...un attimo, e ho sentito un'entità fragile e sensibile tremolare dentro di me. Il petto ha rabbrividito e tutto il mio corpo si è cosparso di un accenno di dolore, di affannosa paura. Ogni cosa attorno a me pareva più nitida e luminosa, le mie cellule, i miei occhi, il mio respiro consapevole di non aver mai respirato. Ho avuto paura. Mi trovavo in un soggiorno vuoto, polveroso, ampio, senza corrente elettrica, senza acqua, con i cavi a penzoloni dal soffitto come vene tranciate e lampadari antiquati dall'aria tetra. Il soggiorno della mia povera nonna, che un giorno sarebbe divenuto il mio, a cui avevo lavorato con tanto fervore fino a qualche giorno prima. Dove lei fumava, cuciva, riposava, camminava avanti e indietro pensando ai conti da pagare, alla figlia dimenticata nel dolore della perdita, al negozio da mandare avanti, a me, alla malattia. Avanti e indietro, avanti... e indietro. Sei qui?, mi sono chiesta. Tutto restava immobile, terribilmente immobile. Silenzio. Le macchine fuori, la gente al bar, la televisione al piano di sotto. Nulla mi raggiungeva più. Ho sentito una stanchezza apparentemente senza rimedio, una sorta di rassegnazione, come chi scopre d'un tratto di aver commesso un errore e di aver continuato a commetterlo per tutto il giorno, ma ormai si trova in mezzo alle conseguenze e il tempo è agli sgoccioli. Ho avuto paura... paura di esser morta, paura di non aver mai vissuto, di esser nata per davvero. Ho avuto paura...
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Senza nome
Tiểu Thuyết ChungIl diario di una senza nome. Non troverete né data né ora alcuna. Ricorda: sii grato di poter osservare il cielo, perché al cielo non è concesso di osservar se stesso. Tutti i diritti riservati, Elany Blackwood © 2016