aveva dato ogni fibra che avesse in corpo. Un anno dopo partii, insieme a Laura. Mi trasferii in America, e sentii che quello era il posto in cui avrei voluto sempre stare. Mi iscrissi all'università, in botanica e mi piaceva. Laura mi aiutava con gli studi, mentre lei stessa studiava economia. Studiammo insieme, per sei mesi: in una città nuova, e senza amici. Poi io iniziai a farmene, e tornai alla vita di prima, quella con l'alcol e i vari eccessi. A Laura facevo paura quando tornavo a casa ubriaco o fatto, quando le urlavo contro di non aspettarmi sveglia e lei mi urlava a dietro che mi aspettava sveglia perché sapeva che prima o poi non sarei più tornato. Litigavamo in continuazione, non la smetteva mai di urlarmi contro ed io di bere per dimenticare le sue urla. Era una bella ragazza, con i capelli biondi e gli occhi verdi. Era il contrario di me, e molto simile a Sarah. Ecco Sarah, lei aveva fatto in modo che traboccasse il vaso, Laura la vide durante un viaggio di ritorno in Italia e la salutò e lei non rispose ma poi le scrisse. Le disse di smetterla di guardarla male, che non provava più niente per me. Che al tempo in cui ci eravamo conosciuti era una bambina, mentre ora una donna. L'accusava di avermi mandato via da lei, dicendo che a quei tempi era una delle cose più belle che aveva. L'accusò di averle tolto qualcosa, anzi, la cosa più importante.

Laura me lo lesse una sera dopo che fu tornata, ed io iniziai a bere. Quella sera non parlai, non ce l'avevo con Laura, ne con Sarah. Però ero confuso, diceva che non provava più niente per me ma sprecava tempo a scrivere alla mia ragazza. Non la comprendevo, non l'ho mai compresa. Laura non mi si avvicinava, non mi toccava, era così diversa da lei. Lei mi aveva visto così tante volte ubriaco che sapeva dove toccarmi e cosa dirmi per lasciarmi inerme, Laura invece non ha mai voluto sapere cosa c'era nella mia vita prima di lei ed io non gliel'ho mai raccontato. Ma quella sera ci provò: mi prese un braccio, ed io la scacciai via, mi spinse contro la parete per cercare di sbarrarmi il passaggio, ma io le sfuggì di nuovo. Continuavo a non parlare, e lei non capiva. Amavo quella ragazza, ma Sarah era stata l'innocente ragazza che non ero riuscito a proteggere, la ragazza che ho dovuto obbligatoriamente lasciar sola. Ed è questo che dissi a Laura, che aveva ragione Sarah, era stata lei a dividerci. Lei non ci vide più, e forse fece bene e mi lasciò lì, solo. Prima fisicamente, e dopo un'ora anche con l'anima. Aveva preso una mia bottiglia e la macchina, quella sera bevve così tanto da non riuscire più a guidare, e si andò a scontrare con un guardrail, morì sul colpo. Il funerale fu fatto in italia, partimmo tutti. E io cambiai, divenni più maturo, non fumai ne bevvi più.

La sua perdita mi aveva stremato, lei ci aveva provato ed io l'avevo portata sulla mia strada, e lei non seppe fermarsi: e morì. Tra la disperazione per la sua perdita, c'era anche il malessere per il fatto che Sarah non si faceva sentire. Al funerale c'erano sue conoscenti, sue amiche, doveva saperlo. Lei sapeva sempre tutto. Ma non mi scrisse, mi lasciò solo nella mia disperazione. E io non potei far niente per uscirne. Trovai un biglietto di Laura, dentro il mobile dei liquori una volta deciso a buttarli via tutti. Dopo tre mesi dalla sua morte. "L'ami ancora, tesoro mio. Se leggi questo vuol dire che o sei completamente disperato, o finalmente stai bene. Tornerà da te, ti ama. Guai a te se la farai soffrire" . Ed io lo avevo fatto: gli unici due amori della mia vita. Una era morta, e l'altra era un'acida che neanche mi parlava se non per litigare.

Andai a casa con ancora le gambe molli, e mi misi a letto.

Mi svegliai dodici ore dopo, con il mal di testa e una stanchezza che non avrei dovuto avere. Rimasi in casa a studiare, o uscivo solo nel quartiere per un caffè con i soliti. Sarah non la vidi per sei giorni, e volevo incontrarla. Volevo incontrarla, e sorriderle così tanto da bloccarmi la mascella e costringerla a baciarmi per sbloccarla. Volevo levarle la maglietta, scorrere la mia lingua sul suo collo. Lasciarle i segni del mio passaggio, morsicarle la pelle chiara e soprattutto sentirla urlare e poi fare le fusa mentre le avrei accarezzato i capelli come piace a lei. Mi sarebbe bastato stare in veranda abbastanza a lungo che prima o poi l'avrei vista tornare in casa e avrei potuto raccogliere l'occasione. Ma mi conoscevo, sarei impazzito ad aspettare così tanto.

Dopo otto giorni, che sapevo di averla vicina ma senza incontrarla mai, mi misi in veranda a suonare. Era una giornata di sole, e amavo suonare all'aperto. Non pensavo a lei, non penso a nessuno mentre suono, solo a me stesso. Stavo suonando e cantando "Californication" dei Red Hot Chili Peppers, amavo John Frusciante, all'epoca ancora nel gruppo. Sentii cantare dietro di me "Marry me girl be my fairy to the world

Be my very own constellation" mi fermai, e riconobbi la voce che intanto andava Avanti con la canzone. Mi volsi e la vidi. Niente tuta, niente felpa. Stava tornando a fuori. E aveva un segno rosso sul collo, domani sarebbe stato viola. Come a ricordarmi che ora non era mia. Lei sorrise, lo fece timidamente e io come tutte le altre volte mi sentii mancare. "ehi". Avevo paura anche solo a salutarla, eppure sembrava di buon umore. Si sedette sul dondolo, mi ero dimenticato quanto le piacesse. "sempre i soliti fenomeni eh?".

Mi pareva stupido parlare di musica, sapevamo già tutti sui gusti dell'altro, era inutile e noioso. E con lei, avrei voluto fare molte altre cose non noiose, come ad esempio toglierle quella maglia e lasciarle bene scoperte le tette già abbastanza in mostra dalla scollatura. Mi lanciò un cuscino del dondolo "Non fissarmi la scollatura.". Neanche mi resi conto che lo stessi facendo, avevo il cervello in fumo e la bocca secca. Mi vennero in mente i pochi libri che lei mi obbligava a leggere, solitamente erano le ragazze ad avere questi problemi non i maschi. Che problema avevo? Si accese una sigaretta, e ebbi la tentazione di spegnergliela in fronte. Allungai la mano per prenderla, e almeno spegnerla per terra. "Lo facevi anche tu, non lamentarti" e si spostò, per non farmi avvicinare a quel brucia polmoni. Annui e ripresi a strimpellare la chitarra. 

Capita e poi PassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora